I veri viaggiatori dicono sempre "andiamo", e non sanno perché. Forse Baudelaire aveva ragione, oppure è solo il fascino della sua espressione poetica, a convincerci.Io non viaggio, non giro il mondo e non pianifico il viaggio successivo al mio rientro.Tutt'altro. C'è chi parla di "tristezza del ritorno", di "blues del viaggiatore", una metafora azzeccata - dicono - ma io l'ho scoperta per caso questa mattina, sguazzando in rete. Un post curioso, scritto da una travel blogger, nel quale si fa una stima della tristezza del ritorno in base alla durata del viaggio. Eppure io quando torno sto bene.Vero è che l'idea del viaggio è molto cambiata, rispetto a ieri. A quando c'era l'euforia condivisa con gli amici, tutti ingenui e carichi, attirati come calamite dall'avventura, dalla possibilità di innamorarsi e poi soffrire, per quell'amore destinato a finire, a diventare il ricordo di un'estate.Tornando a Baudelaire, io lo sapevo perché, quando a sedici anni dicevo "andiamo!".Era un perché distante anni luce da quello di oggi. Era il perché di chi non aveva paura e nemmeno pretese. Mica come oggi, che prima di partire passiamo mesi su trippadvaisor e contiamo le stellette, facciamo la media... L'euforia dell'andata non è mai tanto diversa dallo stato d'animo del ritorno. Non saprei come definirlo, forse un'euforia letta al contrario, che non diventa tristezza e non ti deprime. Mi basta guardare le finestre e contare le luci accese, provarci, e capire che quegli sguardi sono obbligati, di passaggio. Che la luce che arriva da quelle case piccole e tutte uguali, è una luce straniera. Ma di lei conservo sempre un bel ricordo. Dal finestrino si dipanano storie, dal vetro scivolano i pensieri legati al viaggio, quasi finito, e già nelle grinfie di un tempo imperfetto.Ma non ha il sapore della tristezza, non sento quel "blues"...Quando torno da un viaggio torno soprattutto in "me".Le abitudini che prima di partire maledicevi, la casa, il lavoro, tornano a dire chi sei davvero. A parlare per te, a ricordarti che in fondo la te del ritorno non ti dispiace affatto. Ed è vero.Mi piace tornare perché mi manca sedermi sullo sgabello in cucina, e scrivere. Scrivere la mattina presto, mentre tutti dormono. Mi manca il carrello giallo dell'Iper Dem, il sorriso del tizio che mi chiama "Dottoressa" e mi sorride, e non mi ha mai venduto un calzino - non ancora...Mi manca sentirmi stanca di tutto, il traffico sulla Pontina, io che puntualmente in macchina grido al mondo: "ma dove cazzo andate tutti a quest'ora?".Prima di partire vorrei che tutto il mondo sparisse, e mi basta tornare per capire che non è affatto così, perché senza quel mondo io non potrei stare. L'andata è piena di euforia, di quelle che ti bagnano di sale e sole al solo pensiero. Ma il ritorno parla sempre di te.
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