Datece le piotte, magnateve er pappone
Chiamare demagoghi quelli che affermano che i partiti rubano ci sembra demagogia. Chiamare populisti quelli che invitano i cittadini a svegliarsi ci sembra populista. Il confine fra il significato di due termini che oggi vanno per la maggiore ci sembra sottile come il filo della ragnatela, sottile e quasi invisibile. La politica di oggi ha la faccia di Roberto Formigoni, un tetragono politico “di razza” al quale anche il suo partito, il Pdl, ha chiesto di darsi una regolata. Formigoni è un populista vero, lo è nel dna di ciellino, nella fede incrollabile per il mercato, nella refrattarietà a ogni chiamata di correo. Lo è nell’immagine e nella sostanza perché, siccome è stato eletto dal popolo, pensa di poter fare quel che cazzo gli pare senza pagare pegno. I populisti e i demagoghi sono quelli che, come il governatore della Lombardia, si sentono investiti dal potere divino di compiere malefatte, sfregiando ogni possibile regola democratica, perché il popolo li ha eletti. I populisti e i demagoghi sono coloro che difendono a spada tratta mafiosi e collateralismi annessi, piccandosi di essere garantisti. E lo fanno fino al terzo grado di giudizio, perché prima che arrivi, hanno il tempo di cambiare le leggi in corsa e salvarsi la faccia. I demagoghi e i populisti sono coloro che, basandosi sui sondaggi, si accorgono che il 60 per cento di italiani sono favorevoli al loro governo e allora mazzate ai pensionati, agli operai, ai giovani speranzosi, alle colf e alle badanti, ai sagrestani e ai ragionieri di prima nomina perché di dare addosso alle banche e alle assicurazioni, alle grandi rendite e agli industriali che “diversificano” e “delocalizzano” non ci pensano proprio. I populisti e i demagoghi sono quelli che il 25 aprile, parlando a Via Tasso, ci dicono che da questa crisi si esce stando tutti uniti come se fosse un nuovo 25 aprile. E sublima il suo populismo affermando: “Non esistono scorciatoie o facili vie d’uscita per superare questa fase di crisi che è il frutto amaro di un lungo periodo in cui il sistema politico ci ha illuso di poter vivere al di sopra delle nostre possibilità”. Se non è populismo questo, secondo voi cos’è? Come si può definire altrimenti un discorso che suona come una condanna a morte definitiva di un certo modo di fare politica? E chi l’ha fatta questa politica da grande sogno americano se non i partiti? E allora perché affermare che i partiti ci hanno rotto i coglioni è populismo e criticare i tecnocrati demagogia? Che aria tira nei loro confronti, i partiti se ne sono accorti da tempo, come da tempo andiamo predicando su questo blog che sono iniziate le manovre per la grosse koalition made in Italy. PierfyCasini ha azzerato i vertici del suo partito, praticamente l’Udc non esiste più e verrà trasformato, dopo un necessario restilyng, in un “Tutti pazzi per l’Italia”. Il Pdl è una “bad company” liquida che andrà a sostituire quella gassosa che ha ridotto l’Italia a una discarica, vera e metaforica. Silvio, che ancora non ha capito una mazza di quello che sta succedendo, continua a puntare i piedi per le frequenze televisive e il reato di corruzione come se a Palazzo Chigi ci fosse ancora lui mentre il Pd, come sempre, sta aspettando che Luc Corderò de Montezemolo gli dica di sì insieme al gruppo del think tank, il serbatoio di pensiero, di Futuro e Libertà. Ancora, demagogia e populismo sono le armi di chi predica contro la demagogia e il populismo perché, conoscendoli benissimo, sanno come portarli avanti spacciandoli per una cosa diversa, un nuovo modo di fare politica. Così, se uno fa una campagna elettorale predicando il nuovo, poi la concretizza non nelle assemblee e nei pubblici dibattiti dove proporre idee, ma girando casa per casa come i cari, vecchi Testimoni diGeova che da una vita provano a farci credere che Dio esiste non ottenendo mai nessun risultato. E questo avviene anche nei paesi più sperduti della cara Italia un po’ virtuosa e un po’ mignotta, perché anni di berlusconismo hanno limato intelligenze e spappolato cervelli per cui, a molti italiani, già attivare sinapsi è una fatica enorme, attivarle per comprendere che così non si va avanti è un’impresa improba. Quelli che abbiamo di fronte sono i partiti di sempre che tentano di darsi una mano di vernice per apparire nuovi, quando l’intonaco è pieno di crepe e le fondamenta rischiano di crollare da un momento all’altro. Se sparare contro i “destri” e i tecnocrati è demagogia, se credere nell’intelligenza di cittadini che spazzano via il marciume per dare vita a una nuova democrazia rispettosa dei diritti e dei doveri e ligia alle regole è populismo ebbene, cari amici, noi siamo demagoghi e populisti. Ma quando il Professore metterà mano ai vostri conti correnti e vi farà pagare a caro prezzo una gita in automobile, non incazzatevi con noi, perché noi l’avevamo detto.Magazine Politica Italia
Quando tecnocrazia fa rima con democrazia. “Italiani avete vissuto al di sopra delle vostre possibilità. Magnateve er pappone".
Creato il 26 aprile 2012 da Massimoconsorti @massimoconsortiPossono interessarti anche questi articoli :
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