"Sapere è potere", dice il saggio, tant'è vero che la cultura è una delle basi fondanti della democrazia. E in un Paese come il nostro, dove ad ogni angolo c'è un castello, i resti di una villa romana, un reperto antico quanto le piramidi, cultura fa rima con turismo, economia e posti di lavoro, alla faccia di chi diceva che "la cultura non si mangia".
La campagna elettorale, però, sembra dar credito a questa stronz… ehm sciocchezza, visto che di cultura e turismo non se ne vede l'ombra nei programmi elettorali. Un delitto atroce, che urla vendetta, nel Paese dove l'Unesco è di casa, grazie ad uno dei maggiori patrimoni culturali, artistici ed archeologici dell'umanità.
La sola città di Roma, caput mundi e centro della cristianità, dovrebbe navigare nell'oro grazie al continuo via vai di turisti e pellegrini, mentre, invece, affoga nei debiti della malagestione politica, come centinaia di altre città italiane. Eppure, anche in tempi di crisi, il turismo rappresenta ben il 3,3% del Pil, con un valore superiore ai 51 miliardi di euro annui (dati del World Travel & Tourism Council per il 2012).
Incredibilmente, invece, in tempi di internet, social media, app e informazione globale, non esiste un brand unico del turismo in Italia, non esiste un sito istituzionale in cui far bella mostra della nostra natura eccezionale, dei nostri monumenti, delle nostre meraviglie enogastronomiche. Un tesoro, quindi, poco valorizzato, se non abbandonato a se stesso, dove sempre più spesso di parla di scandali e spreco di denaro pubblico. Cosa che, ai partiti impegnati nel rush finale della campagna elettorale, sembra non importare molto.
Tant'è vero che nel programma di Rivoluzione Civile, ad esempio, non troviamo uno straccio di riga dedicata al turismo. Storia simile per il Movimento 5 Stelle, che si limita a parlare di semplificazione degli enti statali turistici (come?), di riorganizzazione del demanio pubblico e dei litorali (di nuovo: come?) e della possibilità per i comuni di gestire in proprio musei, siti archeologici e oasi naturali (idea complicata: non sarebbe meglio avere una gestione unica centralizzata, anzichè mille piccoli centri delocalizzati da tenere sotto controllo?).
L'Agenda Monti, invece, più che sull'intervento pubblico, punta al coinvolgimento dei privati, come nel caso del Colosseo, per il cui restauro il Gruppo Della Valle si è fatto avanti, in cambio dei diritti allo sfruttamento dell'immagine (un potenziale affarone per i privati, visto che l'Anfiteatro Flavio è uno dei monumenti più famosi al mondo). Per il resto, si limita a parlare solo di semplificazione per l'accesso a musei e siti archeologici e della creazione di una governance accentrata per la gestione del comparto turistico. Semplici intenzioni, prive di una minima programmazione.
Peggio fa la coalizione di centrosinistra, che blatera vagamente di una maggiore razionalizzazione negli investimenti pubblici nel settore (cosa buona e giusta, se ci spiegassero tempi e modi) e di un coinvolgimento di giovani e nuove tecnologie (domanda di rito: come?). Qui siamo al di sotto delle vaghe intenzioni.
Più articolato e convincente sembra il progetto del centrodestra che, al solito, punta alla diminuzione delle tasse, per rilanciare il settore e che, come la lista Monti, propone il coinvolgimento dei privati nella gestione dei beni culturali: qualcuno, però, dovrebbe spiegargli che gestione privata non è sempre sinonimo di gestione migliore. Interessanti, invece, le proposte di un piano Stato-Regioni per la promozione all'estero del turismo italiano e della possibilità di vincolare gli introiti dei beni culturali per finanziare il settore.
Un gradino di differenza rispetto agli altri, ma permettetemi di essere scettico sulla bontà del programma berlusconiano: stiamo parlando delle stesse persone che, al governo per anni, hanno massacrato i beni culturali con tagli senza criterio e senza una vera lotta agli sprechi: la vicenda dei crolli di Pompei valga come esempio di questa politica scellerata.
Se questo è il meglio che c'è da aspettarsi, siamo veramente nei guai.
Danilo