#QuelLibroChe: Il capitano è fuori a pranzo di Charles Bukowski
Creato il 27 maggio 2013 da Dida

“Uno scrittore non ha niente da dare, se non quello che scrive.Al lettore non deve nient’altro che la disponibilità della pagina stampata. E il peggio è che molti di quelli che bussano alla tua porta non sono nemmeno lettori. Hanno solo sentito parlare di te.Il miglior lettore e il miglior essere umano sono quelli che mi fanno la grazia della loro assenza.”(Il capitano è fuori a pranzo)Charles Bukowski è una vera e propria icona. E’ il modello degli intellettualoidi alternativi amanti del wisky, delle belle donne, della musica rock e di uno stile di vita rigorosamente dissoluto. E’ stato un personaggio controverso e sopra le righe, ma quello che sfugge ai più è che lo era perché era quella la SUA inclinazione naturale. Il gioco, l’alcolismo, le donne e la scrittura erano espressioni della sua anima, era il suo modo di presentarsi al mondo, di dire: “ehi, eccomi qui!”Quando quindi si approccia ai volumi di Bukowski non bisogna farlo sperando di ritrovarsi a leggere il manuale del perfetto hipster, donnaiolo e incazzato, perché quello che vi troverete sarà soltanto la vita di UN uomo.
I miei primi contatti con questo autore li ho avuti leggendo Il capitano è fuori a pranzo, edito in Italia da Feltrinelli. Si tratta di un vero e proprio diario di bordo nel quale lo scrittore, in attesa della morte, si lascerà ironicamente andare ai ricordi ripercorrendo i pezzi di vita, gli incontri e le piccole conquiste personali. In modo decisamente inaspettato, dopo una manciata di pagine, mi sono ritrovata follemente innamorata di uno scrittore che colleghi infervorati, “alternativi e ribelli” mi avevano fatto odiare, perché l’avevano ridotto a uno stereotipo, un mito da idolatrare e un modello di vita da perseguire (pena la mancata riconoscibilità sociale).In realtà il pessimismo, la malinconia e i vizi di Bukowski sono unici perché suoi. Nei suoi libri, romanzati e non, non troverete mai azioni, pensieri o convinzioni che non sono appartenuti allo scrittore. Lui ascoltava musica classica, giocava alla corse, seduceva le donne, beveva e tentava di sprofondare nell’oblio dell’alcool nello stesso modo in cui lo fanno i suoi personaggi.Non ha vissuto una vita piena e romanzata, ma ha gettato la sua vita, quella vera, fatta di corse all’ippodromo e scarpe da allacciare al mattino, nei suoi libri. In ogni personaggio, quindi, troverete Charles e non Bukowski, ma soprattutto tutte, e sottolineo tutte, le trame dei suoi romanzi sono perfettamente identiche: la cosa che le rende uniche e che non fa annoiare il lettore è la loro autenticità.Non siamo infatti al cospetto di uno scrittore che si è crogiolato nel mito di sé, o peggio ha tentato di costruirsi un’identità fittizia. Qui abbiamo un uomo, uno come tanti, che nella scrittura ha semplicemente trovato il modo più semplice per: “tirare fuori la morte dal taschino, scagliarla contro il muro e riprenderla al volo”.
Impariamo a leggere di Bukowski, quello vero, e non quel mito che generazioni di lettori\aspiranti scrittori hanno creato ed erroneamente alimentato negli anni.Alla prossimaDiana
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