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Quelli che: "l'italia non attira capitali"

Creato il 25 maggio 2013 da Pasquale Mattera @pasqualem85
Facciamo un pò di chiarezza.
Il luogo comune del luogocomunista, è una realtà dove l'unica alternativa atta conseguire una ripresa  economica, è composta da austerità, produttività e di uomini che lavorano-lavorano, producono-producono, senza però preoccuparsi mai di chi dovrebbe corrispondere quell' offerta, o meglio di chi comprerà il "prodotto finale".
Una vita dura da vivere dove nessuno mai ti regala niente, e per guadagnarti qualcosa da mettere a tavola devi sudare le cosidette "sette camice".
Ma per quanto possa risultarvi strano, il luogocomunista ideale, pensa che in realtà al mondo un qualcosa gratis ci sia; quel qualcosa che una persona normale non potrebbe mai e poi mai pensare che sia gratuita.
Mi riferisco all'afflusso o deflusso di capitali esteri sottoforma di investimenti diretti.
Gli afflussi o deflussi dei capitali, in bilancia dei pagamenti vengono suddivise in due delle categorie del Conto Finanziario: e cioè Investimenti di portafoglio e investimenti diretti.
I primi sono finalizzati alla gestione della propria "disponibilità liquida", cioè sono investimenti che vengono fatti li dove si ritiene che possa fruttare di più (titoli come azioni, obbligazioni).
I secondi invece vengono impiegati per la gestione e controllo di attività produttive reali (acquisto di imprese,  aziende).
In patica, la storiella dell' imprenditore estero che viene in Italia per investire e portare benessere e lavoro per tutti. L'avete mai sentità? Comunque è quella.
Vi chiderete: "E quindi dove sorge il problema?".
Risposta: il problema sorge perchè quando ad es. un imprenditore italiano colloca un obbligazione, un' azione all'estero (fate voi la nazione), da quel momento scatta un meccanismo: arrivano i capitali dall'estero (importazione di capitali), che come abbiamo già detto vengono segnati (col segno +, cioè afflusso) in investimenti di portafoglio (l'investitore estero ha investito in un titolo italiano) nel conto finanziario. Ma quell' investimento non è gratutio, al contrario di quel che pensa il luogocomunista, e quindi l' imprenditore italiano alla fine del prestito avrà corrisposto all' investitore estero, il capitale più gli interessi, che rappresentano il guadagno, che nella bilancia dei pagamenti vengono segnati nella sezione delle partite correnti, alla voce redditi da capitale (col segno -). Stesso discorso per l'acquisto di un' azienda, in questo caso il reddito non sarà rappresentato dagli interessi, ma dai dividendi, o utili dell' azienda.
Non so se sono stato chiaro, ma per semplificando il tutto possiamo dire che:
AD UN IMPORTAZIONE DI CAPITALE CORRISPONDE UNA FUORIUSCITA DI REDDITI, IL PAGAMENTO DI INTERESSI, DIVIDENDI, UTILI.

Con questo voglio dire che gli investimenti diretti o di portafoglio (quelli che tanto piacciono agli automi austeri) in entrata, cioè acquisti da parte di non residenti di attività finaziarie o reali, per un paese che li riceve, sono passività, debiti, ed i debiti vanno remunerati, che si chiamino interessi o dividendi, sono sempre soldi che escono dal paese (Italia nel nostro caso).
Non sono idee personali, ma bensì quello che dice il regolamento della bilancia dei pagamenti non del Fondo piscrocchiano, ma del Fondo monetario internazionele.

Questo è il grande paradosso del luogocomunista: pensa (sbagliando, perchè lo Stato non è ne una famiglia e nemmeno un' azienda, e perchè la spesa produttiva è il reddito dei consumatori) che lo Stato deve essere virtuoso, e cioè non deve fare debiti, e poi non riesce a rendersi conto che un collocamento di un titolo o la vendita di un pacchetto azionario di maggioranza, risulta essere un debito per un paese. Anzi, tendono a considerare tali introiti di capitali esteri, come un dono positivo magari arrivato per grazia divina.
Da qui partono le continue tarantelle sulla vendita dei gioielli di famiglia, come imprese pubbliche redditizie, ai capitalisti esteri, allo scopo di ridurre il debito pubblico (sempre le solite storie).
C'è da dire che oltretutto un investimento diretto (acquisto di un'azienda), come uno di portafoglio (acquisto di un titolo), risulta sempre essere un debito, ed anche piuttosto caro, rispetto al secondo, dato che le remunerazioni di pacchetti azionari di maggioranza sono più alte rispetto a quelle dei titoli.
La vendita e la privatizzazione delle aziende rischia di avere molte volte un' effetto bumerang, e cioè un peggioramanto dell' economia, per il pagamento delle remunerazioni dei capitali, in nome dei debiti (in particolare quello pubblico).
Ammettere che investimenti esteri sono debiti per un paese non significa ripudiarli, ma come qualsiasi debito andrebbero contratti con criterio e controllo.
Ad esempio in paesi arretrati economicamente ed in cerca di sviluppo, l'arrivo di capitali esteri, quindi l'acquisto di aziende o la creazione da zero, risulta essere una fonte di sviluppo e crescita grazie alle nuove tecnologie importate, che tendono a formare e specializzare capitale umano che magari domani potrà organizzarsi in proprio e creare nuovo benessere. L'esempio più eclatante è la Cina, ovviamente nel quadro  di un processo ben controllato dallo Stato.
In Italia invece vengono, e li esortano a venire, non per contribuire alla crescita e lo sviluppo del paese, ma per impadronirsi, del miglior capitale umano e delle migliori aziende. Non ultimo l'acquisto di di ducati da parte di Audi.
Qualcuno magari penserà, che comunque un azienda acquistata da un capitale estero, è un' azienda sottratta magari alla chiusura, che produce redditi che i suoi dipendenti consumeranno nel nostro paese. Sicuramente!! Nessuno dice il contrario. Ma il problema non è appunto chi investe e porta i capitali in Italia (ad esempio), ma è il perchè l'Italia ha bisogno di capitali esteri. Ed il perchè va ricercato nel bisogno che l'Italia ha di risparmio estero proprio per la mancanza endogena per far fronte ai debiti. E se esiste mancanza di risparmi  è perchè, o c'è troppa domanda o perchè i redditi sono diminuiti (o non cresciuti abbastanza). Ed è proprio quest' ultima è una delle cause propedeutiche che affliggono l'Italia nell' età dell' Euro, all' interno di un circolo vizioso.
Comunque non sempre le acquisizioni di imprese da parte di non residenti, si traduce in creazione di nuovi punti di lavoro. Spesso queste acquisizioni si traducono in riduzioni di tutele e diritti nei confronti dei lavoratori (vedi art. 18) volute proprio dagli investitori esteri (non residenti), come dichiarò oltretutto la Fornero al Corriere della Sera: secondo gli investitori esteri serve più flessibilità in uscita (licenziamenti), e come si possa creare lavoro in questo modo resta un grande mistero.
Una corretta gestione degli afflussi esteri, deve essere fatta in base ad una politica industriale che tende allo sviluppo sostenibile delle imprese. Al contrario di quanto accade nel nostro paese dove i capitali esteri vengono utilizzati in modo subordinato alla politica economica degli altri membri dell' eurozona (perchè l'Italia si è consegnata a loro), conseguendo debiti e smantellamento di beni pubblici.
Anche se in un primo momento riesci a "fare cassa" (per pagare debiti), ne consegue che: al  pagamento di una passività (debito) si sostituisce un' altra passività (un' investimento diretto estero), spesso più costosa in termini di redditi da versare all' estero nel futuro. La bilancia dei pagamenti registrerà comunque un deficit.
L'arrivo di capitali esteri rispetto alla causa di una crisi di domanda estera di competitività di prezzo e quindi di produttività, quindi di redditi, quindi di consumi, è paragonabile all' assunzione di una tachipirina che ti fa abbassare la febbre ma non è l'antibiotico che la fa passare.
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