Magazine Diario personale

Quando il passato torna a bussare…

Creato il 24 giugno 2014 da Chiamatemi Lucrezia @fabfer31

20140618_bossetti_yara1-300x225A volte il passato ritorna. E nel mio caso è quello da cronista di nera (l’unico in effetti di cui vada davvero orgogliosa! :-)). Eccomi intervistata da un portale di cronaca romana e nazionale, Noiroma.tv… perchè ogni tanto qualcuno si ricorda che sono anche una giornalista!! :-) (http://www.noiroma.tv/wdp/?p=14216)

Che poi, digiamolo, può fare l’opinionista di nera a “Delitti e segreti” Elenoire Casalegno - che sta alla cronaca nera come Flavia Vento alla cultura - e non io??! #ecchediamine

:-)

Buona lettura!

 

OMICIDIO DI YARA: “ECCO TUTTE LE MOSSE CHE BOSSETTI POTEVA FARE, E NON HA FATTO, IN QUESTI TRE ANNI”

 

Il caso Yara Gambirasio, la 13enne scomparsa nel novembre 2010 a Brembate di Sopra, pare essere arrivato a un punto di svolta. Il presunto assassino, nonché unico indiziato fino a questo momento, sembra avere un nome e un volto: quello di Massimo Giuseppe Bossetti. Di origine bergamasche, l’uomo non si è mai mosso da casa sua in tutto questo tempo, forte della convinzione di chi si proclama innocente ed estraneo ai fatti. Fatti che però dicono altro. E la storia è ben più contorta di quello che sembra. Non solo l’uomo adesso dovrà vedersela con processi e interrogatori, ma anche con un passato che mai avrebbe immaginato. Un ritorno alle origini per Bossetti che scopre di non essere chi è realmente: figlio illegittimo di Giuseppe Guerinoni, morto nel 1999, il cui DNA combacia alla perfezione con quello trovato sul corpo della piccola Yara. Non abbiamo nulla da invidiare a CSI e ai telefilm cui siamo abituati a vedere in tv, e finalmente dopo 4 anni di indagini, anche in Italia possiamo essere fieri di dire che si è giunti (forse) a una degna conclusione per le vittime di questi efferati delitti.
Ma cosa avrebbe potuto fare Bossetti in questi anni? Perché è rimasto lì, immobile spettatore di uno spettacolo di cui è (o potrebbe essere) regista e attore?
Lo abbiamo chiesto a Fabiana Ferri, giornalista esperta di cronaca nera, nota per il suo “passato glorioso”, come lo definisce scherzosamente lei stessa, grazie alle vicende da viver dell’ex governatore Marrazzo e scrittrice di racconti noir.

 

Da un punto di vista giornalistico come valuti il caso della morte di Yara?
Il caso è apparso sin da subito molto ingarbugliato, non credevo sarebbero mai riusciti a risolverlo in breve tempo. Tutto sembrava campato in aria. Che l’assassino per fatalità fosse figlio illegittimo di un uomo morto, neanche il più grande romanziere giallo sarebbe riuscito a ideare una cosa del genere. La caparbietà degli inquirenti è da premiare perché sono andati contro il classico detto che se un caso non si risolve entro 48 ore, non si risolve più. Non era questo il caso, e non lo è stato ad esempio nemmeno per Via Poma. Un caso risolto dopo ben 20 anni grazie all’evoluzione della tecnologia. Personalmente non credevo nella riuscita, mi hanno stupita.

Cosa avrebbe potuto fare Bossetti in questi 3 anni di indagini per non farsi scovare?
Innanzitutto scappare. Una persona che sa di aver commesso un omicidio del genere, o comunque di aver lasciato morire una ragazzina di 13anni dopo averla accoltellata, poteva scappare però lui ha commesso l’errore di aver sottovalutato gli inquirenti e le indagini. Non conoscendo la verità sul suo vero padre, il nome di Guerinoni non poteva intimorirlo, così quando le indagini si sono mosse verso la pista del figlio illegittimo si sarà sentito al sicuro. Bossetti ha commesso i suoi veri errori proprio nell’atto: gli inquirenti erano alla chiara ricerca di un muratore, avevano già fermato il marocchino Mohamed Fikri, poi ritenuto estraneo alla vicenda, e sono andati avanti su questa strada perché sul corpo e nelle vie respiratorie di Yara sono state ritrovate polveri di calce provenienti da un cantiere edile. Probabilmente l’arma che ha usato è un taglierino da piastrellista, è un po’ come un dentista uccidesse con un trapano.
Anche quello non ha fatto altro che avvalorare la tesi del muratore. E poi soprattutto ha lasciato tracce di sangue. E’ chiaro che prima o poi lo avrebbero trovato. Non in 4 anni, forse in 20 anni ma c’erano sue tracce.

Può darsi che non sia scappato per non destare sospetti. Andar via da un piccolo paese senza un motivo chiaro può essere considerato un comportamento ambiguo.
Non credo. Bossetti ha continuato ad andare avanti nella vita della piccola provincia, senza che nessuno sospettasse di lui quindi non credo che andandosene gli occhi si sarebbero puntati su di lui. Al contrario credo che aver agito in una piccola realtà lo abbia in qualche modo sfavorito. Un conto è fare l’analisi del DNA a 5milioni di abitanti a Roma, e un altro è farla a 18mila persone, per quanto sia un numero considerevole, si tratta comunque di una comunità ristretta. Lui ricordiamoci che ha agito in un raggio di soli 10 km.

Perché lasciare la ragazza agonizzante in un campo? Avrebbe potuto sbarazzarsi del corpo e di qualsiasi altra traccia, e invece non l’ha fatto.
Secondo me lui non se n’è reso conto. Questa è anche la teoria dei criminologi: lui probabilmente non voleva uccidere la ragazza, ha capito che le cose si stavano mettendo male, l’ha accoltellata e lei è svenuta. In quel momento ha pensato fosse morta per via dei colpi inferti. In realtà poi l’autopsia ci ha detto che le coltellate erano superficiali, nessuna di queste era mortale. Paradossalmente se invece di averla abbandonata a novembre in un campo isolato, lo avesse fatto in agosto probabilmente sarebbe sopravvissuta.
Yara è morta per il freddo.

E’ stato trovato il suo DNA sui leggins di Yara, non necessariamente indica la sua colpevolezza. Potrebbe esserci un complice?
Il DNA è di Bossetti e questo ci dice che c’era. Anche le tracce delle polveri nei polmoni della ragazza significano che tra i due c’è stato un contatto, non necessariamente è stato lui ad accoltellarla. Se vogliamo vederla proprio per come è andata lui non l’ha uccisa, l’ha lasciata morire.

Posto che questa volta le indagini hanno avuto riscontro positivo in tempo abbastanza breve, secondo te il delitto perfetto può essere possibile anche grazie alle falle del nostro sistema giudiziario, spesso lento e mediocre?
Il delitto perfetto è quello che le indagini non riescono a svelare. Non esiste in sé e per sé. E’ chiaro che un delitto commesso 40 anni fa non aveva molte probabilità di soluzione mancando i mezzi e la tecnologia, quindi oggi come oggi sarebbe più difficile compiere un delitto perfetto. Ma laddove le indagini sono lacunose ecco che anche la scienza non può intervenire. In questo caso gli investigatori sono stati intuitivi.
Dalla parte di Bossetti lui è stato anche sfortunato in alcune cose perché essere il figlio illegittimo di un uomo morto poteva veramente chiuderlo nell’oblio. In realtà il fatto che siano andati a casa di Guerinoni, abbiano trovato la patente con tracce di saliva, e tutta una serie di eventi lo hanno messo con le spalle al muro. C’è stata poi l’intuizione del genetista che, scartando i figli di Guerinoni, ha preso in esame la possibilità di un figlio mai riconosciuto. Sono andati oltre l’evidenza dei fatti, in questo sono stati bravi gli inquirenti. Anche l’accanimento da parte del Pm che ha prescritto l’esame del DNA a 18mila persone è stato un merito e soprattutto un punto a svantaggio per il presunto assassino. Bossetti più che aver fatto degli errori è stato sfortunato. Ci ha messo anche del suo, se fosse scappato non lo avrebbero trovato… forse.

Daniela Pugliese 


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