Non è una sensazione sconosciuta, quando si legge un nuovo libro, di riconoscere elementi già noti. Se poi siamo nell’ambito del fantastico, dove la fantasia dovrebbe avere un ruolo ancor più prominente che nelle altre letterature, la sensazione diventa fastidio.
Naturalmente non mi riferisco agli archetipi. Il viaggio, il nemico. Addirittura tutto il ciclo di Propp può essere scusato, qualora sia mascherato da altri elementi innovativi. Il problema si presenta quando sono proprio gli elementi più visibili e caratterizzanti a essere già sentiti.
Per battere con la lingua dove il dente duole, parliamo di Fantasy classico. Oggi un gran numero di scrittori sembra ignorare che è possibile scrivere fantasy classico anche senza inserire elfi e nani. È possibile scrivere un fantasy classico come Sanderson, inventando un mondo nuovo a ogni libro o saga, che abbia i suoi peculiari aspetti fantastici, che abbia le proprie società.
Sembra che ciò che più manchi agli scrittori odierni, sia proprio la fantasia. Restano aggrappati ai modelli tolkeniani come se quello fosse il fantasy e da lì si dovesse partire.
La sensazione che si ha è di leggere libri ambientati nella Terra di Mezzo, magari oltre il mare o in luoghi non esplorati dal Professore, non in nuovi mondi nati dalla mente degli scrittori a noi contemporanei.
Qual è il risultato di ciò? Che agli occhi dei lettori – e dell’editoria stessa – il fantasy classico è diventato un clichè. Proporre un romanzo del genere significa – spesso senza nemmeno che sia stato letto – mostrare il fianco a una serie di pregiudizi che questa situazione ha creato.
Quello riportato è comunque solo un esempio, che è possibile estendere a qualsiasi genere letterario. I racconti “non permettono di immedesimarsi”, i gialli sono tutti Sherlock Holmes, la fantascienza ha sempre gli “omini verdi”. Il clichè diventa il primo approccio a un genere da parte del lettore che ancora non è smaliziato, e di conseguenza ne diventa il primo freno. A che serve leggere un altro libro come Il Signore degli Anelli se ho già letto l’originale? E lo stesso con gli altri esempi citati.
Rifarsi alle mitologie, d’altronde, è una strada molto semplice – e lo è ancor di più per coloro che nemmeno si documentano a fondo – e ha preso piede nella narrativa moderna in molte direzioni. Quella norrena è di sicuro la più sfruttata nel fantasy di stampo medievale – Tolkien su tutti – mentre per l’urban fantasy e il paranormal romance c’è un grande interessamento per quella greco-romana.È dunque un problema che non guarda solo agli autori passati, che vengono visti come modelli da seguire, ma anche rispetto alle leggende e tradizioni. La fantasia viene così ancorata a dei punti saldi, degli elementi noti, che ne limitano le possibilità.
Che oggi, nell’epoca della fantascienza avverata, gli scrittori abbiano perso la fantasia? O è solo inesperienza da un lato e pigrizia dall’altro?
Maurizio Vicedomini