Magazine Informazione regionale

Quel dittatore borghese di Germont

Creato il 02 settembre 2013 da Cremonademocratica @paolozignani

La parola “dittatura” evoca regimi crudeli e dittatori come Hitler, Stalin, Mussolini e più recentemente Videla, Pinochet eccetera, sino alla Cina attuale e al sistema economico-finanziario occidentale. Ci sono metodi di dominio più raffinati ai nostri tempi, ma ne racconta pure Tocqueville.
In questo scritto dittatura significa semplicemente uso di un potere incontrastato. La borghesia impone senza bisogno di metodi sanguinari il proprio volere. L’effetto è l’affermazione di un dominio che nemmeno si può discutere.
Verdi mettendo in scena in modo efficace tale potere suscita emozioni di antipatia, simpatia, affetto, avversione verso l’uno o l’altro personaggio, ma null’altro che reazioni emotive, non offre la riflessione su un comportamento ribelle, ad esempio . La diversità – cioè Violetta – deve morire, per malattia e senza responsabilità dimostrabile di Germont, né Verdi fa altro che rappresentare uno stato di fatto ridotto all’essenziale, senza mostrare alcuna ribellione, alcuna alternativa al sistema. Si tratta di vita sentimentale, non direttamente di politica ed economia: anche l’amore infatti è ostaggio del potere, che non può permettersi di lasciare libere e incontrollate le relazioni interpersonali e familiari e un sentimento così potente.

Germont domina le decisioni fondamentali dell’opera: la trama, limitatamente agli atti compiuti con consapevolezza morale, è imperniata sugli impulsi che Germont dà arbitrariamente, senza che nessuno osi confrontarsi con lui e i suoi princìpi, il Principe machiavellico, il dittatore e il manipolatore. Non viene infatti presentata alcuna alternativa al familismo cattolico di Giorgio Germont, che interviene per distruggere una relazione d’amore spontanea, sorta nel caos d’una fra le tante feste a danno di una di una sposa promessa che però Alfredo non ama.
Germont salva una rispettabilità fondata solo sull’apparenza, tuttavia quel che turba non è solo l’ipocrisia quanto la mancanza di contrasto al suo dominio. Violetta cede senza nemmeno discutere, fragile, debole, Alfredo si sottomette docilmente. La società di Parigi non fa che festeggiare, appare dall’opera.
Da un lato la musica percorre i sentieri della creatività spumeggiante di Verdi, con quell’andamento incalzante di un’opera brillante e popolate, virtuosistica, avvolgente, dall’altro tale musica è solo un riflesso estetico, raramente un presentimento. La musica non fa che seguire i dettàmi della morale, aiuta il moralismo a esprimersi. Non c’è conflitto fra Violetta e il padre di Alfredo, il quale avanza senza trovare ostacoli riuscendo anche a consolare la vittima. Violetta non mostra un pensiero autonomo, solo una sensibilità propria. E tutto emotivo e sentimentale è anche il suo amante.

Due gli ambienti emotivo- sentimentali principali. Il primo è l’amore “altero, misterioso”, potenza incontrollabile dall’uomo, con la quale la ragione non dialoga certo. Non è proprio “Amor che ne la mente mi ragiona”.
Il secondo il vaneggiare, festeggiare, l’edonismo consuma emozioni, tempo, annega la personalità.
In nessuno di questi due ambienti la razionalità entra in gioco. La razionalità, la riflessione sui princìpi morali diffusi tra la popolazione, spetta … A nessuno, nell’opera è rappresentata da una persona sola, Germont. Solo lui calcola, riflette, tira le conclusioni e decide. La trama dell’opera la scrive lui, esaltandosi con un ideologico e narcisista “Dio mi guidò”.
Come si concretizza il principio “Amor che ne la mente mi ragiona?” In una relazione di coppia, Violetta e Alfredo non fanno che unirsi o dividersi, in preda al sentimento. In una relazione più matura prevale il comune sentimento del giusto e dell’ingiusto che si materializza nelle scelte di vita insieme discusse,
La famiglia cattolica borghese intanto è in crisi: la tiene unita solo l’esercizio del potere persuasivo del capofamiglia su una donna fragile come Violetta, malata, conscia sin dall’inizio dell’opera di essere un lume che si sta spegnendo per la tisi. Violetta fa parte di quel mondo borghese nel quale appare come un essere appariscente ma eternamente adolescente e marginale. C’è chi non ha diritto all’autonomia decisionale e rimane sottomesso, nel dominio borghese.
Verdi offre solo lo specchio di una realtà moralistica crudele. Parigi è una città in festa perenne e nello stesso tempo un “popoloso deserto”, dove Violetta non è mai stata “amando amata”.
L’amore, che sia “misterioso, altero” come una sorta di divinità oscura, o un folleggiare, non trova riparo. Viene sequestrato, sottomesso e schiavizzato. Le persone in nome della famiglia o dell’amore perdono se stesse, non ragionano più. O Violetta perde tutti i propri averi, forse per morire nella sua villa accanto ad Alfredo, o li perde Alfredo, fermato però dal padre.
Il capitale di famiglia non va dissipato, l’amore resta un gioco da ragazzi, poi arriva il padre a rimettere le vite dei due amanti in ordine.
Amore è – antico problema cavalcantiano – accidente in sostanza, ovvero un episodio casuale della vita interiore. Dante rispose all’amico Guido Cavalcanti, grande poeta stilnovista (decimo dell’Inferno) con una teoria radicale come l’amore che “ne la mente mi ragiona”, in modo aristotelico, modernamente esemplificata, secondo qualche interprete, dai romanzi della Austen, ma non solo. L’equilibrio o la follia, la virtù anche rivoluzionaria o la dittatura borghese.
Acritico Francesco Maria Piave e acritico Verdi, anzi complici del dominio familista, che non turba le istituzioni e il senso della morale, non crea problemi alla messa in scena dell’opera e procede con l’imperialismo cattolico e capitalista. Basta che la musica non disturbi il sistema. Germont esercita solo il principio di realtà e impone l’ordine, per quanto sia un ordine degno di un giustiziere spietato.

Alla musica non resta che andare a cercare ambiti nuovi, spazi aperti infiniti, liberi, nella diversità di Violetta già da subito consegnatasi alla morte. La sua debolezza, la sua “follia” permette alla musica di esplorare, di esaltarsi nell’esprimere la caducità, l’abbandonarsi all’emozione e il desiderio d’infinito. Oltre il carpe diem non c’è vita stabile tuttavia. “Amare essendo amata” è uno stato di grazia senza lucidità. L’amore, così, è sempre incompatibile con le regole borghesi e cattoliche.

45.284814 9.845895

Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :