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Quando la Capitale fa acqua

Creato il 17 giugno 2014 da Libera E Forte @liberaeforte

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Roma, domenica 15 giugno. Ore 19. Ha piovuto. Ha piovuto molto. In compagnia di mia figlia di tre anni e mezzo mi avvio verso la metro per tornare a casa. Quando siamo all’interno della carrozza, l’annuncio che la corsa si fermerà alla fermata successiva. Nel frattempo, una pausa interminabile. Decido di uscire per chiedere informazioni alla biglietteria. Saliamo le scale. Il deserto. Non un impiegato, è tutto spento, tutto chiuso. Un ragazzo scavalca con spavalderia i tornelli in quella che sembra essere diventata una terra di nessuno. Frustrato, scendo nuovamente giù. La metro finalmente si muove e riusciamo ad arrivare al capolinea temporaneo. Usciti fuori, prevedibilmente, una folla in attesa delle navette sostitutive. Che però non sono così frequenti, come invece ci si aspetterebbe. Ma oggi è domenica, il personale probabilmente scarseggia…

Lunedì mattina. La notte ha piovuto. Ha piovuto parecchio. Arrivo alla stazione. Tutto chiuso. Aspetto le navette. Arrivano. Tre quarti d’ora per fare un paio di chilometri, sarei dovuto andare a piedi come hanno fatto in molti. Nel frattempo mi ascolto le invettive della ragazza che dice che “a Milano queste cose non succedono mai”, e che se non arriva in tempo deve sacrificare una giornata di ferie e tornarsene a casa. Una signora dell’Est si chiede stupita come sia possibile che ogni volta che piove più del solito tutto a Roma si blocchi, e ricorda divertita l’ultima volta che ha fatto dieci centimetri di neve e la città si è fermata. Certo, è facile criticare, penso. Ma si tratta anche di mettersi nelle condizioni di farsi criticare. Nei cinque anni che ho vissuto in Giappone ho assistito a scosse di terremoto, tifoni, ma la frase “Scusate per il ritardo, si è rotta la metro” non ho mai potuto usarla.

Arrivo alla metro. Passa dopo un bel po’ e, sorniona, arriva alla stazione dove devo scendere. Sono fortunato, una scala mobile su due funziona. Salgo le scale, preparandomi psicologicamente al rientro serale e sperando che il tempo sia clemente con le precipitazioni del pomeriggio.

Un romano


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