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Quando la voce crea sconcerto

Da Marcofre

Scrivere con voce umana (attenzione: la propria) è forse la sfida più complessa. Lo so, sembra un discorso bizzarro: come si fa a scrivere con voce umana?

Non è semplice infatti.

Prima di tutto, è necessario dimenticare tutto quello che ci è stato insegnato a scuola. Quello serviva a farci muovere con agio nel mondo. Raccontare storie è un’altra faccenda, che con gli agi di solito ha poco da spartire. E quello che abbiamo imparato è spesso più un fardello che qualcosa da cui attingere.

Sono più fortunati quanti non hanno imparato nulla a scuola, perché non amavano studiare. Questo permette loro di liberarsi del poco che possiedono, di solito nulla.

Gli altri, pieni di bei giudizi, e bei voti, col petto gonfio di orgoglio per i risultati ottenuti, con difficoltà accetteranno di gettare via quello che li ha resi così “unici”.

Bisogna amare la storia più di se stessi, ed essere pronti a denudarsi di quanto abbiamo.

Può sembrare poco credibile: eppure abbiamo timore di parlare con la nostra voce. Preferiamo usare quella prestataci dalla televisione, dalla scuola, rincorrere la moda o quello che piace al pubblico. Quello che siamo davvero preferiamo lasciarlo sottochiave, oppure dichiarare che non esiste.

Per questa ragione gli scrittori invitano a buttare giù senza preoccuparsi di quello che scriviamo, degli errori, delle ripetizioni. Almeno all’inizio. Se c’è un talento, e una voce, emerge.

Potrebbe essere sorprendente notare come quella voce muova la mano, e arrivi a scrivere cose bizzarre. È un buon segno. Da lì in avanti bisogna tenere duro, perché come ho già scritto in passato, il peggior nemico spesso si nasconde in noi. Potrebbero saltar fuori dubbi del tipo: “Ma che cosa penseranno essi se leggono che scrivo in questa maniera?”. Dove “essi” sono genitori, parenti, amici, vicini di casa.

Sarebbe un risultato notevole se pensassero, ma accade di rado. Inutile preoccuparsene quindi. E comunque non mancheranno di far notare che “Ma tu scrivi queste cose? E chi se l’aspettava! Eppure sembravi un tipo…”.

Lascia perdere. Sono chiacchiere che rischiano solo di allontanare l’attenzione dalla storia. Se questa ha valore, è di quello che devi parlare, e che devi pure difendere. Il resto è rumore di fondo. Non puoi impedire che ci sia, ma nemmeno gli puoi permettere di salire sul palco e occupare tutto lo spazio.

Tuttavia, se accade qualcosa del genere, se cioè la gente ti guarda con gli occhi che stanno per uscire dalle orbite perché “Non me l’aspettavo da te”, significa (forse) che hai scovato la tua voce.

Ho scritto “forse”. Inutile montarsi la testa. Le certezze sono sempre poche.


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