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"Quel mazzolino di viole..." / Reprint

Creato il 11 dicembre 2012 da Marianna06

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Tra politica,economia,scadenze energetiche ed imperativi ambientali, il divorzio è assoluto. Si è ancora lontani da una coscienza dei pericoli incombenti. Eppure la comunità cristiana, in ragione della logica dell’incarnazione, dovrebbe prendere in seria considerazione questo stato di cose. E questo va fatto nella consapevolezza dell’interdipendenza che lega lo sviluppo autenticamente umano, l’ambiente naturale ed il futuro dell’umanità stessa.

 

 

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Si legge nel “ Rapporto della commissione mondiale per l’ambiente e lo sviluppo”, Milano 1988, che ogni essere umano ha il diritto fondamentale di vivere in un ambiente adatto alla sua salute e al suo benessere. Oggi, non solo questo enunciato è avvertito e condiviso da tutti ma anche la gente comune, non gli esperti, sulla base di un flusso informativo continuo e mirato, è in grado di dire la sua. La crescita demografica, il dato certo che le risorse del pianeta non sono inesauribili, la scarsa attenzione agli eventuali danni d’impatto ambientale rappresentano in prospettiva, grossi nodi da sciogliere. Specie se ciò che tutti vogliono è invece un autentico recupero del rapporto con la natura. E non piuttosto il comportarsi come quel personaggio di Milan Kundera che, per non patire gli odori della strada, si teneva costantemente sotto il naso un mazzolino di violette.

Le esigenze della politica e dell’economia tuttavia pare vadano attualmente in tutt’altra direzione. Lo confermano ogni giorno i media. E’ infatti sui giornali la notizia che, nonostante il referendum popolare dell’ 87, l’Italia torni a guardare al nucleare e l’ENEL, per 840 milioni, acquisterebbe, grazie alla legge “Marzano”, impianti nucleari in Slovacchia. Piccolo esempio, si fa per dire, di gestione antidemocratica del potere. Chernobyl è archiviato. E la risposta a chi eventualmente obietta è che non si può fermare il tempo, perché il mondo va avanti.

Quello del nucleare è però solo un tassello dell’intero mosaico. Esistono nel nostro paese la questione dei trasporti, il giudizio sugli OGM (organismi geneticamente modificati), la cementificazione delle coste, l’inquinamento idrico, il problema della produzione e dello smaltimento dei rifiuti.

Una continua e lenta erosione della sovranità statale – sostiene Zygmunt Bauman, sociologo, non può che determinare la caduta verticale dei più elementari diritti della persona umana.Pertanto dove e come sviluppare valori che si oppongano ai paradigmi della cultura dominante?. Siamo tutti all’interno del processo di globalizzazione e la logica vincente è quella del mercato per cui il liberismo selvaggio più una cieca fiducia nel progresso danno vita ad una sorta di illuminismo tecnologico. I parametri vincenti sono la rendita produttiva e l’utile da ricavare. Come persone, come uomini, come donne, come cristiani, questo ci sta bene ? Non bisogna dimenticare che non esiste un’economia che possa definirsi neutrale e che, dietro ciascuna di essa, si cela sempre e comunque una particolare concezione antropologica.

Al numero 26 della “Sollicitudo rei socialis” (anno 1988), Giovanni Paolo II identifica la “preoccupazione ecologica” con “la maggiore consapevolezza dei limiti delle risorse disponibili (il problema dell’acqua), la necessità di rispettare l’integrità e i ritmi della natura e di tenerne conto nella programmazione dello sviluppo, invece di sacrificarlo a certe concezioni demagogiche dello stesso”.

Nel libro della “Genesi” il fatto che il mondo in cui l’uomo è immerso venga definito come “creazione” e non come natura o cosmo sottolinea decisamente l’immediata relazione che lo unisce al Creatore, una relazione di “dominio” e di “custodia” (Gen.2,15).Il mistero pasquale, cioè la morte e la resurrezione di Gesù, instaura anch’esso una nuova forma di alleanza tra Dio e l’uomo  e coinvolge l’intera creazione in un processo di liberazione integrale, che è compito dell’uomo portare a termine. Il dove rinnovare i nostri stili di vita allora è il nostro quotidiano.

E’ l’agire di tutti i giorni, in famiglia, sul lavoro, con gli amici. La strada da imboccare  è la rinuncia alla moltiplicazione dei bisogni, specie se si tratta di bisogni indotti e non reali. Il risveglio della coscienza deve spingerci a fare nostri e a contrapporre a quelli correnti parametri diversi. La gratuità, la solidarietà, il rispetto dell’alterità, il senso del mistero, l’apertura al non prevedibile e al non programmabile. E questi sentimenti, cosa più importante, non devono essere occasionali. Devono riuscire a determinare quello che si definisce un cambiamento culturale, una mentalità nuova.

Il come fare equivale a restituire centralità ed autorevolezza alla politica per costruire una vera democrazia economica. Anche le cosiddette catastrofi “naturali”, solo per far riferimento allo tsunami, non sono uguali sul nostro pianeta.

Il sisma di Bam, in Iran, del dicembre 2003, esattamente un anno prima del disastro nel sud-est asiatico, ha provocato più di 30mila morti.

Ma tre mesi prima, il 26 settembre 2003, una scossa sismica di 8 gradi della scala Richter, sull’isola di Hokkaido, ha fatto solo qualche ferito e nessun morto.

Tremila sono stati i morti per un terremoto in Algeria il 21 maggio 2003 mentre, pochi giorni dopo, un sisma più violento scuoteva tutto il Giappone nord -occidentale senza fare vittime. Perché tali differenze? Occorrono certamente norme e mezzi per realizzare delle politiche di prevenzione.Ma è indispensabile la volontà politica, al di là dei fiumi d’inchiostro dei rapporti e delle chiacchiere dei summit.

E, policamente, è fondamentale saper distinguere tra crescita e sviluppo. La prima è il puro incremento produttivo, il secondo include ideali e aspirazioni, che hanno a che fare con l’identificazione di una società giusta e di una sempre più alta qualità della vita. Omissioni, colpe e volontà sono sempre individuali ma, senza mettere la testa sotto la sabbia, non si può dimenticare che, a qualunque latitudine, siamo tutti pellegrini verso un mondo nuovo : i cieli nuovi e la nuova terra che ci sono stati promessi. Collettivamente si può e si deve fare in modo che l’ecologia divenga solidarietà e la moderazione nel consumo condivisione.

Altrimenti- come dice la nota scienziata indiana Vandana Shiva – lo tsunami è solo un avvertimento di ciò che succederà se non ci prepariamo, se continuiamo ad agire  per il profitto immediato e non guardiamo più avanti.

Ciò che ci deve unire non è il denaro ma il senso di responsabilità.

 

    di Marianna Micheluzzi  (Ukundimana) 


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