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Quella tratta ferroviaria

Creato il 26 marzo 2011 da Saxgiambelluca

Quella tratta ferroviaria

foto:flickr

Sono le 19.31 e mi trovo dentro un triste scompartimento di un treno che mi porterà da Punta Raisi a Palermo. Credo che la tratta ferroviaria Punta Raisi – Palermo sia la più triste che abbia mai fatto, di sera poi, al buio, con un vagone deserto e la mia faccia riflessa sul finestrino con la speranza di vedere qualcosa fuori, ma niente. Ovviamente all’orecchio ho le mie cuffie, che suonano musica dal mio iPod ma non vi dico cosa sto ascoltando, lascio spazio all’immaginazione. Vi dico solo che l’artista e la canzone che sto ascoltando hanno dato il via a questo post, alla mia voglia di scrivere, di immortalare questo momento, (sinceramente non so se poi lo pubblicherò, ma intanto lo scrivo). Per la cronaca, sono sveglio dalle quattro, e ho scritto quattro non sedici. Ho preso quattro aerei, sono stato seduto in tre aeroporti, di cui in uno ho bevuto il caffè più buono del mondo, ma non vi dico dove, voglio che rimanga una cosa intima. Ho camminato per le strade di una delle città più belle e ricche di personalità che io conosca, qual è Genova. Ho mangiato persino la focaccia genovese (con le patate), anzi la fùcassa, buonissima. Durante il viaggio di ritorno non avevo nessuno di fianco (non mi succede quasi mai) e ne ho approfittato per riposare un po’, giusto quell’oretta per recuperare il sonno perso la scorsa notte. (Sono riuscito a dormire nonostante abbia preso il caffè). Messo piede fuori l’aereo mi sentivo già meglio, sarà stata la dormita, l’aria siciliana, non saprei, quello che so è che io con la mia città ho un rapporto strano, adoro andarmene, ma adoro anche quella sensazione inspiegabile che mia assale una volta rimesso piede in terra, che scompare sistematicamente quando si aprono le porte che mi buttano sulla folla dei parenti che attendono con ansia e che si squadrano tutte le facce che varcano quella soglia, (quanto mi imbarazza questo momento oh, una volta una signora mi scambiò per suo nipote), e poi tutti che urlano, sembra di stare all’inaugurazione di un centro commerciale con i sottocosto. (Fortuna che non ho quasi mai nessuno pronto ad accogliermi). Tornando qui in treno, siamo quasi arrivati, mancano giusto quei cinque minuti che utilizzerò per sistemare block-notes e iPod in borsa e riguardare il mio riflesso sul finestrino.


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