Magazine Diario personale

Quando una donna viaggia da sola se la cerca

Da Giulia Calli @30anni_Giulia

La giornata di oggi inizia amara, con la lettura di una notizia su El País che mi ha turbato molto: due turiste argentine, in viaggio zaino in spalla in Ecuador, sono state assassinate da due uomini che hanno confessato di averlo fatto in seguito alla ribellione delle due a una violenza sessuale. È un evento di cronaca crudele, uno dei tanti casi di violenza contro le donne che rimbalzano da un media all'altro e puntualmente sollevano il problema della disparità di genere. Come spesso succede però, la violenza contro due donne è stata anche stavolta comunicata come qualcosa che "si poteva evitare". E non tanto per la brutalità dei fatti e il sopruso che i due assassini hanno compiuto sulle ragazze, ma perché loro si sono messe nei guai. Le autorità che indagano sul caso hanno infatti semplicemente accettato la versione dei due assassini: le ragazze erano state derubate e avevano bisogno di aiuto, si sarebbero avvicinate ai due in un bar e poi si sarebbero spostate a casa loro, dove sono state uccise. Le famiglie invece chiedono di andare più a fondo, perché pare che dietro i due assassini ci sia invece un'organizzazione di tratta delle donne.
Il disgusto ovvio di fronte alla vicenda si fa però ancora più insopportabile per il modo in cui è stato ripetutamente evidenziato che le due vittime fossero " due che viaggiavano da sole", lasciando sottintendere che in qualche modo sono state loro a cercarsi un problema.
Gli uomini, chissà perché, in queste situazioni vengono direttamente etichettati come orchi cattivi, che attendono al varco "donne che se la cercano". Uomini colpevoli, ma comunque messi nella situazione di compiere reato, perché qualche donna ingenuamente glielo ha permesso.

Quando una donna viaggia da sola se la cerca

È stata pubblicata su Facebook una lettera dura e veritiera, scritta da una ragazza rimasta altrettanta colpita dall'evento e schifata dal modo in cui questo è stato raccontato. È stata scritta in prima persona, come se fossero le vittime a parlare.
Qui la versione originale, ma ho deciso di tradurla e pubblicarla, perché mi sento tirata in causa sia in quanto donna che in quanto donna che viaggia da sola e che ha fatto delle scelte di vita indipendente. Dovremmo sentirci tirati tutti in causa, sempre, per la verità.

Ieri mi hanno uccisa.

Mi sono rifiutata di essere toccata e mi hanno spaccato la testa con un palo. Mi hanno accoltellato e lasciato che morissi dissanguata.

Come se fossi un rifiuto mi hanno infilato in un sacco nero e gettata nella spiaggia, dove mi hanno incontrato qualche ora più tardi.

Me peggio della morte, è stata l'umiliazione che è arrivata in seguito.
Nel momento in cui hanno trovato il mio corpo inerme nessuno si è chiesto subito dove stava il bastardo che ha messo fine ai miei sogni, alle mie speranza, alla mia vita.
No, hanno preferito iniziare facendomi domande inutili. A me. Ve lo immaginate? Una ragazza morta, che non può parlare ne difendersi.

Che cosa indossavi?

Perché eri in giro da sola?

Com'è che una ragazza viaggia da sola, senza compagnia?

Ti sei ficcata in un quartiere pericoloso, cosa ti aspettavi?

Hanno messo in discussione l'educazione dei miei genitori, che mi hanno lasciato ali per volare, essere indipendente, come qualsiasi essere umano. Hanno detto loro che sicuramente eravamo drogate e ce la siamo cercate, che sicuramente qualcosa abbiamo dovuto fare per provocarli, che sicuramente ci stavano osservando.

E solo da morta ho capito che no, per il mondo intero io non sono uguale a un uomo. Che morire è stata colpa mia e così sarà sempre. Che se i titoli del giornale avessero annunciato che erano morti due giovani ragazzi viaggiatori, la gente si sarebbe profusa in messaggi di cordoglio e nel falso e ipocrita discorso dalla doppia morale secondo cui agli assassini dovrebbero spettare pene più dure.

Però siccome si tratta di una donna, si minimizza. Il fatto diventa in qualche modo meno grave perché chiaro, me la sono cercata. Facendo quello che desideravo ho trovato quello che meritavo per non essere una sottomessa, una che se ne sta a casa, una che investe i suoi risparmi in un sogno. Per questo e per molto ancora, mi hanno condannato.

E me ne dispiaccio, perché io non ci sono più. Ma tu sì, ci sei. E sei una donna. E devi sopportare che ti ripetano il solito discorso del "fatti rispettare", il discorso per cui sei tu che hai la colpa quando ti gridano per strada che ti vogliono toccare i genitali solo perché stai indossando un paio di short e ci sono 40º, quello per cui se viaggi da sola sei una pazza, e se ti succede qualcosa, se calpestano i tuoi diritti, sicuramente sei tu che te la sei cercata.

Ti chiedo a nome mio e a nome di tutte le donne a cui è stata chiusa la bocca, che sono state messe a tacere, a cui hanno distrutto la vita e i sogni, a te, chiedo di alzare la voce. Lottiamo, io a fianco a te come spirito, e ti prometto che un giorno saremo tantissime, che non ci saranno sacchi neri a sufficienza per metterci tutte a tacere.

La giornata di oggi inizia amara, con la lettura di una notizia su El País che mi ha turbato molto: due turiste argentine, in viaggio zaino in spalla in Ecuador, sono state assassinate da due uomini che hanno confessato di averlo fatto in seguito alla ribellione delle due a una violenza sessuale. È un evento di cronaca crudele, uno dei tanti casi di violenza contro le donne che rimbalzano da un media all'altro e puntualmente sollevano il problema della disparità di genere. Come spesso succede però, la violenza contro due donne è stata anche stavolta comunicata come qualcosa che "si poteva evitare". E non tanto per la brutalità dei fatti e il sopruso che i due assassini hanno compiuto sulle ragazze, ma perché loro si sono messe nei guai. Le autorità che indagano sul caso hanno infatti semplicemente accettato la versione dei due assassini: le ragazze erano state derubate e avevano bisogno di aiuto, si sarebbero avvicinate ai due in un bar e poi si sarebbero spostate a casa loro, dove sono state uccise. Le famiglie invece chiedono di andare più a fondo, perché pare che dietro i due assassini ci sia invece un'organizzazione di tratta delle donne.
Il disgusto ovvio di fronte alla vicenda si fa però ancora più insopportabile per il modo in cui è stato ripetutamente evidenziato che le due vittime fossero " due che viaggiavano da sole", lasciando sottintendere che in qualche modo sono state loro a cercarsi un problema.
Gli uomini, chissà perché, in queste situazioni vengono direttamente etichettati come orchi cattivi, che attendono al varco "donne che se la cercano". Uomini colpevoli, ma comunque messi nella situazione di compiere reato, perché qualche donna ingenuamente glielo ha permesso.

Quando una donna viaggia da sola se la cerca

È stata pubblicata su Facebook una lettera dura e veritiera, scritta da una ragazza rimasta altrettanta colpita dall'evento e schifata dal modo in cui questo è stato raccontato. È stata scritta in prima persona, come se fossero le vittime a parlare.
Qui la versione originale, ma ho deciso di tradurla e pubblicarla, perché mi sento tirata in causa sia in quanto donna che in quanto donna che viaggia da sola e che ha fatto delle scelte di vita indipendente. Dovremmo sentirci tirati tutti in causa, sempre, per la verità.

Ieri mi hanno uccisa.

Mi sono rifiutata di essere toccata e mi hanno spaccato la testa con un palo. Mi hanno accoltellato e lasciato che morissi dissanguata.

Come se fossi un rifiuto mi hanno infilato in un sacco nero e gettata nella spiaggia, dove mi hanno incontrato qualche ora più tardi.

Me peggio della morte, è stata l'umiliazione che è arrivata in seguito.
Nel momento in cui hanno trovato il mio corpo inerme nessuno si è chiesto subito dove stava il bastardo che ha messo fine ai miei sogni, alle mie speranza, alla mia vita.
No, hanno preferito iniziare facendomi domande inutili. A me. Ve lo immaginate? Una ragazza morta, che non può parlare ne difendersi.

Che cosa indossavi?

Perché eri in giro da sola?

Com'è che una ragazza viaggia da sola, senza compagnia?

Ti sei ficcata in un quartiere pericoloso, cosa ti aspettavi?

Hanno messo in discussione l'educazione dei miei genitori, che mi hanno lasciato ali per volare, essere indipendente, come qualsiasi essere umano. Hanno detto loro che sicuramente eravamo drogate e ce la siamo cercate, che sicuramente qualcosa abbiamo dovuto fare per provocarli, che sicuramente ci stavano osservando.

E solo da morta ho capito che no, per il mondo intero io non sono uguale a un uomo. Che morire è stata colpa mia e così sarà sempre. Che se i titoli del giornale avessero annunciato che erano morti due giovani ragazzi viaggiatori, la gente si sarebbe profusa in messaggi di cordoglio e nel falso e ipocrita discorso dalla doppia morale secondo cui agli assassini dovrebbero spettare pene più dure.

Però siccome si tratta di una donna, si minimizza. Il fatto diventa in qualche modo meno grave perché chiaro, me la sono cercata. Facendo quello che desideravo ho trovato quello che meritavo per non essere una sottomessa, una che se ne sta a casa, una che investe i suoi risparmi in un sogno. Per questo e per molto ancora, mi hanno condannato.

E me ne dispiaccio, perché io non ci sono più. Ma tu sì, ci sei. E sei una donna. E devi sopportare che ti ripetano il solito discorso del "fatti rispettare", il discorso per cui sei tu che hai la colpa quando ti gridano per strada che ti vogliono toccare i genitali solo perché stai indossando un paio di short e ci sono 40º, quello per cui se viaggi da sola sei una pazza, e se ti succede qualcosa, se calpestano i tuoi diritti, sicuramente sei tu che te la sei cercata.

Ti chiedo a nome mio e a nome di tutte le donne a cui è stata chiusa la bocca, che sono state messe a tacere, a cui hanno distrutto la vita e i sogni, a te, chiedo di alzare la voce. Lottiamo, io a fianco a te come spirito, e ti prometto che un giorno saremo tantissime, che non ci saranno sacchi neri a sufficienza per metterci tutte a tacere.

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Giulia. Trent'anni e qualcosa, dopo una separazione e molti traslochi, ora vivo in una scatola di fiammiferi di fronte al mare di Barcellona (♥). Ogni tanto riempio uno zaino e vado a esplorare il mondo. Se sono ben accompagnata ne sono felice, altrimenti cammino benissimo da sola. Per avere più dettagli clicca qui.

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