“Non farò denunce. Dalle mie parti non funziona così”. Edizione nazionale de La Repubblica. Parla così, in un’intervista, il presidente della Commissione parlamentare di controllo sugli enti di previdenza e assistenza sociale. Il suo nome, Lello Di Gioia, è -ahinoi – indissolubilmente legato alla politica della città di Foggia.
Socialista vecchia scuola, Lello Di Gioia. Vecchia, ma non abbastanza vecchia da richiamare binomi con i nomi sacri: a Sandro Pertini, Giacomo Matteotti, Lelio Basso,Lelluccio ha sempre preferito – non è un mistero – l’esule di Hamamet. Lello Di Gioia, siore e siori, va più di moda come modernariato. Un eterno modernariato. Sopravvissuto alle stagioni politiche, ai monocolore e alle rimestanze. Battitore libero perché, come ogni battitore libero, può scegliere di volta in volta il tetto sotto il quale accasarsi. Ora di qui, ora di lì.
In Parlamento c’è finito in quota Partito Democratico. Poi, eletto, si è defilato ed è andato a popolare le fila del gruppone misto. Manovre da politica stracciona, imberbe e cinica, che però rende. Ed ha reso fino all’incarico (di cui all’inizio). Portafogli pieno e potere in saccoccia per uno che, notoriamente, pare si trovi molto a suo agio nella dilazione di un favore qui e uno lì.
Lui nega. Lui ha sempre negato. Anima candida e illibata, lui. Nega e non parla. Forse che “dalle sue parti” sia così che si fa? Lui scarica la sua pochezza di uomo e di politico adducendo psuedo motivazioni antropologiche, lui. Lui alza le mani, fa spallucce e dà la colpa alla foggianità brutta e cattiva che è ignavia. E che ci può fare, lui, se è venuto al mondo così? I fondo, se finanche la psicologia evolutiva ha impiegato decenni a venire fuori dal complesso e diconomico intrico natura/ambiente, lui, che tutti chiamano l’Onorevole, che cosa diamine può farci.
Arrendersi, no?
E allora ricominciamo dall’inizio. Che è anche la fine dell’intervista su Repubblica.
Ricominciamo da quella frase: “Non farò denunce. Dalle mie parti non funziona così”.
No, caro onorevole, dalle sue parti NON funziona così. Forse quelle sue parti, o una parte di quelle sue parti, lei le percepisce così perché vorrebbe che così fosse.
Dalle sue parti NON funziona così. Altrimenti non avrebbero un senso le lotte per la dignità di Peppino Di Vittorio (dovrebbe ricordarlo, Di Vittorio; prima di passare al Partito Comunista, ebbe una lunga riflessione circa l’opportunità di lasciare il Partito Socialista), il sangue sull’asfalto dei braccianti a Torremaggiore e San Severo; non avrebbero avuto senso i circoli anarchici di San Ferdinando e il martirio per la libertà di Nicola Sacco. Se le cose, dalle sue parti, funzionassero così (laddove così è quell’impasto di silenzio e connivenza che lei immagina e pratica), non sarebbe stata, la Capitanata, una delle prime terre, se non la prima, ad alzare, negli anni Venti, la testa contro il fascismo nascente denunciandone (ha letto bene e glielo evidenzio: denunciandone) la violenza. Se le sue parti funzionassero nel suo così, non avremmo avuto i Marcone e i Panunzio, i morti ammazzati e trucidati perché portatori sani prorio di quella cultura degnissima, figlia della povertà, del bracciantato, dell’abbandono, della ribellione. terra che ai Federico ha sempre preferito i Masaniello.
Quelle sue parti, sono le nostre parti, caro onorevole. E dalle nostre parti si denuncia, si vive, ci si ribella, si soffre, si alza la testa. E se non le sta bene, si trovi un’altra parte dove vergognarsi. Che non sia Foggia. E che non sia il Parlamento (come lei stesso dice).
Chiudo con una domanda.
Lei lo conosce Nicola Stame?
Forse no.
Nicola Stame era un tenore, un grandissimo tenore. Un uomo bellissimo, affascinante. Il suo volto, la sua voce e il suo sorriso erano puro romanzo meridionale, erano atti di forza contro la barbarie fascista. Lui e non lei, è uno delle nostre parti, con la forza delle nostre parti, con il cuore delle nostre parti. Uno morto in altre parti d’Italia perché non non aveva scelto il silenzio. Precisamente fucilato. Alle Fosse Ardeatine.
Guardi questo link (alla Camera avrà la wi-fi, non le tocca neppure sostenere costi) che le allego. E’ tratto da Rappresaglia, un film del regista greco George P. Cosmatos. Nel video, la colonna sonora originale è stata opportunamente sostituita con un passo dell’opera lirica Il Trovatore di Giuseppe Verdi interpretato dallo stesso Stame nel personaggio di Manrico.
Eccolo: https://www.youtube.com/watch?v=-JyVlfe6Ujk
Non aggiungo altro. Impari solo il senso delle parole. E della Storia
Piero Ferrante – uno qualunque delle sue parti
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LA RISPOSTA DI LELLO DI GIOIA (a noi pare che no, non lo conosca Nicola Stame, ndr)
Egregio Signor Ferrante,
vorrei semplicemente soffermarmi su una questione che lei sistematicamente riporta, e che riguarda l’ultima parte di una “non intervista”.
Sicuramente sono stato molto ingenuo perché nel momento in cui il suo collega de La Repubblica mi ha chiamato e avendo stabilito di parlare in modo tranquillo, senza rilasciare intervista, mi sono permesso di fare alcune dichiarazioni con l’articolista e che riguardavano la mia persona e il mio modo di vivere.
Le posso semplicemente dire che il “non denunciare che dalle mie parti non si usa cosi” non era certamente riferito -come potrà confermare chiunque- ad essere omissivo, nel conoscere fatti e non dirli e non denunciare alle autorità competenti, bensì che noi non siamo abituati a fare così: ossia di non denunciare i giornalisti che scrivono l’articolo. Perché, io più di altri, credo nella libertà di stampa e credo anche sia giusto pubblicare notizie, sempre che siano verificate di fatti, pur essendo stato attaccato più volte, non mi sono mai permesso di denunciare un giornalista. E credo che questi siano i fatti.
Inoltre, e chiudo ringraziandola per le sue considerazioni, fermo restante che è opportuno conoscere a fondo le persone prima di esprimere giudizi: il sottoscritto ha subìto ben tre furti, la macchina rubata e due in casa, ho esposto, come qualunque cittadino, denuncia alle autorità competenti. Ho ricevuto minacce, sia presso la mia sede con bossoli di fucile; nonché furti per due volte nella stessa sede, pallottole di pistola contro la mia abitazione e qualche mese fa un lettera minatoria con foto. Anche in questo caso ho sporto regolare denuncia.
Certo che il tempo, anche se amareggiato, farà emergere tutta la verità. Le chiedo semplicemente, con l’umiltà che mi contraddistingue, di avere pazienza.
Distinti Saluti, Lello Di Gioia
17/03/2014