Quella volta che la Magnani posò per il Merisi

Creato il 25 maggio 2014 da Malvino

Sulle molteplici relazioni tra cinema e pittura non penso ci sia troppo da aggiungere a quanto è stato abbondantemente detto da autorevoli studiosi che ne hanno analizzato ogni possibile aspetto, né penso sia esagerato affermare che in ogni film di qualità, e non solo, siano immancabili, più o meno riconoscibili,più o meno deliberate, afferenze da capolavori d’arte antica o moderna, talvolta in forma di veri e propri tributi, vere e proprie citazioni, com’è nel caso in cui un dipinto arrivi a trovare nel fotogramma la trasposizione dei suoi peculiari elementi formali, talaltra in forma di mera ricreazione di atmosfera, com’è nel caso in cui le soluzioni dell’uso di luce e colore trovino più o meno riuscita coincidenza con l’aria in cui è sospesa la scena rappresentata sulla tela.Ciò detto, mi pare non si possa sollevare alcuna obiezione a quanto da più d’un autore è stato rilevato al riguardo per il cinema di Pier Paolo Pasolini: espliciti i rimandi a Giotto, a Piero della Francesca, a Masaccio e a Bonnard, che la critica cinematografica non ha avuto alcuna fatica a cogliere, e di gran fascino le pagine che Pietro Montani ha scritto su La ricotta (1963), dove l’esplicito richiamo pasoliniano ai manieristici tableaux-vivants del Pontormo trova argomentazione puntuale e convincente (AA.VV., Cinema/Pittura. Dinamiche di scambio, a cura di Leonardo De Franceschi, Lindau 2003).Lascia interdetti, invece, l’articolo a firma di Marco Bona Castellotti apparso su Il Foglio di venerdì 23 maggio (Quanto si è nutrito di realismo caravaggesco il cinema di Pasolini), nel quale si avanza una tesi balzana: in Mamma Roma (1962) vi sarebbero richiami alla Morte della Vergine (1605). In realtà, in quel film vi è l’esplicita citazione del Cristo morto (1485) di Andrea Mantegna,

ma Marco Bona Castellotti non l’avverte, per trovare assai caravaggesche «le sbarre del carcere dove Ettore, il figlio dell’umanissima puttana, giace morto». E questo lascia sgomenti: che Pasolini gli schiaffi sotto il muso un Mantegna che più Mantegna non si può ed egli vada a trovare un Caravaggio, pochi fotogrammi più in là, nelle grate alla finestruola di una cella, che possono anche andare a cercare una concordanza con quelle raffigurate nella Decollazione di San Giovanni Battista (1608), ma trovandola come motivo di ispirazione caravaggesca?Un morto steso su un tavolo si può ritrarre in cento modi diversi, ma almeno uno potrà evocare il Cristo morto del Mantegna: quello scelto da Pasolini lo evoca? Ma in quanti modi si può rappresentare una finestra munita di sbarre? E in cosa è caravaggesca quella che Pasolini mette in Mamma Roma?

Basterebbe a farci lasciare l’articoloperplessi, ma non più che perplessi, se non fosse che a Marco Bona Castellotti non basta: vuole scuoterci, e allora butta lì una somiglianza tra la Madonna ne La morte della Vergine e «lo stupefacente primo piano di Mamma Roma e delle donne che accorrono dopo la notizia della morte del ragazzo»
Davvero arduo capire in cosa sia possibile trovare una similitudine di posa o di espressione, ma è che ci fa difetto limmaginifica sensibilità di Marco Bona Castellotti, virtù che forse non torna utile a scrivere un articolo serio, ma a deliziare i gonzi senza dubbio.  

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