Quella lettera a Babbo Natale che non scriveremo mai. Dopo una domenica con Mario e Silvio, anche Santa Klaus si è stranito.
Creato il 24 dicembre 2012 da Massimoconsorti
@massimoconsorti
Inutile nasconderlo, piacerebbe tantissimo anche a noi scrivere una lettera a Babbo Natale. La fregatura è che il vecchietto non esiste per cui, come sempre, perderemmo inutilmente tempo prezioso, rubato alla malinconia e alla vita. La nostra sarebbe una lettera scritta a lui, solo perché dovrebbe farsi latore di una serie di vaffanculo indirizzati indifferentemente a politici e non, uomini e non, donne e non. Eppure è Natale, e a Natale tutti dovrebbero essere buoni, anche se, non se ne afferra mai appieno il perché. Abbiamo trascorso la giornata di ieri passando dalla conferenza stampa di Mario Monti allo show televisivo di Silvio, così, senza batter ciglio, con una nausea che si faceva di minuto in minuto più opprimente. Ci sono sembrate due macchiette, una più english, l'altra più di festa de noantri ma sempre due macchiette. L'uno, sornione senza mai modificare di un tratto la sua fisiognomica glacialità, l'altro alle prese con l'imbarazzo mortificante di una lingua mai dominata appieno: l'italiano. Silvio è il politico del “drizzone” e del “pede...pedis...perdis...ssiquamente”, un ex affabulatore da sette parole e un aggettivo, che ci fa comunque meno pena di un cane abbandonato sull'autostrada. L'altro, il premier ancora a Palazzo Chigi per gli affari correnti, sembra uno di quei bambini che, molestati da piccoli, crescendo si trasformano in implacabili serial-killer. L'uno è sempre il guascone degli incubi notturni inventati per offendere più di un camallo alle prese con un container cinese, l'altro talmente polare che ci piace immaginarlo a letto con la moglie: “Scusa cara. Potrei, please, introdurre il mio organo riproduttivo maschile nel tuo organo riproduttivo femminile e iniziare un lento movimento basculante avanti-indietro a mo' di antistress rigenerante?” L'uno litiga con Massimo Giletti e, vivaddio, per litigare con un maggiordomo serve proprio un padrone rincoglionito, l'altro risponde sferzante a un giornalista del Fatto, dicendogli che la notizia (le case di Grilli, nda) l'ha data solo il suo giornale. Oltre loro, il vuoto. Dice Silvio: “Bersani è il boiardo del Pci, meglio del Pcus;Beppe Grillo è la conferma che l'uomo deriva dalla scimmia; Casini è il peggiore dei traditori, Fini il ministro delle fogne ('Meglio le fogne dei bordelli', ha risposto su Twitter il presidente della Camera) e Rosy Bindi, non pervenuta”. Dice Mario Monti: “Se salgo in politica non lo so, dipende dagli altri, da chi sceglierà la mia agenda. A costoro potrei anche fare da guida”. Ma per carità, diciamo noi, basta boy-scout. Il Pd, da tutta questa sceneggiata, sta uscendo tramortito. Le reti televisive di Silvio hanno già ridotto la sfida a un affare personale fra Berlusconi e Monti.Bersani non lo cita più nessuno, di Grillo non ha mai parlato nessuno se non per dargli del dittatore, Renzi sta sullo sfondo della scena, Vendola è il conservatore a sua insaputa, Di Pietro è scomparso, Ingroia è indeciso, la sinistra “extraparlamentare” (il Tg4 la chiama ancora così), non si sa che fine abbia fatto. Ma è Natale, e a Natale è un obbligo essere buoni. Stasera tutti in chiesa, a messa. Fra ori e broccati, fumi di ceri e incensi ci scapperà anche il tempo di farsi quattro chiacchiere con il prete perché, come amava dire il Divo, “Dio non vota ma il prete sì”. Andrà in scena l'Italia pragmatica e pasticciona delle pre-elezioni, quella che si fa vedere per ricordare alle persone di buon cuore che loro esistono, un po' come Dio, o no?
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