di Rina Brundu. Leggo adesso che per Matteo Renzi è appena arrivata anche la ramanzina della CEI: “Basta slogan!”. Di norma avrei detto che la CEI dovrebbe occuparsi di tutt’altre faccende (del resto, anche l’aria che tira in Vaticano di questi tempi non è delle migliori!), e che sarebbe cosa buona e giusta che la Chiesa la smettesse una volta per tutte di entrare a gamba tesa nelle cose della politica italiana, ma stavolta mi sento di fare un’eccezione.
Encore, dopo avere “seguito” le fantastiche avventure di Matteo Renzi nel paese delle meraviglie dello zio Sam, direi che l’eccezione é d’obbligo. Scagli la prima pietra infatti chi, in questi giorni, essendo già in età matura, non si è sentito alla stregua del giovane padre o della giovane madre di famiglia che, avendo mandato il figliolo preferito alla sua prima gita fuori contado, ha seguito, preoccupato ed intenerito ad un tempo, i suoi racconti mediatici ed eccitati: la visita a Yahoo, la scampagnata a Google dove “mi hanno lasciato indossare anche i Google Glass”, la capatina alle Nazioni Unite dove, mentre i “grandi” approvavano all’unanimità le risoluzioni contro il califfato, “noi” abbiamo finanche intravisto Leonardo di Caprio che interveniva a proposito della necessità di un management oceanico sostenibile. Robe dell’altro mondo!
“Devo essere sincero: Renzi non mi convince.” Ha scritto. pochi giorni fa, il bravo Ferrucccio De Bortoli in un suo pezzo titolato “Il nemico allo specchio”. Fermo restando che questa “scomunica” è sospetta per un giornale filo-renzista come il Corriere e che la stessa “scomunica” potrebbe essere solo un “frutto” acerbo procurato dal futuro avvicendamento alla direzione del giornale, siamo comunque contenti che qualcuno di norma attovagliato tra le alte sfere del giornalismo che conta, abbia cominciato a notare il deleterio status-quo. Per dirla con la CEI, se togliamo via gli “slogan” e i famosi 80 euro (che non mi riesce ancora di capire perché non siano stati dati a chi ne aveva effettivamente bisogno in un’epoca di vacche magre!), il renzismo appare sempre di più alla stregua di un vanitoso imperatore che passeggia (a nostre spese) per le strade del mondo come mamma l’ha fatto. Che poi De Bortoli o chi per lui gridi che “il re è nudo” è mera consequentia rerum, non serve insomma alcuna illuminazione particolare, e non servono neppure i Google Glass.
“Il dissenso (Delrio?) è guardato con sospetto”, ha scritto inoltre il direttore. A dire il vero è questo suo inciso l’unica “novità” che mi ha davvero dato da pensare. Non so nulla di Delrio, non lo conoscevo prima dell’avvento di Renzi, tuttavia non mi stupirei se De Bortoli raccontasse una verità, ovvero che dentro le dinamiche del renzismo che conta il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri viene guardato con sospetto. Trovo infatti in fortissimo contrasto i toni pacati, misurati, seri (e non seriosi), di Graziano Delrio, con i toni preferiti dal nostro Premier. Di più, se dovessi scegliere il tipo di politici che a mio avviso dovrebbero rappresentarci dopo lo sconquasso epocale che ci ha travolti, direi che occorrerebbe ricominciare proprio da quelli come Delrio, o no?
Featured image, Graziano Delrio