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Quello strambo essere chiamato Lettore

Da Marcofre

Si legge spesso di quanto sia importante collocare la giusta parola in una descrizione, un racconto. La precisione è fondamentale per rendere l’esperienza della lettura qualcosa per cui vale la pena sacrificare del tempo.

Il lettore è un essere strambo che per esempio legge in metropolitana, o prima di addormentarsi. Deve farlo perché gli piace, adora dare in pasto alla propria mente un paragrafo, un capitolo su cui il sonno o gli impegni stenderanno la loro coltre. Senza però soffocarlo.

È per queste persone che si scrive.

Alcuni esordienti credono che la riscrittura, quella che applicava Carver ai suoi racconti per esempio, sia indice di scarsa bravura, o di grande insicurezza.
Al contrario.

Il lettore è una persona e come tale ha diritto al rispetto. Questo si realizza se la scrittura ha grandi ambizioni, e si prova almeno a creare qualcosa capace di parlare al singolo per ricordargli che esiste la bellezza. L’arte.
L’omologazione, la mediocrità non sono decreti, ma proposte, che poi diventano scelte del singolo, e che tuttavia possono essere abbandonate per il meglio.

Se si scrive con questo in mente, allora ci sono ottime probabilità che una stesura, due, o tre, risultino ancora poche, insufficienti. Sai che gli occhi di uno sconosciuto/a sfioreranno per pochi minuti la tua storia.

Per questo motivo ti impegni a confezionare qualcosa di sbalorditivo. Una storia che terminata, riesca a propagare i suoi effetti anche a distanza di tempo.
Che induca il singolo ad adottare uno sguardo diverso su quello che lo circonda.


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