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Quando innovazione fa rima con predone

Da Lucia Navone @lucia_navone

Cassina dè Pecchi, Scandicci e Marcianise unite da un filo rosso tra new e green economy dove a rischio ci sono più di 2000 posti di lavoro

Se l’innovazione sta al PIL di un paese come e forse più di una manovra economica, attirando soprattutto capitali dall’estero, l’Italia e la sua classe imprenditoriale si sa non fanno certo storia. Non parliamo solo di fughe di cervelli o di mancati fondi alle Università ma di non voler investire in ricerca quando questa non genera un guadagno immediato. La percentuale di Prodotto Interno Lordo, destinato dall’Italia all’innovazione è pari all’1,1% , inferiore al dato medio dei Paesi dell’Unione Europea (2,2%) e lontano da Paesi come la Svezia (3,9%), la Finlandia (3,7%), il Giappone (3,4%) e gli Stati Uniti (3,1%). Questo vuol dire impoverimento di un paese e deterioramento del contenuto tecnologico oltre alla mancanza di personale altamente specializzato.
Ci sono casi poi dove invece le competenze, quelle vere, sono solo merce di scambio da quotare in un nuovo piano industriale che, passando dall’elettronica in crisi arriva al nuovo mercato delle rinnovabili.
Ed è questa la storia dei 320 lavoratori della Jabil di Cassina dè Pecchi, dei 325 della Electrolux e i 1400 della Jabil di Marcianise.
Un’odissea iniziata più o meno per tutti quattro anni fa e che ancora oggi non si è conclusa.

 

Quando innovazione fa rima con predone
Il 12 dicembre, poco prima di Natale, è arrivata la comunicazione via fax che cancellava il posto di lavoro  degli operai della Jabil di Cassina dè Pecchi, nel cuore della Martesana a pochi chilometri da Milano. Ma loro non si sono arresi. Fin dal primo giorno di presidio hanno continuato a far funzionare le macchine perché, spiega Roberto Malanca, delegato FIOM Cgil, “stiamo cercando degli imprenditori seri che rilevino lo stabilimento, i macchinari e il personale. Abbiamo già ricevuto la fiducia di alcuni grandi clienti ma ovviamente dobbiamo presentare un piano industriale degno di questo nome. Così speriamo di poter salvare un’azienda che da sempre rappresenta un’eccellenza nel campo della produzione di apparati di telecomunicazioni per ponti radio”. La storia dello stabilimento di Cassina dè Pecchi è una lunga odissea, segnata da cessioni e cambiamenti societari: dagli anni ’90 con Siemens Network fino al 2007, quando Nokia decide di cedere a Jabil Circuit la produzione dei ponti radio. Jabil, una società manifatturiera che produce per conto terzi in Italia dall’agosto 1998, conta circa 616 lavoratori, di cui 276 presso lo stabilimento di Cassina dè Pecchi (Milano) e 340 a Marcianise (Caserta). Il settore delle telecomunicazioni però inizia a entrare in crisi e gli stabilimenti italiani ed europei non sono più così strategici: nel 2010 Jabil comunica ufficialmente alle rappresentanze sindacali che è in atto la cessione dei siti italiani e francesi. Ma a salvare le sorti dei lavoratori degli stabilimenti italiani è il fondo di private equity americano Mercatech che acquista la società per il 75%, mentre il 25% rimane al management italiano. Cassina dè Pecchi diventa così “Competence Italia srl” mentre quello di Marcianise “Competence Emea srl”.
Ed è allora che le sorti degli ex lavoratori Electrolux di Scandicci e, quelli di Cassina dè Pecchi e Marcianise, si incontrano per la prima volta nel piano industriale proposto da Competence. Un piano industriale particolarmente ambizioso dove l’innovazione tecnologica e le energie rinnovabili avrebbero portato le aziende fuori dalla crisi. Ed è il fondo americano Mercatech, private equity che secondo i sindacati non ha mai fatto investimenti di tipo industriale ma solo operazioni finanziarie, il soggetto economico che avrebbe dovuto destinare migliaia e migliaia di euro per la creazione della prima filiera fotovoltaica in Italia, oltre a ridare una seconda vita al settore dell’elettronica. Scandicci avrebbe dovuto produrre moduli e inverters, mentre a Marcianise la produzione di wafer e celle doveva assicurare la presenza sui primi segmenti della filiera, quella con i margini più interessanti.

Lavoratori Jabil di Marcianise sui tetti
Secondo i comunicati ufficiali dell’epoca, si parlava di un investimento di 100 milioni di euro che Mercatech avrebbe destinato al distretto produttivo casertano identificato come “Terra di Lavoro”. Un Consorzio costituito da ventiquattro aziende, in rete con Italia Solare, società nata dall’intesa della multinazionale americana Competence Emea e, dal fondo Mercatech, che metteva sul piatto l’investimento monetario e la creazione di 265 posti di lavoro. L’esempio da perseguire, quello della Sassonia Anhalt, dove dal nulla era stata creata una sorta di “Solar Valley” con una concentrazione di imprese e società coinvolte nella produzione di silicio e la realizzazione di celle e pannelli.
“Questo tipo di produzione però”, spiega Gaetano Maffei dipendente Jabil, “a Marcianise non è mai partita. Dal luglio 2010, fino al febbraio 2011, quando cioè eravamo Competence, le nostre attività si sono dovute fermare: non arrivavano le forniture e abbiamo poi scoperto che non pagavano i fornitori”.
E anche a Marcianise, l’eredità è pesante da sostenere: 1400 dipendenti a rischio e un buco di sessanta milioni di euro che Jabil ha lasciato a Competence Emea.
Ed ecco che, di nuovo il destino dei tre siti industriali, ritorna nei piani delle aziende dove però Scandicci è la prima a scomparire. Nel  giugno 2011 Italia Solare Industrie è ormai sull’orlo del fallimento per mancanza di liquidità.
“A due giorni dalla presentazione dell’istanza di fallimento”; spiega Roberto Malanca, delegato FIOM Cgil, “Jabil si è ripresentata con 70 milioni di euro per  far ripartire l’attività e 30 milioni per riprendersi il pacchetto azionario da Mercatech. In cambio, la promessa, davanti al giudice, che la fabbrica sarebbe ripartita entro due mesi. Promessa mai mantenuta perché a fine anno siamo stati licenziati mentre già da luglio avevamo iniziato a presidiare la fabbrica per evitare che venisse svuotata. “Nokia è proprietaria dei macchinari e dei terreni e, a quanto ci risulta”, prosegue Malanca,  “vuole essere solo una società di servizi. Ad oggi non è chiaro quale sarà la destinazione di quest’area dal valore immenso su cui anche la Giunta comunale non ha ancora preso una posizione chiara”.
Ed è forse sulla destinazione finale di questi siti, patrimonio della storia industriale italiana e che avrebbero potuto rappresentare un centro di eccellenza per l’innovazione, che il destino di migliaia di lavoratori si ritroverà ancora una volta. Un grande centro commerciale o delle villette a schiera, a pochi chilometri da Milano o da Firenze, diventeranno la promessa di nuovi posti di lavoro dove riconvertire la propria attività per portare ricchezza e valore al territorio.
E con loro altri fondi senza vocazione industriale che ne approfitteranno per depredare imprese e competenze.
Intanto a Cassina dè Pecchi il presidio continua e a Marcianise i dipendenti, insieme alla Provincia di Caserta, hanno costituito una class action per far valere i propri diritti.


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