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Quasi inverno

Da Paride

-Io non voglio l’esclusiva su di te. – dice secca Scarlet, strappando il silenzio tranquillo della camera in penombra.
-Mi stai facendo perdere di vista i miei obbiettivi. -, aggiunge dopo un attimo di silenzio, quasi soppesando le parole.
La seconda frase non si collega alla prima, ma la completa, pensa Scarlet.
Massimo è nel dormiveglia, non la sta ascoltando. Non è innamorato nè preoccupato, sta solo riposando. Non c’è nulla di cui potrebbe lamentarsi, in fondo; o per meglio dire, non c’è nessuno motivo impellente per lamentarsi, rovinandosi la giornata.
Massimo non le sente, le gocce contro il vetro della finestra; ma Scarlet sì, riesce a separarle e sentirle una ad una picchiare contro il miocardio.
E’ seduta su un letto neanche troppo caldo, abbracciata alle sue ginocchia nude, su cui poggia blanda una copertina di cotone color panna. Con le luci spente quella camera straniera le è meno ostile, quella pregnante sconosciuta familiarità è cancellata dal buio. Forse non è stato il giorno a chiudere gli occhi, forse è stata lei, si dice Scarlet.
Per tutte queste notti a far notte è stata lei… E nessuno al mondo lo sa! Accenna a un sorriso quasi dispiaciuto, che viene subito soffocato dall’insipida stasi del momento, da quella calma di gesso che le impagliava il cuore, in quelle lunghe mattine che seguivano quelle notti sfuggenti; e la vita che era stata spogliata e mostrata per quello che semplicemente era, ora, lontano dalla consolazione di una carezza o di un gesto, restava una statua immobile, banalizzazione di se stessa, fredda nel suo blocco di marmo.
Massimo si gira dall’altro lato, tirando a sè le lenzuola: il suo corpo le dice di non disturbare, di andare via se ormai è sveglia. Scarlet stringe le ginocchia al petto e ci poggia sopra la guancia, guardando la schiena di Massimo disegnata dalle pieghe della stoffa. Vorrebbe disegnarlo ma non ha i colori giusti. Scarlet si volta e poggia la fronte sulle ginocchia. I capelli neri le coprono il viso e cadono sulla coperta. Il suo corpo chiede un abbraccio che non riceverà mai. Ha troppe spine la sua corazza.
La notte è finita e Scarlet va via, come i sogni. Ma non è questa la verità. La verità è che Scarlet va via perchè viene rimpiazzata dai sogni. Non c’è più spazio per lei nel letto. Massimo si riposa, ma non da lei. Si riposa dal giorno.
Lei è il suo palliativo per andare a letto senza pensieri. Non lo calma, lo svuota.
Lui è la sua cura all’autolesionismo, si dice Scarlet. Ma non lo sa se è vero, perchè non gli dà la colpa di niente.
Quale colpa?
Scarlet scivola giù dal letto e indossa i vestiti che aveva piegato in ordine sulla sedia, attraversa scalza la casa addormentata, prende in mano le scarpe sul pianerottolo ed esce. Massimo non le sente, le gocce contro il vetro della finestra. Scarlet invece sì, è uscita nella pioggia, e ora è lei la sua finestra, in quella camera così buia, così familiare; e può separare le gocce di pioggia e sentirle una ad una battere contro i suoi capelli, contro il suo stomaco, contro la sua coscienza.
Scarlet resta lì, ferma, finchè anche lei non inizia gocciolare, e diventa pioggia.


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