Ecco la stima dei costi annui della chiesa: 6 miliardi e 86 milioni di euro. Segue anche una tabella riepilogativa con le singole voci. Quelle più consistenti sono
- 8 per mille: 1,067 miliardi
- esenzione Ici: 500 milioni
- esenzione Iva, Irap, Ires: 350 milioni
- insegnamento religione scuole: 1,5 miliardi
- contributi statali scuole e università cattoliche: 314 milioni
- contributi amministrazioni locali a scuole cattoliche: 400 milioni
- contributi regionali: 242 milioni
parte dall'assunto che le religioni (tutte) le dovrebbe sostenere chi le professa. Ciò non accade, quantomeno in Italia, grazie a un numero considerevole di leggi e normative emanate in favore delle comunità di fede.Questo è sostanzialmente vero e corretto. A parte le considerazioni sul ruolo del cattolicesimo sulla formazione della cultura e delle società occidentali, fatte soprattutto da chi professa la fede, questione sulla quale non entrerò e a parte l'altro aspetto, diremo psicologico, della fede e del suo contributo alla concordia e solidarietà sociale, vi è una banale osservazione da fare. Questa osservazione non serve a giustificare il contributo pubblico alla chiesa ma per fare un ragionamento in ottica utilitaristica (nel suo significato economico). La chiesa non è un'associazione benefica no-profit ma è una confessione religiosa, il che significa che buona parte di chi vi aderisce e la professa è mosso da forti motivazioni spirituali, da un'esigenza di questa cosa impalpabile che dovrebbe essere l'animo umano, e quindi tutto quello che fanno preti e volontari dovrebbe essere un moto di quest'anima e non un modo per guadagnarsi da vivere. Detto questo, appare anche ragionevole ipotizzare che quantunque il moto sia ideale e forte, se non è sostenuto dalla sostanza più di tanto non può fare. Dunque, quello che mi domando è questo: in assenza di un contributo pubblico, e quindi venendo meno probabilmente parte del contributo solidale e caritatevole della chiesa, i benefici per chi questi aiuti riceve diminuirebbero o rimarrebbero uguali? Perchè la sostanza è quella: lo Stato è in grado, a parità di costo, di occupare il posto lasciato vuoto dall'azione solidale e caritatevole della chiesa?E' chiaro che i contributi pubblici alla chiesa coprono ogni attività: dai luoghi di culto alla Caritas, per dire. Cosicché, se molti di noi non avrebbero particolari problemi riguardo l'assenza di luoghi di culto, forse potrebbero risentire maggiormente (almeno dal punto di vista umano) dell'assenza dell'azione caritatevole della chiesa, la quale è innegabile che ci sia.Oltre a tutte le questioni, diremo così, politiche del rapporto Stato-chiesa vi è da considerare questo ruolo del cattolicesimo nell'aiutare gli altri, che è quello che mi interessa maggiormente. Se lo stesso servizio può essere efficacemente coperto dal servizio pubblico con costo pari o inferiore, allora potrebbero cadere le esigenze di finanziamento di un organismo privato che le compia. Ma se il costo e la qualità del servizio svolto dallo Stato dovessero essere, rispettivamente, superiore e peggiore, e sempre che si abbia a cuore questa cosa effimera chiamata solidarietà, allora ci sarebbe da riflettere.Il che, in conclusione, non significa che non si possa trattare su 8 per mille o esenzioni o qualsiasi altra cosa, soprattutto quando è periodo di crisi, ma semplicemente che bisogna conoscere tutti i dati e considerare le cose da diversi punti di vista.