Riferimento articolo The Economist Best Frenemies (24 maggio 2014)
L’accordo siglato a Pechino tra Russia e Cina prevede che la prima fornisca alla seconda, per trent’anni a partire dal 2018, trentotto miliardi di metri cubi di gas annui. L’accordo è stato fortemente voluto da Putin che ha giustamente sottolineato come sia il più mastodontico affare che una società produttrice e distributrice di gas – la Gazprom – abbia mai sottoscritto: benché non ufficialmente confermata, la stima si aggira attorno ai 450 miliardi di dollari.
Subito da Washington è partita la replica a livello mediatico: la Russia, sempre in declino per via dell’endemica corruzione e per l’incapacità di diversificare realmente la propria economia al di fuori della vendita delle proprie risorse naturali, ha ceduto completamente alla Cina che emerge quale vera superpotenza; i due paesi poi non hanno affatto risolto le loro dispute territoriali di confine e presto i problemi riemergeranno di nuovo. Infine, l’argomento decisivo, non possono comunque fare a meno del mercato nordamericano!
Direi che la cautela è d’obbligo. Innanzitutto, un accordo del genere presuppone clausole segrete che nessuno dei due paesi certo intende rivelare e che pesano al pari se non di più, dei documenti ufficiali. E’ vero che ci sono ancora missili russi puntati verso la Cina ma non si possono ignorare le posizioni assunte dal governo cinese in sede Onu pro Russia; non si può ignorare che a dispetto di dispute e malintesi, enfatizzati dalla stampa nordamericana, la Cina offre oggi 90 miliardi di dollari di investimenti diretti in Russia: è francamente impossibile che Pechino non abbia valutato adeguatamente gli scenari derivanti da un vincolo di così lungo termine con la Russia, benché, in sede di approvvigionamento energetico, anche l’Australia sia un partner importantissimo.
Di certo l’accordo è un monito verso l’Unione Europea la cui probabile configurazione, all’indomani delle elezioni continentali, porterà maggiore debolezze e frammentazione e, per quanto già chiarito dalla Germania preventivamente, la continuazione di una politica genocida di austerità che la renderà sempre meno efficace e, tragicamente, sempre meno credibile.
Articolo originale: http://www.economist.com/news/leaders/21602695-vladimir-putin-pivots-eastward-should-america-be-worried-best-frenemies