Quando accadono catastrofi come quella che ha colpito oggi il Giappone, non si può non rimanere basiti dinanzi alla tragicità delle vite spezzate da un momento all'altro, per quanto più o meno numerose possano essere; ma allo stesso tempo non ci si può esimere dal considerare che quelle morti non sono causate dall'arbitrarietà degli eventi naturali. O almeno non direttamente.
Nella stragrande maggioranza dei casi, le morti avvenute durante un terremoto sono dovute ai crolli e ai cedimenti delle costruzioni artificiali, pertanto solo indirettamente è responsabile la mano di madre natura mentre il primo colpevole della sua sorte, per quanto in buonafede, è l'uomo con il suo insediamento.
C'è di più: il fattore di imprevedibilità degli eventi sismici è realmente tale solo per metà: se da una parte è vero che il progresso tecnologico non ci permettere ancora oggi di conoscere per tempo quando avverranno tali fenomeni, dall'altra parte è altrettanto acclamato che gli studi scientifici ci permettono oggi di sapere zona per zona ed in modo dettagliato, seppur entro certi limiti, quali sono i territori a maggior rischio sismico.
E se pure non bastasse la ricerca sismografica, rimarrebbe pur sempre utile l'esperienza storica. In Giappone sono consapevoli della pericolosità della terra in cui vivono e delle acque su cui affacciano le loro città ma non si sottomettono allo spauracchio della natura matrigna e non si rassegnano all'imperscrutabilità degli eventi ambientali.
Il paragone con il Giappone sull'adeguatezza delle misure antisismiche nel territorio italiano fu sulla bocca di tutti l'indomani del 6 Aprile di due anni fa, giorno della tragedia dell'Aquila. Quella che ci ha svegliato stamane potrebbe essere la tristissima conferma dell'arretratezza del nostro Paese rispetto ad un altro che, esattamente come noi, è a forte rischio sismico ed è inserito tra gli otto Stati più sviluppati del pianeta.
La differenza di tre gradi fatta segnare sulla scala Richter dal terremoto che colpì la provincia aquilana (5,9) ed il cataclisma di oggi a Sendai (8,9), combinata al numero di vittime registrate (308 in Abruzzo, fortunatamente ancora sotto il centinaio tra le coste giapponesi sul Pacifico), rendono ancor più l'idea di quanti progressi.
La tristezza della catastrofe di oggi fa riaffiorare i brutti ricordi di due anni fa, lo sdegno per le risate di chi avrebbe approfittato di quello stato di emergenza nazionale e soprattutto lo sgomento per il pragmatismo da quattro soldi con il quale la nostra classe dirigente affronta la questione dell'adeguamento antisismico: intervenire dopo una tragedia in una zona circoscritta del Paese costa meno di una progetto di riqualificazione su tutto il territorio prima che il disastro avvenga. Semplicemente mostruoso.
Infine ci sarebbe da parlare dei rischi per le centrali nucleari in casi di eventi del genere, che il governo italiano sembra prendere del tutto alla leggera: ma questa è un'altra storia.
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