Luis Sepulveda – Ritratto di gruppo con assenza. Edizioni Tea, 157 pag.
Si dice che Sepulveda abbia perso tanto del suo smalto creativo, almeno in questo periodo. E in parte è vero, ma una cosa del genere spesso capita a chi ha avuto un successo più che enorme con una favola come “La gabbianella e il gatto”, tradotta anche cinematograficamente, che ha raccolto favore sia tra il pubblico adulto che tra quello infantile. Eppure, nonostante questo, “Ritratto di gruppo con assenza” è un libro che aggiunge un tassello in più al personaggio Sepulveda, più che allo scrittore. Merita quindi una lettura attenta, perchè parla della formazione dell’autore, attraverso una serie di racconti che assumono la valenza di un viaggio, dove Sepulveda ha raccolto i germi delle future storie che avrebbe scritto, tra i quali anche “il vecchio che leggeva romanzi d’amore”.
Alcuni racconti di questa serie sono invece ricordi, ritratti appunto dei combattenti della resistenza cilena e della spina nel fianco di molti che è stata la dittatura di Pinoché. In altri la narrazione assume i contorni del percorso di un cosmopolita, per esempio nel racconto di un’esperienza di lavoro in una tv ecuadoriana che ha segnato gli anni giovanili dell’autore.
L’io narrante si configura quindi come un viaggiatore che durante il cammino fa diversi incontri, alcuni più interessanti di altri.
Lo stile narrativo è tipicamente sudamericano, con personaggi di spessore psicologico che vengono indagati nel profondo, nel loro vissuto interiore. Non c’è timore nel descrivere emozioni e sentimenti, sensazioni più diverse che a volte paiono presagi di eventi che ancora devono accadere. In questo libro c’è tutto l’immaginario di Spulveda, ma sotto forma di esperienza concreta, realtà vissuta, quotidianità. Che in un certo senso guida il lettore in quello che è stato definito “surrealismo sudamericano” e che in realtà, il più delle volte, è solo una particolare sensibilità verso la realtà che ci circonda.
Al lettore non arrivano grandi messaggi, o verità svelate, piuttosto una migliore comprensione dell’autore visto a 360 gradi, come persona che ha combattutto la dittatura pagando quella lotta con l’esilio, che ha lavorato, scritto, amato e soprattutto vissuto. E alla fine, quello che emerge è il ritratto, non tanto di un gruppo di personaggi e delle assenze segnate dalle conseguenze della dittatura, quanto quello di Luis Sepulveda, il creatore del volo libero e di un vecchio, che viveva in un bosco e che aveva imparato a leggere, perchè per sopravvivere alla selva e all’intera vita, diventa fondamentale poter leggere romanzi d’amore.
Bianca Folino