Diciamocelo pure: non c'era bisogno di un professore, per capire che la tassazione sul lavoro in Italia è troppo alta! Però, se anche un professore se ne accorge e se, per caso, questo professore fa parte del Governo, magari si può sperare che accada qualcosa. Parliamo, naturalmente, del fatto che Elsa Fornero abbia ammesso che le tasse sul lavoro sono troppo alte. E che un domani, in Consiglio dei ministri, chiederà che vengano abbassate (a parità di gettito, quindi da qualche altra parte bisogna andare a recuperare). Ma quante sono, queste tasse sul lavoro? Dipende, naturalmente, dal tipo di contratto che si ha e dal tipo di collaborazione o di attività che si svolgono. Ma bisogna avere ben chiaro il fatto che c'è una differenza sostanziale e sostanziosa fra il compenso netto e il compenso lordo. E dunque, in fase di contrattazione, sarebbe utile ricordarvi di specificare la parolina magica, di chiedere, cioè, se si stia parlando di netto o di lordo. Che in Italia il lordo e il netto differiscano molto, e che il nostro paese sia in testa, in Europa, per la pressione fiscale sul lavoro è confermato anche dai dati statistici forniti qualche tempo fa dall'Eurostat. Nel 2010, contro una media europea del 34%, le tasse hanno pesato sul costo del lavoro per il 42,3%, in Italia. E oggi le cose non vanno affatto meglio. Prendiamo, per esempio, un lavoratore autonomo che sia iscritto alla gestione separata dell'Inps. Un reddito lordo annuo di 30mila euro di un lavoratore dipendente che risiede in Toscana, per la precisione a Livorno (l'essere così precisi diventa necessario perché sul conto incidono anche le addizionali, di matrice regionale e comunale) subisce una tassazione reale del 29,96%. Quindi, il reddito disponibile per il dipendente, il reddito netto, è di 21.012 euro. Sul conto pesano l'Irpef (nel caso in considerazione, 5.787 euro), le addizionali (445 euro circa), l'Inps (2.757 euro). Il lavoratore autonomo che ha una situazione di partenza analoga a quella del dipendente (lordo e residenza), invece, ha una pressione fiscale clamorosa, che arriva addirittura al 59%. Quindi, un lavoratore autonomo iscritto alla gestione separata dell'Inps che ha un reddito lordo di 30mila euro, avrà un reddito netto disponibile di appena 12.218 euro: sul suo conto pesa, oltre all'Irpef, alle addizionali, all'Inps, anche l'IRAP. Forse, allora, il problema non riguarda solamente le buste paga, ma la tassazione sul lavoro in generale. E forse, visto che i dati sono noti da anni (le statistiche Eurostat che ci davano al primo posto nella speciale e poco gradevole classifica del paese europeo che tassa di più il lavoro), chi dice che il governo se n'è accorto tardi non ha tutti i torti!
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Diciamocelo pure: non c'era bisogno di un professore, per capire che la tassazione sul lavoro in Italia è troppo alta! Però, se anche un professore se ne accorge e se, per caso, questo professore fa parte del Governo, magari si può sperare che accada qualcosa. Parliamo, naturalmente, del fatto che Elsa Fornero abbia ammesso che le tasse sul lavoro sono troppo alte. E che un domani, in Consiglio dei ministri, chiederà che vengano abbassate (a parità di gettito, quindi da qualche altra parte bisogna andare a recuperare). Ma quante sono, queste tasse sul lavoro? Dipende, naturalmente, dal tipo di contratto che si ha e dal tipo di collaborazione o di attività che si svolgono. Ma bisogna avere ben chiaro il fatto che c'è una differenza sostanziale e sostanziosa fra il compenso netto e il compenso lordo. E dunque, in fase di contrattazione, sarebbe utile ricordarvi di specificare la parolina magica, di chiedere, cioè, se si stia parlando di netto o di lordo. Che in Italia il lordo e il netto differiscano molto, e che il nostro paese sia in testa, in Europa, per la pressione fiscale sul lavoro è confermato anche dai dati statistici forniti qualche tempo fa dall'Eurostat. Nel 2010, contro una media europea del 34%, le tasse hanno pesato sul costo del lavoro per il 42,3%, in Italia. E oggi le cose non vanno affatto meglio. Prendiamo, per esempio, un lavoratore autonomo che sia iscritto alla gestione separata dell'Inps. Un reddito lordo annuo di 30mila euro di un lavoratore dipendente che risiede in Toscana, per la precisione a Livorno (l'essere così precisi diventa necessario perché sul conto incidono anche le addizionali, di matrice regionale e comunale) subisce una tassazione reale del 29,96%. Quindi, il reddito disponibile per il dipendente, il reddito netto, è di 21.012 euro. Sul conto pesano l'Irpef (nel caso in considerazione, 5.787 euro), le addizionali (445 euro circa), l'Inps (2.757 euro). Il lavoratore autonomo che ha una situazione di partenza analoga a quella del dipendente (lordo e residenza), invece, ha una pressione fiscale clamorosa, che arriva addirittura al 59%. Quindi, un lavoratore autonomo iscritto alla gestione separata dell'Inps che ha un reddito lordo di 30mila euro, avrà un reddito netto disponibile di appena 12.218 euro: sul suo conto pesa, oltre all'Irpef, alle addizionali, all'Inps, anche l'IRAP. Forse, allora, il problema non riguarda solamente le buste paga, ma la tassazione sul lavoro in generale. E forse, visto che i dati sono noti da anni (le statistiche Eurostat che ci davano al primo posto nella speciale e poco gradevole classifica del paese europeo che tassa di più il lavoro), chi dice che il governo se n'è accorto tardi non ha tutti i torti!
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