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Quando l’innovazione si fa in Puglia

Creato il 13 dicembre 2010 da Lalternativa

Le migliori idee imprenditoriali nate dalla ricerca scientifica provengono dalla Puglia. Al Pni 2010, Premio Nazionale per l’Innovazione giunto all’VIII edizione, tra gli oltre sessanta progetti di impresa in gara, selezionati dalle Start Cup regionali (le competizioni che ogni anno premiano i migliori piani di impresa innovativa), la Puglia ha trionfato aggiudicandosi il primo, il quarto ed il quinto posto. Il Pni 2010 è la più importante competizione nazionale per progetti di impresa ad alto contenuto innovativo nati in ambito universitario e degli enti pubblici di ricerca.

In questa gara di enorme prestigio ha raggiunto il gradino più alto del podio “Amolab: Automatic Monitoring of Labor”, progetto presentato dal CNR di Lecce e selezionato a suo tempo da una Start Cup del CNR con il Sole 24 Ore, al quarto posto “Type One”, idea di una spin off (cioè da un’impresa proveniente da attività di ricerca) dell’Università del Salento scelta da Start Cup Puglia, la nostra competizione regionale (dove si classificò seconda), quinto posto per “Biofordrug” progetto presentato da una spin off dell’Università di Bari e selezionato da Start Cup Puglia (primo posto dell’edizione 2010), idea vincitrice anche del premio speciale offerto da UK Trade&Investment per l’internazionalizzazione del progetto innovativo.
Guardare queste idee nel dettaglio è come fare un tuffo nella scienza che sarà.

I progetti
Amolab del CNR di Lecce, il progetto vincitore, è un dispositivo che permette di monitorare in modo non invasivo l’avanzamento del parto. Una vera rivoluzione che le mamme di ieri, di oggi e di domani, sottoposte in sala parto a tracciati e visite continue, avranno modo di apprezzare. Infatti non esisteva fino ad oggi alcun dispositivo in grado di misurare in modo obiettivo e soprattutto non invasivo i principali parametri relativi al parto di mamma e bambino. Amolab è un sistema che sfruttando le immagini ecografiche effettua tutte le rilevazioni necessarie dall’esterno del pube. Si serve infatti di ultrasuoni ed è in grado di misurare tutti gli indicatori di avanzamento del parto in modo automatico e oggettivo e quindi indipendente dalla sensibilità manuale dell’operatore. Riesce a misurare infatti svariati parametri, tra questi, la rotazione e la discesa della testa del feto, la posizione delle spalle, la dilatazione della cervice e le contrazioni uterine.
Amolab si candida dunque a ridurre i rischi per la salute della gestante e del nascituro perché facilita la decisione dei medici mettendo a loro disposizione in tempo reale tutti gli indicatori di cui hanno bisogno. Una condizione tanto più importante se si pensa che gli errori di diagnosi sulla progressione del parto oscillano dal 50% all’80% anche da parte di medici esperti.
Con questo dispositivo sarà ridotto il ricorso al cesareo che, con una media italiana del 38%, in alcune regioni arriva a raggiungere picchi di oltre il 60% dei casi.
I brevetti di Amolab (uno nazionale e uno internazionale) sono già stati depositati ed esiste il prototipo. Adesso è indispensabile far conoscere la tecnologia e attrarre gli investimenti per arrivare al prodotto commerciale
Con il quarto classificato Type One, progetto nato all’interno del Dipartimento di Ingegneria dell’Innovazione dell’Università del Salento, transitiamo in uno scenario che fino a qualche anno fa sarebbe sembrato fantascienza e invece appartiene ormai all’immediato futuro. Siamo nel campo dell’ingegneria tissutale. Il gruppo salentino ha elaborato un processo di estrazione del collagene da tessuti animali molto innovativo perché permette di estrarre collagene, utile sia alla cosmesi, sia alla preparazione di prodotti biomedici che servono a rigenerare tessuti umani come nervi recisi e ossa danneggiate da un trauma o dall’asportazione di tumori. Il test è già perfettamente riuscito negli animali. Se si asporta una frazione di nervo dietro la caviglia e si va ad inserire il medical device (dipositivo medico) all’interno di un tubicino collocato alle due estremità del nervo, il pezzo mancante si rigenera e il tubicino viene riassorbito. L’anno prossimo parte la sperimentazione sull’uomo già approvata dal comitato etico dell’ospedale San Raffaele di Milano. Il nuovo processo si applicherà al sistema nervoso centrale e periferico, alle ossa e alle cartilagini.
Ma il collagene, che è la principale proteina del tessuto connettivo, è utilizzato anche per la preparazione dei cosmetici e nelle terapie anti-invecchiamento. Si calcola che la domanda di collagene andrà incontro ad un incremento esponenziale passando dai circa 165miliardi di euro nel 2007 ai 250miliardi del 2012 fino a raggiungere 370miliardi nel 2017.
Per questo progetto che ha destato enorme interesse da parte delle case farmaceutiche, sono stati depositati già quattro brevetti, di cui tre al MIT (Massachusetts Institute of Technology) di Boston (uno già registrato e due in fase di registrazione).
Il progetto quinto classificato Biofordrug nato nella Facoltà di Farmacia dell’Università degli Studi di Bari si occupa di malattie neurodegenerative come l’Alzheimer e di patologie tumorali. L’idea imprenditoriale innovativa consiste nella progettazione e sintesi di radiofarmaci da utilizzare per una diagnosi precoce mediante la PET. Recenti ricerche scientifiche hanno dimostrato infatti che l’origine del processo neurodegenerativo dell’Alzheimer ha inizio circa 20 anni prima del manifestarsi dei sintomi e che questo è legato ad un’alterazione numerica e funzionale di una proteina, la glicoproteina-P (P-gP), che svolge un ruolo protettivo nel sistema nervoso centrale.
Il progetto dell’Università di Bari ha sviluppato e sperimentato radiotraccianti PET che permettono di monitorare e studiare, sin dall’inizio, l’attività e l’evoluzione di questa proteina. Il progetto acquista una particolare rilevanza perché il numero di malati di Alzheimer è in forte crescita ed il fenomeno è strettamente legato all’aumento della durata della vita. Se si riesce a fare una diagnosi precoce si ha più possibilità di intervenire per rallentare la progressione della malattia.
Il progetto annovera sei brevetti internazionali e numerose pubblicazioni scientifiche.

“Suggestioni scientifiche ma anche di grande impatto sulla qualità della vita”.
Così il presidente della Regione Puglia Nichi Vendola ha definito i tre progetti pugliesi vincitori del Premio Nazionale dell’Innovazione, “tre progetti che sono frutto – ha continuato Vendola – non soltanto dell’eccellenza dei gruppi di ricerca e dei ricercatori ma anche del lavoro ostinato che in questi anni la regione Puglia ha fatto perché l’innovazione fosse un sistema. Solo nel 2005 eravamo agli ultimi posti della classifica europea, eravamo tra regioni più arretrate in termini di investimenti per l’occupazione e la ricerca. Oggi invece noi con il lavoro svolto dall’Arti, con la capacità di far nascere nuove imprese e quindi di organizzare spin off e di mettere in rete il mondo accademico, il mondo della ricerca e quello economico, abbiamo accompagnato tanti laboratori ad essere protagonisti di una rete più grande della modernità e dell’incivilimento. Se ci fosse un patriottismo regionale e se si dovesse sbandierare la bandiera della regione Puglia, il giorno migliore sarebbe proprio questo, quando cioè la Puglia guadagna risultati di eccellenza nel campo dell’avanzamento tecnologico e scientifico”.

Per la vice presidente e assessore allo Sviluppo economico Loredana Capone “questi risultati sono la prova vera di politiche mirate. Possiamo dire che è stato questo governo regionale con la sua attenzione per la ricerca a spingere e accompagnare i progetti premiati al PNI 2010. Un impegno intenso che da solo però non è sufficiente. Adesso tocca al Governo nazionale fare la sua parte ed è indispensabile che anche le banche e le imprese programmino investimenti nell’innovazione. Sarebbe davvero fondamentale poter realizzare incubatori dove gli scienziati possano concretamente lavorare per gettare le basi del futuro. In un periodo in cui si parla di ripensare ai parametri che determinano un indicatore come il Pil, il peso della ricerca e dell’innovazione deve aumentare perché è questo il parametro del vero cambiamento”.

“Tre compagini pugliesi tra le prime cinque classificate al PNI 2010 – ha aggiunto la presidente dell’ARTI Giuliana Trisorio Liuzzi – sono il frutto di un impegno che parte da lontano. L’Agenzia regionale per l’Innovazione ha gestito questo processo, dando corpo al progetto ILO, un sistema coordinato di azioni a sostegno del trasferimento tecnologico, della nascita e del consolidamento di nuove imprese innovative. Di tale sistema è parte integrante la Start Cup Puglia, organizzata annualmente dall’ARTI dal 2008, che ha lanciato a livello nazionale queste nuove figure di ricercatori/imprenditori”.


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