di Rina Brundu. Scagli la prima pietra colui o colei che in tutta onestà possa dire che qualcosa sia davvero cambiato sul fronte politico in questi ultimi 12 mesi. Di fatto continuano gli scandali (anche quando più o meno oblìati da questo o quell’organo di stampa amico e compiacente), continuano le ruberie, continuano i valzer di poltrona, si continua con il politichese criptico e con la distanza siderale tra il mondo della politica-per-mestiere e il mondo del reale.
Scagli la prima pietra colui o colei che non si fosse illuso almeno un poco che la parola d’ordine della politica italica nell’Anno Domini 2014 sarebbe stata rottamare, cioé demolire, se non altro da destinarsi alla demolizione. Dovendoci arrendere alla realtà dei fatti – proprio come ha tenuto a precisare il premier quest’oggi – la parola chiave della politica contemporanea è stata senz’altro RICICLARE. Riciclare tutto: amici degli amici caduti nel dimenticatoio ma sempre disponibili per occupare questa o quell’altra poltrona senza scossoni troppo forti per il Sistema, riciclare idee anche quanto appartenute ad altra parte politica e farle passare come buone, riciclare citazioni opinabili e specialmente un modus di fare politica obsoleto e tutto teso al tornaconto e al profitto personale (anche quando questo fosse solo il consenso elettorale) che si era sperato non avremmo dovuto vedere mai più.
Le conseguenze dello status quo da modello politico afflitto da gattopardismo impenitente non sono poche e non si può dire che non siano gravi se consideriamo che tra quelle “conseguenze” dobbiamo includere il completo appiattimento della critica politica intellettualmente valida, la caduta nel dimenticatoio di termini quali par-condicio in materia di visibilità-mediatica, l’asservimento dell’80% della Grande Stampa, l’annichilimento del “popolino” dentro un mare magnum di retorica catto-perbenista senza arte ne parte, il sistematico relegare le ragioni-degli-ultimi in secondo piano, l’intoccabilità delle ormai millenarie pratiche nepotistiche che portiamo avanti impuniti con grave nocumento per il nostro stesso sviluppo tecnico futuro; tutto ciò mentre termini e costrutti come merito, know-how, libertà imprenditoriale, necessità-di-cambiamento sono stati abbandonati in balìa del vento in compagnia delle nostre speranze.
Che non si sia stati capaci di cambiare è dunque dato assodato, nonostante l’occasione storica che in certo modo si é presentata quando l’M5S portò a casa un quarto dei voti degli elettori. Da questo punto di vista si può senz’altro affermare che Grillo è paradossalmente il principale artefice del nostro fallimento-epocale, per meglio dire è senz’altro pedina molto più colpevole di un Renzi che ha semplicemente continuato a fare il suo mestiere di politicante d’antan. Non credo neppure nelle illuminazioni-sulla-via-di-palazzo-Chigi e penso che a questo punto della storia né Beppe Grillo né Casaleggio riusciranno a tornare coi piedi per terra, a smetterla di parlare di uscita dall’Euro e dall’Europa, a rimettere in primo piano gli interessi delle aziende e dei lavoratori, a trasformare il loro movimento in un movimento popolare capace di governare in maniera sana e moderna un grande paese come è il nostro.
L’ultima speranza prima di morire? Che i fuoriusciti dal M5S si dimostrino capaci di costruire un gruppo autonomo, gestito secondo regole democratiche e in grado di proporsi come esempio davvero valido per la nascita di numerose altre pedine politiche moderne che da destra a sinistra riescano infine a spazzare via, una volta per tutte, il riciclato-presente come un incubo terribile di cui non si potrà sentire mai la mancanza.
Featured image, Incubo, di Johann Heinrich Füssli (1781)