Magazine Libri

Quando il lettore diventa recensore

Creato il 27 febbraio 2012 da Alessandraz @RedazioneDiario

Pubblicato da Redazione

Cari lettori, 
abbiamo parlato nelle settimane precedenti di Editori e Blogger e Blogger e libertà di parola, perciò oggi, per iniziare bene la settimana (il lunedì è sempre il giorno più duro da affrontare!), abbiamo pensato di proporvi un post nel quale vi esponiamo la nostra opinione riguardo alle recensioni, al modo in cui le scriviamo e cosa facciamo di solito quando leggiamo un libro.  Personalmente, opto per un metodo abbastanza spregiudicato: giudico solo l'opera e non l'autore, sempre ricordando la buona educazione d'intende. Non credo nella recensione addomesticata o falsamente "buonista" solo per non urtare i sentimenti dell'autore, anzi è proprio la critica mirata e costruttiva (e soprattutto giustificata!) – ovviamente quando è necessaria che aiuta l'autore a migliorare e crescere. Ma nella maggior parte dei casi gli autori "temono" la critica, quando invece dovrebbero saperla cogliere e serbare con cura per non commettere gli stessi "errori". Le scrittrici di Diario – qualcuna più di altre, ma tendo ad essere abbastanza democratica nell'elargire la mia opinione xD  sanno aspettarsi dalla sottoscritta la completa sincerità, nel bene e nel male. Anzi, soprattutto perché le considero persone importanti mi sento in dovere di dire loro la mia opinione in modo chiaro, pulito, senza filtri. Se giudico negativamente un inedito, un racconto (faccio comunque sempre la parte dell'orco cattivo) non lo faccio perché non sopporto qualcuna di loro – se mai è la cosa opposta – ma proprio perché voglio aiutarle a fare di meglio, perché so che possono farlo ed è un invito a lavorare e a perfezionarsi. Stessa cosa succede quando recensisco un libro, solo che in questo caso la mia sincerità e la mia "esperienza" sono rivolte al lettore che mi legge. Questa la mia personalissima opinione, ma ora vediamo cosa ne pensano le mie colleghe di blog. Enjoy! 

Quando il lettore diventa recensore

ROBERTA MACIOCCI Visto che, per fortuna, pare non sia solo il festival di Sanremo a destare polemiche e curiosità (non se ne poteva più, persino, anzi soprattutto, per chi non lo ha seguito), ci è stata richiesta qualche considerazione personale sulle modalità di approccio alla recensione dei libri che ci vengono sottoposti. Partiamo innanzitutto dal presupposto che noi di DIARIO DI PENSIERI PERSI non siamo remunerate per recensire, come credo la maggior parte, se non tutte/i, le/i blogger. Tale presupposto non equivale ad una lamentela bensì è atto a chiarire che lo si fa’ per motivi diversi dallo “scopo di lucro” e che è una attività che si somma ad altre (più o meno gravose) nella vita di una persona: non è per femminismo che aggiungerei soprattutto nella vita di donne che lavorano e/o studiano e/o sono madri. Altro presupposto fondamentale è che va messo nel conto che ci si possa trovare di fronte a, seppur soggettivi ma in-offensivi – non offensivi –, giudizi su libri che magari non ci hanno entusiasmato. La succitata passione per la lettura e i testi in genere non deve altresì trarre in inganno i “non addetti ai lavori”: leggere e recensire un libro, per poi offrirne pubblicamente un punto di vista (mettendoci “la faccia”, come si suol dire, e non anonimamente) è un impegno. Non è come introitare una lettura per il puro gusto di godersela come passatempo, ed al massimo consigliarla ad amici: a prescindere dal riscontro positivo che susciterà nel lettore “in seconda” (quello che leggerà la recensione), il quale a sua volta diventerà, se incuriosito, lettore del libro stesso, la faccenda di per sé prevede una presa di posizione. 
Passando al metodo, il mio è una forma di astrazione, si potrebbe dire. Non prendo appunti, magari metto un segnalibro ad una pagina dalla quale vorrei estrapolare una frase da citare, ma ho uno sguardo d’insieme, anche se accurato. Date le premesse, insomma, non affronto la lettura come se la fruizione fosse solo mia personale: leggo “sdoppiata”, come osservando il libro e le mie reazioni ad esso dall’esterno, per poi chiedermi come posso ritrasferire le mie emozioni (positive o negative che siano) a chi leggerà la mia ri-lettura. Perché fondamentale, a mio modesto avviso, non è mantenere un distacco dalle emozioni che, se si è fortunati, un bel libro o un bel film di qualsiasi genere ci suscita: ciò che bisogna fare bene è trasferire per iscritto tali emozioni, rendendole fruibili ad altri, pur essendo esse inesorabilmente nostre e solo nostre. Essere dentro e fuori del testo, insomma: talmente dentro da impossessarsene e poterlo restituire e talmente fuori da non cadere in una descrizione da tema delle vacanze, classe prima elementare. Aggiungo che nel recensire divento una sorta di Sherlock Holmes dell’intertestualità: non per scoprire o giudicare – senza diritto – eventuali plagi rispetto ad altre opere, bensì per fare riferimento a quelle opere che, più o meno evidentemente, hanno ispirato l’autore del libro che sto recensendo. I collegamenti non intendono sminuire il libro oggetto della recensione ma, forse, possono contribuire a far rispolverare libri caduti nel dimenticatoio e creare l’effetto “ciliegia”: un libro tira l’altro (definizione poco scientifica ed estemporanea, finalizzata comunque a rendere l’idea di un incoraggiamento alla lettura). Certo, recensire un libro non è questione di vita o di morte: ma qualsiasi impegno ci si prenda nel tradurre, nel senso di trasferire informazioni ed emozioni, comporta delle responsabilità e soprattutto onestà intellettuale nei confronti dei destinatari, soprattutto quando, come in questi casi, si tratti di opinioni soggettive.
FRANCESCA ROSSI  Penso che scrivere la recensione di un libro non sia mai facile: né quando la storia raccontata è bella, né quando è brutta. Prima di tutto perché il gusto è qualcosa di puramente soggettivo, impossibile da imbrigliare. Di questo deve essere consapevole chiunque scrive recensioni e chiunque le legge. Quando si è presa coscienza di ciò, chi recensisce (ma anche solo chi legge un libro per proprio svago) cerca di andare oltre, a considerare altri parametri di giudizio come lo stile, il ritmo della narrazione, le descrizioni, i personaggi. Se la storia è “bella” e interessante” (sempre a nostro giudizio, però) si deve evitare il rischio di perdersi in lodi senza prima aver preso in considerazione i parametri suddetti. Infatti, anche le belle storie possono avere difetti ed è giusto segnalarli. Tra l’altro queste mancanze non sono la fine del mondo, ma semplicemente il tentativo dell’autore di trovare un proprio percorso se è giovane, di consolidarlo o di tentare nuove strade se è uno scrittore di dichiarata fama. Se, però, la storia è “brutta” bisogna evitare di incorrere nell’errore opposto, cioè strapazzarla senza ritegno. Bisogna sempre valutare eventuali lati positivi e farli emergere. Se proprio non dovessero esserci appigli, è giusto dire che il libro non funziona, ma bisognerebbe anche spiegare il perché ed evitare di attaccare l’autore come se avesse fatto un danno all’umanità. In fondo, chi di noi non fa mai errori? E’ giusto, poi, tener presente che gli scrittori lavorano sodo per le proprie opere, le vedono nascere e crescere giorno dopo giorno. Insultarli se un romanzo o un saggio non sono come ci saremmo aspettati è assolutamente fuori luogo. Il rispetto è la cosa più importante: verso gli scrittori e verso i lettori. E’ necessario far sapere a questi ultimi pregi e difetti di un libro al di là del giudizio personale. Questo può essere aggiunto, ma non deve alterare la recensione. E’ chiaro, poi, che chi legge una recensione può non essere d’accordo su ciò chi vi è scritto. Nessun problema: il dialogo esiste proprio per confrontarsi. L’importante è che non si esca mai fuori dalle regole della buona educazione. Un discorso funziona se è costruttivo, non se è una gara a chi urla più forte. Su questa base ci sono buone possibilità che tutti imparino qualcosa, autori e lettori.
VITTORIA LIANT
Quando il lettore diventa recensore
Prima di diventare una blogger che recensisce i libri, ero una blogger che leggeva recensioni prima di acquistare i titoli che più le interessavano. In realtà lo faccio ancora adesso, ma ho allargato il campo di azione. Non mi limito a leggere le recensioni delle colleghe di blog vicini, ma guardo su aNobii, su goodreads e su altri siti per fare acquisti consapevoliUn procedimento simile lo applico per i libri da recensire. Spesso, prima di avere fisicamente tra le mani il libro, mi documento, guardo le critiche, spulcio il sito dell’autore, così da avere una base di partenza. Ho sempre un foglietto inserito nelle prime pagine in cui annoto di volta in volta impressioni, citazioni interessanti e altri passaggi che potrebbero servirmi per buttar giù il mio commento finale. Indifferentemente dal giudizio che ho maturato, una volta terminata la lettura so che dovrò comunque valutare spassionatamente alcuni punti salienti: stile, trama, personaggi. E’ scritto in modo ricco, è scorrevole e fluido, zoppica e rimane difficile da seguire? E’ una storia originale e ben congegnata, o magari è una copia di altri già visti e rivisti? I protagonisti hanno carisma, sono unici e peculiari, oppure sono sbiaditi e facilmente dimenticabili? Da qui parto per sviluppare la mia valutazione, facendo attenzione alle sfumature, perché non tutto è o bianco o nero. Può darsi che la trama sia molto bella e originale, ma che sia caratterizzata da troppi nuovi elementi e da uno stile poco chiaro, che lascia il lettore in confusione. Magari i protagonisti sono stereotipati, ma la loro alchimia funziona e fa comunque appassionare. Quindi, che si fa: si dichiara che il libro è brutto? No, si valutano esattamente tutte le parti importanti, si espongono nella recensione e poi, si può dire, soppesando pro e contro, quanto il libro ci sia piaciuto e quanto, le pecche abbiano controbilanciato i punti di forza. Questo tipo di approccio, non è per pararsi il cosiddetto c... perché la casa editrice ha fornito gratuitamente il testo, ma per rispetto verso il lavoro altrui. Autori, editori e traduttori puntano sul prodotto, spendendo tempo e faticaNon trovo giusto il “massacro mediatico”, né la politica di proporre ai propri utenti solo recensioni positive. Credo che, dopo un po’ di tempo, tra utente e blogger si instauri un rapporto di fiducia. Quando vedo colleghe, con gusti simili ai miei, lodare un determinato libro, so che verosimilmente mi piacerà, magari un po’ di meno o magari un po’ di più, ma so, proprio perché le reputo oneste, che non gonfieranno la recensione. Così fa Diario. Siamo in molte e di gusti differenti e ognuna ha un campo letterario di cui preferisce occuparci. Ognuna di noi ha anche un “gruppo di affezionati”, utenti che commentano sempre i tuoi post e che ti seguono perché hanno gusti simili e hanno trovato le tue considerazioni non solo vere, ma in linea con il loro pensiero. Sarebbe giusto, dopo aver instaurato questo rapporto di fiducia, propinargli un prodotto fallato? O, magari, non pronunciarsi sull’ultimo caso letterario solo perché la tua recensione sarebbe negativa? Non credo. Nelle mie recensioni, specialmente se negative, valuto ogni punto, ogni tratto saliente, proponendo sul piatto della bilancia sia il buono che il cattivo. Chi mi segue sa che, alla fine, sta a lui giudicare se vale la pena cedere alla curiosità e acquistare il libro oppure aspettare e magari vedere altre opinioni per farsi un quadro completo. Onestà verso i propri lettori, rispetto verso il lavoro altrui ed educazione, sono dogmi imprescindibili per collaborare con la redazione di Diario, dogmi che tutte seguiamo, perché in prima persona crediamo importanti. Un’altra questione portata ultimamente alla luce è l’utilizzo o meno di spoiler nelle recensioni. Il pubblico si divide in chi li ricerca avidamente e in chi assolutamente non li tollera. Per ovviare ad inconvenienti (e ad ire funeste!) è buona regola inserire la frase ATTENZIONE SPOILER prima di scrivere parti “compromettenti”. Personalmente non faccio nessun tipo di spoiler nelle mie recensioni e, anche quando mi trovo a parlare di saghe magari giunte al decimo capitolo, riduco al minimo le informazioni perché, magari, chi mi sta leggendo non ha ancora avuto occasione di prendere il capitolo precedente, ma è ugualmente curioso di vedere a grandi linee cosa lo aspetta. Come linea guida utilizzo la quarta di copertina: se l’informazione è scritta lì non può essere spoiler riportarla. Riprendo i concetti proposti in quarta, magari li amplio leggermente, parlo del background o dell’ambientazione, do qualche informazione sui protagonisti, ma niente che non sia ritrovabile nel sito dell’autrice o negli estratti messi a disposizione. Io sono forse una delle più “tirchie”, da questo punto di vista, in redazione, ma ho visto che, chi più chi meno, ci atteniamo tutte allo stesso metro.
TECLA MALIZIA Recensire significa “esaminare”. Quando mi approccio ad un libro, ormai, non riesco più a leggerlo come prima, quando me ne lasciavo innamorare o infastidire e, dopo averlo appoggiato sul comodino, spegnevo la luce e con essa la dimensione onirica libro-correlata. Adesso leggo, appunto citazioni, segno errori grammaticali, incongruenze temporali. Valuto e verifico la coerenza dei personaggi (anche quelli incoerenti devono avere un loro modus operandi). E quando spengo la luce, spesso, ci ripenso. Recensire significa esaminare, dicevo. Ma secondo quale metro di valutazione? Beh, intanto secondo il criterio di indipendenza da ogni, per così dire, sollecitazione, cercando una “libertà di parola” che non sconfini in uno sproloquio e che, al tempo stesso, non si annichilisca con la ricerca di umiltà (sembra facile a dirsi). Poi, c’è da dirlo, il gusto letterario si impone decisamente a fronte di una cultura libraria che definisce i termini di paragone. Quando leggo un libro che mi appassiona sento di essere invasa carnalmente da esso. Al contrario, per altri libri, mi accade di doverli rincorrere nelle loro pagine come Alice fa col Bianconiglio. Questo tipo di sensazioni vengono inevitabilmente espresse nelle mie recensioni in forma più o meno evidente. Quindi alle valutazioni tecniche aggiungo quelle di carattere comunicativo, più istintiveLa trama: non c’è storia che non valga la pena di essere raccontata e non c’è nessuna trama banale. Banale spesso è il modo di raccontare. Quei libri studiati a tavolino, pieni di avverbi di moto a luogo, in cui ogni personaggio va “proprio dove deve andare” e fa “proprio quello che ci si aspettava che facesse”, senza dar ragione della presenza di qualche comparsa a cui affidare un briciolo di identità, qualche scivolone dei protagonisti, qualcosa di irrisolto insomma: ecco, quelli non sono nemmeno da chiamarsi “libri”. E la trama è importante secondo me. Rivelata in forma di citazioni piuttosto che brevi riassunti consente al lettore partecipare al lavoro del recensore, senza doversi fidare di lui (oppure dei quarti di copertina) ad occhi chiusi. Ad ogni modo, cerco di mettere il lettore in grado di “farsi un’idea”della sostanza del libro attraverso le citazioni e sono certa che tutti coloro che amano i libri e la lettura perdoneranno gli eccessi di temperamento del recensore che pure sono dettati dalla comune passione.
ROMINA CASAGRANDE Recensire richiede senza dubbio una lettura differente e un approccio al libro particolare. Leggere, come scrivere, è un piacere intimo, individuale e molto personale. Recensire, però, comporta delle responsabilità che vanno oltre tale sfera. Responsabilità nei confronti dei lettori e anche, in ultima analisi, verso se stessi. Impossibile ricercare, o addirittura presumere, l’obiettività a ogni costo: l’importante è dichiarare con chiarezza e onestà punti di vista e prospettive, mostrando gli aspetti positivi e quelli negativi di un libro, senza dimenticare che si tratta pur sempre di un giudizio soggettivo e sindacabile. Gli stessi gusti di chi recensisce non sono immutabili e dati per sempre! Mi piace leggere un libro tutto d’un fiato e scrivere subito le mie impressioni a caldo, senza lasciare trascorrere troppo tempo dall’ultima pagina letta. Le riflessioni seguono invece un flusso continuo che accompagna la lettura. Mi annoto alcuni passi che mi hanno colpito, particolari che non mi hanno convito o, viceversa, quelli più gustosi. Poi cerco di immedesimarmi in altri lettori per capire a chi potrebbe piacere un testo simile e a chi invece non lo consiglierei affatto. Mi diverte anche trovare piccole curiosità. Un libro è sempre un codice da decifrare. Che si voglia oppure no, in modo più o meno consapevole, è riflesso della soggettività artistica e umana di un autore, del suo mondo personale. Scavare e contribuire a svelarlo è un gioco molto intrigante. Come autrice rispetto profondamente il lavoro che la stesura di un libro comporta e tengo molto a trattarlo con tutta la sensibilità che meritaRispetto invece al mio essere lettrice ho imparato ad allargare la “visuale”, a essere più umile e attenta. Se un libro non mi è piaciuto, non è detto che non possa piacere ad altri. Lo dichiaro e lo motivo, certo. Ma sono le stesse motivazioni di un rifiuto a lasciare aperte altre possibilità, legate al gusto individuale del lettore. Aiutare a riconoscersi in una trama o nello stile di una scrittura rientra secondo me tra le priorità che rendono valida una recensione. E qualcosa di buono c’è sempre! Se si riesce ad arrivare in fondo…
CRISTINA Un libro per me è la scoperta di un mondo, la realtà di un sogno messo su carta dalla mano e la mente di un autore, amante della scrittura e della lettura. Ho iniziato il mio contributo con questa piccola riflessione e sperando di riuscire a rendere partecipe e far comprendere il modo in cui mi approccio alla lettura. In un libro cerco l’amore per la scrittura, il quale non si trova né in una trama complessa ed elaborata né in una, magari, più o poco originale, ma solo nell’animo del lettore. E’ difficile trovarlo? No. Forse sono solo percezioni personali ma, per me, ogni libro letto racchiude la vera essenza dell’autore: l’indole sofferta, fantasiosa, poliedrica, vera o anche fredda e quindi, di riflesso, calda e/o passionale. Nel momento in cui ho terminato la lettura di un qualsiasi racconto mi soffermo sulle emozioni, sulle sensazioni che mi ha lasciato, cercando poi di esprimere al meglio (anche se a volte non è facile) a parole quello che mi ha suscitato. Amo soffermarmi sulle descrizioni caratteriali dei protagonisti al fine di capire quanto siano simili a noi. Quel qualcosa in più che mi farà poi innamorare dei personaggi. Quando si tratta di un romanzo storico (da amante della storia) mi fido ciecamente dell’autore e per me è una gioia immergermi in esso. Non sono pignola, per me è importante che un racconto sia scorrevole e semplice, non importa che non catturi dalle prime pagine, anche perché, spesso, ho avuto il piacere di scoprire dei bei, coinvolgenti ‘’happy end’’. Preferisco leggere aldilà delle parole, scavandone la profondità: forse non sempre ci riesco, tuttavia è quello che mi auguro di riuscire a manifestare anche nelle mie recensioni. Non evidenzio pagine e pagine, comunque ho sempre con me, come fedele compagna, un’agendina nella quale appunto il necessario e l’indispensabile per rendere ‘’adatta’’ una recensione nel miglior modo possibileNon mi piace fare giudizi negativi perché penso prima di tutto al lavoro, al sudore, alla passione che l’autore ha messo in quelle parole, frasi che per molti avranno un senso mentre per altri (magari causa generi diversi) non lo avranno mai. Certo mi è capitato di leggere libri che avrebbero meritato un giudizio negativo, ma in quel caso cerco di evidenziare sempre i punti di forza. Spesso mi prendo uno o due giorni di riflessione prima di mettere su carta (in questo caso il semplice foglio di word) tutto quel marasma di idee, pensieri e dubbi. Io rispetto lo scrittore, lo amo poiché ha l’indubbia capacità di far sognare da sempre.
STEFANIA AUCI
Quando il lettore diventa recensore
Leggere è sempre e comunque un'esperienza. E' un assioma, questo, che ha guidato i miei passi sin dalla prima recensione, stilata a 4 mani con Alessandra. La lettura di un romanzo è un'occasione straordinaria: ci si sente come ospiti furtivi in una stanza (e chi ha letto Il Petalo cremisi e il bianco sa bene di cosa sto parlando) o come un osservatore scientifico chino su un microscopio. Non si è mai, mai del tutto staccati dalla dinamica che intercorre tra lettore e scrittore: dal patto che vede lo scrittore come colui che narra una storia e del lettore come colui che vuol ascoltare. Un libro rappresenta un'offerta di amicizia e, come nelle amicizie tra persone, cambia l'approccio dei singoli nei confronti dell'opera. C'è chi vi legge il capolavoro, chi la risciacquatura dei piatti. A me sono capitati sia gli uni che gli altri; e, come nella vita vera, sono capitati anche moltissimi romanzi che mi hanno lasciato indifferente, poiché non sono stati in grado di intaccare la mia corazza di serial reader. Lo dico senza falsa modestia, anche a costo di apparire snob o antipatica: la mia formazione classica mi ha aiutato nel divenire una blogger letteraria. Letture impegnate (non ho paura di ammetterlo; chi le snobba non ha idea di cosa si perda xD), latino, greco, italiano, e poi gli studi giuridici. Rigore e capacità di astrazione sono diventati strumenti essenziali che adopero sempre quando mi accosto a un libro. La cultura - sempre in crescita, e guai se non fosse così - che ho accumulato nel tempo mi ha fornito quella serie di strumenti che mi hanno dato una marcia in più. E sono felice di dire che questa è una cosa ampiamente condivisa dalle mie sorelle di blog. Non si tratta di essere saccenti: essere casalinghe non significa appiattirsi nel mondo della mediocrità e della pappa già pronta, come molte pensano e anzi, rivendicano con un orgoglio degno di miglior causa.
Io sono casalinga mio malgrado, insegnante in attesa di una cattedra che chissà se e quando arriverà... ma sono sopratutto una forte lettrice. Per cui, nel momento in cui arriva un libro tra le mie mani, cerco di entrare completamente nella storia, di trovare i meccanismi creativi che hanno portato alla formulazione di una frase o alla descrizione di un personaggio. Lo faccio con quello che ho in mano. Possono apparire come strumenti scadenti, e io stessa sembrerò supponente nel dire questo, ma è così. Io voglio che un libro sia scritto bene, poiché è questa la prima richiesta di un lettore. Un libro scritto male non ti emoziona: ti fa incespicare nella sintassi sbagliata, fino a innervosirti e deluderti. Tecnica e passione sono inscindibili, ma la tecnica deve essere necessariamente a servizio della passione e mai viceversa. Come dice un famoso spot: "La potenza è nulla senza controllo." Per me tecnica è un fraseggio accurato, è una scelta di aggettivi e avverbi calzanti, è una punteggiatura gestita con sapienza, è la capacità di ricreare un mondo con poche frasi. Spesso uso una matita per segnare i passaggi che mi hanno colpito e annoto a margine del volume il perché: si tratta di note su stile e personaggi che mi aiutano a stilare una recensione il più possibile obiettiva. La vera difficoltà, per me, non sono i libri cattivi. Sono quelli "veramente Buoni", da 5 stelle. Perché mi rapiscono nella storia, mi trascinano, scardinano e ammaliano l'ordine mentale. Chiuso il libro mi sento svuotata e in difficoltà, perché devo comprendere quali siano gli aspetti che mi hanno coinvolta più di altri. Penso alla prosa raffinata di Murakami, alla forza espressiva di Altieri, alla poesia cruda di Lara Manni. E lì, signori, c'è tanta tecnica. Tanto sporco lavoro, che può essere solo studiato e apprezzato. Tutto questo lungo delirio in stile Joyce serve per spiegare a voi, cari lettori, che la lettura e la recensione successiva non sono frutto di simpatie estemporanee o di umori del momento, ma di studio e di approfondimento. E' un lavoro che arricchisce, questo, se lo si pratica con costanza e consapevolezza delle proprie capacità. Io per prima sono migliorata tantissimo nell'approccio alla lettura e le mie recensioni più recenti sono di certo più organiche dei pastrocchi degli inizi.
ANTONELLA ALBANO Recensire un libro è davvero una faccenda complicata. Probabilmente se non fossi così empatica sarebbe più facile. Ora spiego: si ha davanti una persona e una storia, praticamente si entra in un rapporto, in un certo senso anche più stretto di quello che si instaura con una qualsiasi conoscenza. Ovviamente però c'è anche l'aspetto... come dire... “commerciale”, è come se acquistassi qualcosa: “ti pago per svagarmi, emozionarmi, spaventarmi, colpirmi”. Se non riesci a farlo o non lo fai bene, in teoria dovrei potermi lamentare che il prodotto acquistato non è stato all'altezza delle aspettative. Però il punto è che non è mai solo questo, ma prima è necessaria una premessa per comprendere ciò: ci sono scrittori che scrivono per mestiere, confezionano un prodotto che hanno imparato sapientemente a comporre e cercano un target adatto. Un po' in tutti gli autori c'è questo aspetto, ma in alcuni lo scrivere diventa preponderantemente mestiere. Forse costoro si riconoscono quando, alla fine della lettura, ci si chiede: “Che bisogno c'era di scrivere questo libro?”. A parte questo tipo di autori (ma anche includendoli, via!), leggere un libro vuol dire entrare nella mente di qualcuno, in un altro modo di vedere le cose, mettere i propri piedi in altre scarpe, quelle dell'autore e quelle dei personaggi, come possedere il “corpo” di un altro. Per questo, quando alla fine si torna nella propria pelle, quell'esperienza di intimità fino a un certo punto si può tradire. Sarà che mi affeziono facilmente, ma quando davanti al pc mi accingo a scrivere di un libro, al limite mi vien da dire “Tesoro, ma davvero c'era bisogno di scrivere ottocento pagine per raccontare questa storia?”, “Amica mia, questa protagonista doveva essere per forza così perfettina?”, “Ciccio bello, ti rendi conto che nell'esperienza umana c'è ben altro rispetto a quello che racconti tu?”, “Ehi, ma sai quante altre parole ci sono nel vocabolario e quante costruzioni sintattiche esistono nel linguaggio umano?”, “Ragazza, hai scritto un bel compitino, ma dov'è la tua anima?”. Eppure mi vedo nella mente quel qualcuno che ha preso carta e penna o pc e con iniziativa, coraggio e determinazione si è seduto a scrivere la sua storia; perché, appunto, è la “sua storia” e io non posso non empatizzare con chiunque, scrivendo, ha sudato le sue sette camicie, ha interrogato se stesso, ha cancellato, corretto, perfezionato, ha cercato una casa editrice... In ultima analisi, leggere e recensire è stabilire un rapporto, anche se relativamente breve, e raccontarne l'esperienza; e poi è desiderare di dare un “pat pat” sulla spalla all'autore, ringraziare per le emozioni provate, congratularsi per il gran lavoro svolto, rimproverare per le aspettative deluse, ma sempre guardando negli occhi quel qualcuno che è solo un altro come te, un altro te stesso.
SARA BEZZETTO Il mio modo di rapportarmi con un libro naturalmente è leggermente cambiato da quanto scrivo recensioni per Diario, come è giusto che sia, ma in linea di massima il libro me lo godo comunque, nonostante poi io debba produrre un commento. Tendo ad individuare gli snodi più importanti della storia, imprimermi i personaggi e cercare di capirli, ma quello già lo facevo prima di diventare "recensitrice" di libri. Per il resto cerco comunque di essere neutrale e di fornire un’opinione più neutra possibile, anche se per definizione un’opinione deve essere personale… ma questi sono dettagli. Il fatto è che mi (e ci) limito a fornire un'illustrazione del percorso del libro, descrivendo stile e atmosfera, lasciando al prossimo lettore tutta la libertà di usare questi strumenti per fabbricare una propria idea del libro, oppure usandoli anche per confrontarli con le proprie idee e trarne spunti o critiche costruttive. Si sa, se 100 persone leggono un libro è come se alla fine esistessero 100 libri diversi, nonostante sia lo stesso per tutti: perché ognuno trae da un manoscritto una propria e personale idea, insieme ad una serie di emozioni. Quindi nelle recensioni, per quanto possano essere fatte in modo obiettivo, l'opinione del recensore traspare in alcuni dettagli, ma non è detto che questa sia un punto di vista universale, anzi tutto il contrario. 
ELENA BIGONI Sono sempre stata una lettrice vorace, ma fino a che non sono entrata nello staff di Diario non mi sono mai messa alla prova scrivendo recensioni. Il passaggio da semplice lettore a recensore non qualificato non è stato né semplice né immediato. Generalmente da lettrice ho l’abitudine di valutare un libro letto su due scale di valori differenti e sovrapponibili. Più o meno la domanda che mi pongo è la seguente: il libro porta con sé un bagaglio emozionale e culturale assoluto o solo relativo al sottogenere che lo contraddistingue? Ogni lettore, indipendentemente dal genere, cerca in un libro emozioni, riflessioni, una trama originale e ben articolata, personaggi realistici e complessi, uno stile vigoroso e personale. Se tutti questi elementi sono presenti in maniera equilibrata e potente, da lettrice incasello il libro come un’opera dai valori assoluti e che travalicano il genere letterario a cui appartiene. Ovviamente è raro trovare un libro con tutte o anche solo alcune di queste caratteristiche. Questo mi porta a incasellare il libro in una scala di valori relativi solo al sottogenere a cui appartiene. Per fare degli esempi più pratici, se leggo un thriller mi aspetto determinate caratteristiche di massima: una trama articolata, personaggi perfettamente caratterizzati, uno stile piacevole ma non necessariamente originale. Se leggo un Romance la trama passa in secondo piano: so già che ci saranno un lui e una lei, un ostacolo e il lieto fine. Quello che mi aspetto è uno stile fresco, brillante, in grado di personalizzare perfettamente i personaggi e di trasmettere emozioni ma anche atmosfere: la descrizione dell’attrazione e della fisicità tra i due personaggi deve essere curata e non banalizzata; del resto, non è questo che si cerca in un romance? Ottime atmosfere a corollario di una storia d’amore che ci rapisca e che sembri unica. Nel fantasy, ad esempio, cerco altro ancora: la trama deve essere originale, le atmosfere e i mondi creati devono rapirmi completamente, farmi sognare e vivere in luoghi o mondi paralleli nuovi e mai immaginati prima. Scrivendo recensioni questi valori non sono cambiati, anzi si sono acuiti: se prima lasciavo corre determinati elementi adesso li segnalo e li valuto attentamente. Da recensore cerco di mettermi nei panni del lettore che si deve ancora interessare ad un libro. Ogni lettore ha le sue predilezioni di genere e attraverso la mia recensione cerco di dare quelle informazioni che permettono al lettore di capire se il libro è realmente un libro che rientra nei suoi gusti, oppure se presenta delle lacune che sono insormontabili. Quando scrivo una recensione aspiro alla seguente situazione: un lettore che leggendo il pezzo pensa “ecco questo è un libro mi potrebbe piacere” e, alla fine della lettura, pensa “mi trovo d’accordo con la recensione”. Se ciò avviene allora ho centrato l’obbiettivo. Come mi muovo per tentare di ottenere questo risultato? Leggo il libro con serenità, annotando se trovo elementi chiave o citazioni che racchiudano lo spirito della trama. Al termine della lettura lascio “decantare” il tutto un paio di giorni, ripensandoci spesso e valutando da diverse angolazioni lo stile, la trama e i personaggi, valutando quali elementi o emozioni rimangono inalterati col passare dei giorni e quali, invece, subiscono l’effetto “dimenticatoio”; a volte può essere lo stile che non mi colpisce, altre volte sono i personaggi e via di seguito. Alla fine, quando mi sento pronta, provo trascrivere il tutto, creando così la mia recensione, cercando di equilibrare elementi positivi e pecche per permettere al lettore di avere un quadro il più ampio possibile. 
Voi cosa ne pensate? Siete d'accordo con qualcuna di noi? Cambia il vostro modo di leggere quando sapete di dover dare un giudizio finale sull'opera? 


Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :

  • After di Anna Todd

    After Anna Todd

    AfterSerie Afterdi Anna Todd  Titolo: After Autore: Anna Todd Edito da: Sperling Kupfer Prezzo: 14.90 € Genere: Romanzo, new adult Pagine: 448 Trama: Acqua e... Leggere il seguito

    Da  Nasreen
    CULTURA, LIBRI
  • La vetrina degli incipit - Giugno 2015

    vetrina degli incipit Giugno 2015

    L'incipit in un libro è tutto. In pochi capoversi l'autore cattura l'attenzione del lettore e lo risucchia nel vortice della storia. Oppure con poche banali... Leggere il seguito

    Da  La Stamberga Dei Lettori
    CULTURA, LIBRI
  • Luci e ombre di Calabria

    Luci ombre Calabria

    Sono "emigrante". Nel senso che sono emigrata alla fine degli anni Novanta dalla Calabria al Lazio. Sono una di quegli emigranti senza il richiamo forte delle... Leggere il seguito

    Da  Luz1971
    CULTURA, LIBRI
  • Jurassic World - senza spoiler

    Jurassic World senza spoiler

    Comprate il biglietto. Entrate in sala. Appena si spengono le luci spegnete il cervello. Non chiedete. Non pensate. Non dubitate. Allora Jurassic World sarà un... Leggere il seguito

    Da  Flavio
    CINEMA, CULTURA, FUMETTI, LIBRI
  • Anteprima: So che ci sei di Elisa Gioia

    Anteprima: Elisa Gioia

    So che ci seidi Elisa GioiaPrezzi Cartaceo: € 18,50 Ebook€: 9,99Pagine 406Pubblicato a giugno 2015ISBN 978-88-566-4445-6C’è qualcosa di peggio che essere tradit... Leggere il seguito

    Da  Madeline
    CULTURA, LIBRI
  • Clock Rewinders #17

    Clock Rewinders

    Buona sera amici lettori,pensavate mi fossi dimenticata eh!! No no, l'ultimo giorno del mese qui si festeggia con un recap di ciò che è avvenuto sul blog nel... Leggere il seguito

    Da  Eliza
    CULTURA, LIBRI