Magazine Diario personale

Quanto è difficile lasciare

Da Giulia Calli @30anni_Giulia

È da tempo che ci condividete parte della vostra vita.

Probabilmente è il vostro primo pensiero al mattino, magari l’ultimo quando andate a dormire.

Quando avete iniziato, le giornate sembravano impregnate di una nuova vitalità, c’era la voglia di mettersi in gioco e dare il meglio di voi stessi, un entusiasmo contagioso e molti sogni da condividere, per non parlare del senso di realizzazione che provavate al pensiero di aver trovato il vostro posto nel mondo. Un po’ di equilibrio, finalmente. Un’aria leggera, carica di progetti da iniziare, siete addirittura arrivati a pensare di poter migliorare il mondo, insieme, chissà in che modo poi. Ma volevate crogiolarvi nell’utopia, e le eventuali difficoltà sembravano superabili. Volevate imparare dagli errori passati, farvi avvolgere da queste emozioni positive pur senza andare troppo veloce.

La priorità è stare bene insieme, ma mantenendo gli occhi aperti – così pensavate di difendervi e salvaguardare la giusta dose di razionalità.

Già altre volte vi eravate lanciati anima e cuore in un idillio in cui potevate essere solo voi, le persone giuste al momento giusto, a creare quell’unione invincibile. Eppure dopo qualche tempo di rodaggio in cui tutto sembrava oliato quasi alla perfezione, qualcosa iniziava a scricchiolare e dovevate amaramente constatare di aver calcolato male le distanze, di aver dato troppo o di averci creduto ciecamente senza notare cosa accadeva dietro le quinte.

Questa volta non sarà così! – avevate iniziato cauti, fermi nei vostri propositi di indipendenza, ma con la volontà di lasciarvi andare lì dove fa bene, puntando su quello che darà un senso alle vostre giornate.

Invece i giorni hanno comunque iniziato a terminare con una certa nausea, la testa confusa, l’allegria spenta all’improvviso da pensieri fugaci che rabbuiano, un doloretto cronico alla bocca dello stomaco e il collo che ogni tanto si blocca. Ognuno patisce i sintomi che il suo corpo decide di creare, visto che la mente non è subito pronta a recepire. È il peso sul cuore che disturba, e sulle prime non è facile identificarne il perché.

Sono io che non vado bene? Cosa sto facendo di sbagliato? Perché tutto quello che mi dava sicurezza e serenità fino a poco tempo fa ora inizia a essermi di ostacolo? E se fosse lui il problema? E se fossimo noi?

Quando la risposta a quest’ultima domanda inizia a presentarsi con più frequenza, gli scenari iniziano a cambiare. L’idea di poter andare avanti da soli diventa un tarlo che scava nella corteccia cerebrale: nonostante i bei momenti o la sensazione di sicurezza o l’entusiasmo o l’affetto per chi vi ha accompagnato fino a qui, si materializza con più chiarezza la necessità di dover andare.

Ma quanto è difficile lasciare?

Quanto è difficile sedersi di fronte a quella persona e spiegare ciò che non va più? Magari non ci sono nemmeno stati litigi eclatanti, o momenti di grave rottura che possano giustificare la vostra scelta. Come far capire all’altro che si è giunti al capolinea, che le strade si dividono, che nonostante i tentativi di cercare un punto di incontro, non si trovano più argomenti che possano ravvivare il rapporto? Immagino che ognuno trovi il suo modo, e in questo senso di storie se ne sentono tante.

C’è chi cerca una scusa grossa, chi si costruisce una bugia, chi dice troppa verità pur di essere sincero fino alla fine, chi crea lo scandalo per avere un motivo per sbattere la porta o chi fa di tutto per farsi lasciare. A volte, raramente, si giunge a un mutuo accordo.

Che si tratti di un amore, di un lavoro o di un’amicizia, come lasciate (o avete lasciato) voi?

Inizio io: ieri ho lasciato un lavoro sicuro e ben pagato. L’ho fatto dicendo la verità e attirandomi così la curiosità di chi non concepisce che, quando non si è più felici del proprio status quo, decidere di cambiarlo è la cosa più naturale e liberatoria.

Ora mi piacerebbe sentire le vostre storie.

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