Magazine Diario personale

Quando la metro si blocca a Milano: nessuna pietà

Da Giulia Calli @30anni_Giulia

Questa mattina, durante l’attesa all’aeroporto El Prat del mio volo con destinazione Milano, scambio messaggi Whatsapp con le amiche che finalmente rivedrò dopo una primavera e un’estate di lontananza. Isolane adottate dalla capitale meneghina da ormai tanti anni, mi aggiornano sul trend topic dei milanesi in questo venerdì di fine settembre. Allerta metro, la linea verde bloccata per via di una donna che ha deciso lanciarsi sotto le rotaie del treno.

Uno di quegli eventi che a Milano – ricordo – si manifestavano piuttosto spesso, solitamente di lunedì, gettando nel panico gli astanti passeggeri accalcati sulla pensilina in attesa di zompare sul vagone diretti in ufficio. E no, quello che si diffondeva a macchia d’olio non era un panico dovuto alla brutta notizia di una persona che aveva deciso di farla finita in modo così plateale e brutale. Si trattava del panico da ritardo, il crescente fastidio per i dieci minuti di attesa in più, i piani che si scombinano, il pensiero della timbratrice in ufficio che sta già scattando sulle 9:00 e che stamattina ci vedrà arrivare alle 9:15. I commenti cattivi si sprecano.

L’AmicaE mi trascrive una conversazione che ha appena orecchiato fra due ragazze accanto a lei sulla pensilina della metro, fermata Romolo:

– “La metro è bloccata perché si è suicidato uno”
– “Ma che palle! Ma io dico, se ti devi suicidare fatti un’overdose di cocaina così non soffri e non rompi il c**o a nessuno!”.

Non le vedo ma le immagino come se fossero a fianco a me, vestite dei loro abiti da ufficio, borsa appesa al polso, piede scalpitante, occhi al cielo. Quante volte ho sentito conversazioni praticamente identiche, con la variante della proposta di suicidio alternativo (la gente ha molta fantasia in questo campo: preoccupante?).

Visto che di questo si parla, mi affaccio su Facebook per vedere che cosa dicono i contatti in diretta da Milano. Non devo aspettare molto, gli status si aggiornano in fretta: pare che una delle preoccupazioni imperanti sia come giustificare il ritardo nella timbratura del badge in entrata.

La timbratrice, questo spauracchio comune denominatore delle mattinate d’ufficio. Quella bocca magnetica che sta lì ad aspettare il tuo badge alle 9:00 in punto e non ammette ritardi, pena il dover recuperare i minuti a fine giornata. Siamo schiavi della timbratrice che scandisce le nostre ore vitali, incasellandoci in un regime di otto ore giornaliere che ci fa dimenticare di rivolgere un pensiero pietoso a un disperato che s’è buttato sotto al metro qualche fermata più indietro. Stiamo perdendo umanità nella fretta di arrivare puntuali e di non farci rivoluzionare i pensieri e gli impegni in agenda?

Folla Metro Milano

Restiamo umani, diceva Vittorio.

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