La senatrice Lina Merlin
Già la definizione mi fa schifo. Come se si dovesse segnalare un pericolo,qualcosa di immondo, schifoso, pericoloso, tossico. No. Non credo che metteranno luci rosse. Ma la simbologia c’è tutta.
E il sindaco Ignazio Marino ha fatto questa bella pensata per Roma, la città eterna: rendere istituzionalizzato ed eterno (possibilmente) il “diritto” maschio all’uso temporaneo di corpi di donne. http://www.huffingtonpost.it/2015/02/09/quartiere-luci-rosse-a-casa-multe-per-prostituzione_n_6642796.html?fbph&ncid=fcbklnkithpmg00000001
Corpi inseriti in c.d. “case chiuse”, alla faccia della famosa Legge Merlin (prima firmataria una donna, la senatrice Lina Merlin) che stabiliva la chiusura delle “case di tolleranza” e lo sfruttamento della prostituzione. Era il febbraio del 1958. Oggi è il febbraio del 2015. E si torna indietro peggio dei gamberi.
Ma cos’è la PROSTITUZIONE? Perché, prima di parlare di “case chiuse” sì o no, c’è da intendersi sul “fenomeno” o “fatto sociale”.
C’è chi la definisce ancora come il “mestiere più antico del mondo“: in questo modo, sembra un fenomeno talmente atavico da autolegittimarsi. Ancor più che atavico. Questa definizione sembra ribadire il carattere “innato” della prostituzione all’interno di qualsivoglia società umana. Quindi la rende fenomeno non sradicabile, non eliminabile: come se facesse parte del nostro Dna, quello umano. Come avere due braccia e due gambe. Come avere due occhi e un naso.
C’è invece chi, come me, la considera il “commercio più antico del mondo“: corpi in cambio di denaro. Annullamento di sé per mezz’ora, un’ora, in cambio di un tot. Puoi fare di me ciò che vuoi: in quel momento mi rigiri come un calzino. Sì, vabbè, la mia anima è altrove, penso all’auto rotta, alle bollette da pagare, al rata del dentista: lì c’è il mio corpo. Solo quello. Saltellaci su. Divertiti. Solo quello.
Solo quello? Ma cos’è un CORPO? Ossa, carne, vene, muscoli, organi. Cellule. Basta così? Non è altro? Non esistono emozioni? Distinguiamo tutto quello che c’è dal collo in giù, dal cervello? Dal locus delle nostre meravigliose emozioni? EMOZIONI: quelle che hanno anche gli animali, non solo noi. Ma loro non le vendono in pacchetti usa e getta. Gli animali non venderebbero mai i loro corpi, le loro emozioni, il loro essere. Non sanno cosa sia il mercato dei consumi. Noi sì, noi lo sappiamo.
E così, nelle case chiuse venderemo corpi come si vendono “cose” al supermarket. Corpi esposti, seduti qua e là, schedati, adeguatamente illustrati e pubblicizzati. Tutto dentro un supermarket del sesso a pagamento. Con l’intenzione di non dar troppo fastidio ai residenti dei quartieri vicini. Con l’intenzione di non far troppo rumore, di star lì, come un monumento alla virilità, come un istituto di beneficenza per poveri membri maschili (presumibilmente frustrati o delusi dalle donne, perché la colpa è sempre nostra).
Un bel quartiere a luci rosse. Rosse. Come il colore del semaforo quando indica il pericolo.
E a quelle amiche che mi parlano di AUTODETERMINAZIONE, chiedo dove possa essere l’autodeterminarsi nel lasciar prezzare il proprio corpo, soppesarlo, valutarlo, osservarlo e sceglierlo. Come faccio io quando compro un oggetto. Come facciamo tutti quando compriamo cose.
Donne come oggetti, donne come cose. Da sempre, per sempre. La colpa è solo della cultura patriarcale? Oppure è anche nostra perché lo permettiamo?
“IO SONO MIA” che significa? Che lascio prezzare, soppesare, valutare il mio corpo? Che ne lascio fare un uso a terzi?
“IO SONO MIA”. Per me significa altro. Significa che il mio corpo non è valutabile come un bene di consumo. E’ il mio corpo: irripetibile, unico, assolutamente libero da qualsiasi legge di mercato, da qualsiasi forma di esposizione.
LIBERO da qualsiasi ZOO UMANO.
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CONTATTI 9 Febbraio 2015: 49.500
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