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Quaranta. La gallina canta…

Creato il 26 ottobre 2012 da Unarosaverde

Trenta quaranta,
tutto il Mondo canta
canta lo gallo
risponde la gallina…

Socchiusi gli occhi, sto
supino nel trifoglio,
e vedo un quadrifoglio
che non raccoglierò…

…scriveva Guido Gozzano. Oggi compio quaranta anni e nemmeno io devo raccogliere un quadrifoglio. Dalla vita ho ricevuto molto di più di quanto  ho dato e, in questo momento, la fortuna non mi serve. Sto bene così.

La vita mi ha tolto mia madre: questo è purtroppo nell’ordine dell’esistenza umana e la fortuna nulla influisce. Da bambini ci insegnavano ad osservare le foglie che cambiano colore con le stagioni, verde chiaro e piccole in primavera, verde brillante e ben ancorate al ramo in estate, d’oro e di rosso in autunno e fragili all’innesto, marroni e secche per terra, a turbinare sollevate dal vento. Così accade per noi, per coloro che ci amano, per quelli che non conosciamo: non ce lo insegnano, perchè si preferisce sempre parlare di vita, ma lo dobbiamo imparare e accettare.

La stessa vita però mi ha dato mia madre e mio padre e l’incommensurabilità della loro cura, e altri familiari che mi hanno amata e accudita, e ho un piccolo ristretto gruppo di persone che sa come sono e mi vuole bene comunque. Non sono molte perché non sono mai stata frequentatrice di grandi folle, non ho mai avuto bisogno delle compagnie e, in tutta franchezza, non ho mai elargito grandi dosi di affezione agli altri. Ho ricevuto, appunto, più di quanto io abbia dato.  Questa, invece, è stata pura fortuna.

Non ho bilanci personali da fare, anche se la cifra tonda forse li esige, né grandi desideri da esaudire: ho il mio ruolino di marcia e, seppure ad andatura non sempre costante, con variazioni di percorso e lunghi tratti bui, a me sembra di non aver mai perso la direzione e di non aver mai tradito me stessa e le mie aspettative nei miei confronti. La considero la mia più grande conquista e mi auguro  di essere capace di proseguire nello stesso modo. Anche in questo caso la fortuna conta poco: è stata, soprattutto, una questione di pazienza, perseveranza, ostinazione, impegno e buone fondamenta su un terreno preparato con la cura a cui facevo riferimento prima.

A differenza dell’anno scorso, questa volta festeggio in sordina. Sono impegnata – e ne sono lieta – in un progetto lavorativo che mi assorbe molto tempo e mi entusiasma. Avevo pensato che sarebbe stato bello  trascorrere una settimana a New York ma ho rimandato questo viaggio a tempi più quieti e, per ingannare l’attesa, mi sono regalata moltissimi fine settimana, più o meno lunghi, in giro per l’Europa. Anche sabato sarò a zonzo. Vado a Roma: una mostra d’arte mi aspetta.

Fino a quando sarò capace di sentire la profondità delle parole che mi trasportano in mondi immaginati, di scorgere altri mondi nei tratti del colore e delle linee di un disegno, di ascoltare la musica e ritrovarmi con la pelle d’oca sulle braccia, di camminare lungo il fiume e lasciarmi attraversare dalla tranquillità, di vedere il mondo con la sensazione che sia ricco di cose e persone da conoscere, di tornare a casa e percepire le voci delle mie stanze – tra ricordo e presenza – di andare a dormire la sera senza altri pesi opprimenti sul cuore che non siano quelli che tutti dobbiamo portare perché siamo soggetti alle leggi della natura, di sorridere almeno tre volte durante il giorno, di commuovermi di nascosto una volta ogni tanto, di avere un porto di quiete in cui rifugiarmi quando fuori c’è tempesta ecco, fino a quando questo ci sarà, non mi servono i quadrifogli.

Poi ci penserò, se mai arriverà il momento di doverli andare a cercare.


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