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Quello che il renzismo non dice (95) – Di Fondazioni e di Editoria. Ancora sul caso D’Alema ma non solo.

Creato il 02 aprile 2015 da Rosebudgiornalismo @RosebudGiornali
382px-Mark_Twain,_Brady-Handy_photo_portrait,_Feb_7,_1871,_croppeddi Rina Brundu. Come spesso avviene con gli articoli di questo bravo autore anche l’editoriale pubblicato ieri da Sergio Rizzo sul Corriere.it e titolato “La selva oscura delle fondazioni e quel controllo che non c’é” è diventato virale in Rete, ripreso e/o commentato da tantissimi giornali online. Di fatto il sistema (legale) di “finanziamento” di attività private da parte di cooperative o società a vario titolo è analizzato nel dettaglio, incluse le sotto-dinamiche perniciose che nella maggior parte dei casi portano questi versamenti legittimi ad essere né più nè meno che acconti versati per accedere ai sistemi “di relazioni” che contano.

Il problema italico è che come al solito la mancanza di trasparenza come avrebbe fatto notare anche il presidente dell’anticorruzione Raffaele Cantone. “Che per questo” scrive Rizzo con un inciso da incorniciare “si è beccato una punzecchiatura dalemiana dalla Velina rossa con l’invito a far pubblicare tutti i contributi alle fondazioni, «anche a quelle di Firenze». Bersaglio: Matteo Renzi”.

Ma in realtà non è di questi argomenti che voglio parlare, lo ha già fatto al meglio Rizzo.  Piuttosto, sempre prendendo spunto dal Caso D’Alema, ma certo non per scagliare una freccia in suo favore, vorrei fare qualche commento più generale sul ruolo dell’editoria italica dentro le dubbie dinamiche raccontate dall’editorialista del Corriere. Credo di poterlo fare con cognizione di causa dato che sono stata per qualche anno un editore cartaceo e dato che mi sono sempre interessata di editoria, di libri.

Di fatto mentre svolgevo quelle attività (portate avanti senza MAI ricevere alcun contributo pubblico al punto che questo l’avevo indicato chiaro nella terza di copertina di quei testi, illudendomi che qualcuno andasse a leggere il minuscolo e comprendesse quale fosse la portata del messaggio che si stava tentando di mandare), mi hanno sempre colpito le perniciose e complicate relazioni che esistevano tra editori e “istituzioni” locali, regionali, società private a vario titolo. Mi hanno sempre colpito al punto che sono state una delle ragioni importanti per cui ho smesso: io non sarei mai andata a chiedere favori a Tizio o a Caio per vendere libri. E che tipo di libri stavo pubblicando se per venderli occorreva coltivare amicizie dubbie? Me lo sono chiesta all’infinito e fortunatamente la risposta giusta l’ho trovata, in tempo!

Eppurtuttavia oggidì mi vengono ancora i brividi quando ricordo convegni, presentazioni (sulle presentazioni di libri in Italia ci si potrebbe scrivere una intera enciclopedia!), organizzate a belle posta del lisciare l’ego del “politicante” e/o dello scribacchino di turno. Scritti senza arte ne parte, bignamini scopiazzati di qua e di là, infarciti di osservazioni trite e contrite, privati della ricchezza che solo una maggiore saggezza, esperienza di vita e lavorativa può regalare, grondanti essenza di denaro pubblico buttato a mare. Diceva Giangiacomo Feltrinelli “Esistono libri necessari, esistono pubblicazioni necessarie”. Sarà! Io so solo, ma per certo, che esistono anche libri che una volta letti non bisognerebbe riporli via con leggerezza: occorrerebbe scagliarli oltre lo steccato con una data forza e assicurarsi che nessun refolo di vento più forte del solito, o un vicino di casa in vena di farti un favore, te li rimandi indietro. Quelli finanziati con denaro pubblico, o tramite Fondazioni, 99 volte su cento appartengono proprio a questa categoria, ieri come oggi, inutile dunque stracciarsi le vesti, ma il renzismo lo sa o fa finta di non saperlo?

Featured image, Mark Twain, detail of photo by Mathew Brady, February 7, 1871.

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