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Da Genova, da Terni, da Milano, da Roma. Dalle periferie del paese che Renzi forse nemmeno conosce. C'è un elicottero che questa mattina sorvola i cieli di Milano. E' per le operazioni di sgombero di due centro sociali in quartiere Corvetto. Un blitz nato dall'inchiesta sull'area antagonista, che si oppone al piano sgomberi delle case occupate, deciso dalla prefettura. Ieri al Giambellino c'è stato un primo assaggio di quello che ci aspetta: negli scontri con gli occupanti anche diversi poliziotti sono rimasti feriti. E il sangue aveva lo stesso colore rosso. Non voglio né colpevolizzare le azioni delle forze dell'ordine né giustificate chi occupa. Ma questa linea dura, che periodicamente viene messa in atto dallo stato per tamponare le situazioni sfuggite di mano, non mi piace. Tra gli occupanti ci sono italiani che la casa non se la possono permettere. E se anche non sono italiani, sono comunque cittadini. Anni di politiche sociali (i servizi nei quartieri, le case popolari, la presenza dello Stato) assenti producono proprio questo. Che tra le pieghe dei bisogni della gente si insinuino forze fuori dallo Stato e dalle leggi per offrire i loro servizi. I racket degli alloggi, le mafie, quelli che per qualche centinaia di euro di aprono le case sfitte che rimangono chiuse. C'è una rabbia in circolazione, che non può essere lasciata libera così, di sfogarsi in modo anarchico. Non tutte le occupazioni sono uguali. Come non tutti gli immigrati vengono per delinquere. Questa è la rabbia di Milano, dove la gente è scacciata verso le periferie, dove si sta mettendo una bella cornice per Expo, facendo finta di dimenticarsi delle inchieste sulla corruzione, sul tempo perso (quando si pensava alle poltrone), sulle vie d'acqua, sull'albero della vita. Delle alluvioni dei giorni passati quando Seveso e Lambro sono esondati. Ma questa è la rabbia anche dei cittadini di Carrara, che hanno assediato il municipio del sindaco. È la rabbia dei romani (che vanno oltre l'antipolitica del m5s), anche loro scacciati verso le periferie, sempre più brutte, dove lo stato si presenta solo a favore di telecamere per fare la passerella. Gazebo, domenica sera, mostrava un servizio dal quartiere di Tor Sapienza: peccato che era girato un mese fa e la gente raccontava, con toni già accesi, le stesse cose che dice oggi. Sentirsi abbandonati. È una rabbia che mette tutto assieme in un unico calderone: perché te la prendi col nemico che viene a rubarti quel poco che ti rimane in mano. Che è poco e dunque te lo devi difendere con tutta la cattiveria e la disperazione che hai. Te la prendi con lo zingaro che ruba, con l'immigrato che non fa niente, con quelli che chiedono l'elemosina, con i trans .. E non importa se i trans c'erano anche prima perché hanno un mercato di italiani-brava-gente che li cercano. Non importa che i minori che scappano dalle guerre dobbiamo accoglierli perché l'Europa lo chiede. E ci mette anche dei soldi. Non importa che gli immigrati non rubano lavoro a noi italiani e che anzi vengono spesso sfruttati. Una guerra tra poveri. Chi lo spiega a questa gente arrabbiata che se lo stato non ha soldi per i lampioni, per le volanti, per sistemare le case è anche per colpa dei vitalizi e delle spese pazze nelle regioni. Delle spese per gli stipendi dei manager piazzati sulle poltrone delle partecipate pubbliche. Che è colpa di quanti spostano la facciata delle aziende in Lussemburgo per pagare meno tasse. Tutto lecito, per carità. Che è colpa di quanti hanno frodato ilfisco rubando anche a te, e che ora stanno pure riformando la Costituzione. Che è colpa delle mafie che oggi dettano legge, grazie alle complicità di certi amministratori locali, di imprenditori che non denunciano, di professionisti che si mettono a servizio. Eppure per questi, nessun linciaggio pubblico, nessuno sgombero.
Credo che dobbiamo aspettarci un ritorno al passato, parafrasando lo spot della Leopolda, “il futuro è solo l'inizio”. Le tensioni in piazza, i fumogeni, gli scontri e le manganellate. Il lavoro che diventa gentile concessione di un imprenditore che pensa solo ai fatti suoi e non alla funzione sociale di un'azienda. E non è che nel mondo la situazione sia più rosea: anche qui sembra di essere tornati verso una guerra fredda combattuta più sul fronte economico che militare. Dove ci si deve schierare, da una parte o dall'altra. Ecco che si spiega il viaggio di Matteo nel mondo, l'urgenza del TTIP, dello smantellamento dell'art 18, lo shale gas, le trivelle … O forse sono io che non capisco più niente.
E Brisbane è così lontana.
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