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Il 14 dicembre è stata un’importantissima giornata di lotta: decine di migliaia di manifestanti hanno gridato il loro dissenso e sono scesi in piazza forti di avere un obiettivo, uno scopo. Se l’allestimento di una ‘zona rossa’ da parte degli organi di potere lascia da una parte ancora meno spazio alla scelta del terreno di scontro, dall’altra per il movimento è anche fonte di forza: l’immagine del nemico diventa tangibile e con esso anche la sua zona vitale.
L’operazione di distorsione dei media è stata mirata: chi, come Repubblica, inculcando l’idea che ogni violenza di piazza sia violenza infiltrata, chi, come le maggiori testate di destra, confondendo il vandalismo con il dissenso. Hanno infatti cercato di deviare ogni analisi politica obiettiva del corteo. Gli aspetti fondamentali, quindi, non sono stati affrontati. Ad esempio i numeri: è stata una tappa partecipatissima; e in questo caso non era possibile distinguere manifestanti ‘buoni’ e ‘cattivi, perché l’obiettivo della mobilitazione era chiaro fin dall’inizio, proprio per questo la testa del corteo che si è andata a scontrare contro le forze dell’ordine era tutt’altro che una sua esigua parte. Ma forse il dato più importante è che questa parte non è stata mai abbandonata dalla ‘coda’: carica dopo carica, le decine di migliaia di persone senza caschi o pietre, hanno continuato a seguire la testa nei suoi movimenti, assottigliando i margini d’intervento delle forze dell’ordine, questo grazie anche all’organizzazione (nella maggioranza dei casi spontanea) di cordoni che sono riusciti a moderare il panico e a permettere molte volte un’arretrata, evitando una fuga dominata dal panico.
Un bilancio quindi molto sopra la media di questi tempi, un risultato che dobbiamo sostenere e difendere contro le calunnie e le diffamazioni provenienti sia da destra che da sinistra. A maggior ragione, contro quelle provenienti da sinistra.
A poco più di una settimana di distanza dalla grande prova di piazza del 14, eccoci ritornati ai fischietti e ai tamburelli, ai pagliacci e alle musichette tipiche di un movimento che non vuole arrivare da nessuna parte: insomma, un passo indietro verso i cortei ‘di democrazia e pace’.
Oggi, nelle maggiori città italiane, a nostro avviso è iniziato un "ritorno al passato", per codardia, incapacità, mancanza di decisione o pressioni politiche, che non abbiamo paura di denunciare. Unica nota positiva, a Torino, è stata l’immaginario patriottico e garibaldino, portato in piazza finalmente senza paura accanto al tricolore!
E, come Garibaldi e il tricolore, il "14 dicembre" non deve essere dimenticato. La piazza ha mostrato ancora una volta la sua forza esplosiva; certo: molti sono i problemi da risolvere (soprattutto a livello tattico), ma quale metodo migliore se non la pratica?
Nonostante il corteo del 14 sia stato, senza ombra di dubbio, il più forte segno di protesta degli studenti negli ultimi anni, va a nostro avviso ricordato che con una sola manifestazione non si vince una battaglia, ma che la lotta va portata avanti, con gli stessi metodi che si sono dimostrati la scorsa settimana a Roma, finchè non si avrà la certezza che questa riforma verrà abbandonata.
Ormai la strada è aperta! Il vento che arriva dalla Grecia e dall’Inghilterra ha superato le Alpi, e non possono più essere ignorate le sue pratiche!
"Per tutto quanto ci concerne, che si tratti di un individuo, di un partito, di un esercito o di una scuola, ritengo che la mancanza di attacchi contro di noi sia un male, poiché ciò significa necessariamente che noi stiamo facendo causa comune col nemico. Se veniamo attaccati dal nemico, è un bene, poiché ciò dimostra che abbiamo tracciato una linea di demarcazione molto precisa tra noi e il nemico. E se quest'ultimo ci attacca con violenza, dipingendoci a fosche tinte e denigrando tutto ciò che noi facciamo, è meglio ancora, poiché ciò dimostra non soltanto che noi abbiamo tracciato una linea di demarcazione molto precisa tra noi e il nemico, ma anche che abbiamo conseguito un notevole successo nel nostro lavoro."
Mao Tse Tung
Salza Guido, Civiero Gabriele, Lingera Carlo
Giovani Comunisti Torino 2.0
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