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Questione di ARPU

Da Pedroelrey

Mary Meeker, analista della Morgan Stanley, ogni anno effettua una presentazione che riassume lo stato di Internet e dell’economia digitale. Al suo interno vi è sempre un grafico di sintesi relativo al tempo di utilizzo dei diversi media ad al livello di investimenti in comunicazione pubblicitaria che evidenzia lo stato dell’essere attuale.

Quello di quest’anno mostra come, negli Stati Uniti, il forte sbilanciamento a cui era in passato soggetto Internet, con un rapporto tra tempo speso dall’utenza e budget pubblicitari sfavorevole, si sia praticamente annullato, mentre permane un forte gap sia per quanto riguarda i quotidiani che per il Web in mobilità.

Questione di ARPU

Ho già avuto modo di sottolineare come questi dati possano dar luogo a teorie, perlomeno, eccessivamente meccanicistiche, poichè al concetto di tempo speso vanno necessariamente abbinati due elementi: quelli di coinvolgimento e di attenzione.

Se da un lato è infatti necessario continuare  la ricerca di nuove, e più efficaci, modalità di  comunicazione e relazione, dall’altro si impone una riflessione sull’efficacia della pubblicità on line, sulla fruizione e sui livelli di attenzione che essa genera in termini di permanenza e memorabilità del messaggio.

Aspetti che sono ulteriormente influenzati, allo stato attuale, da proposte di comunicazione prevalentemente invasive e inadeguate al mezzo, trasportate su Internet senza tenere conto delle differenze rispetto agli altri media.  Il Web è un ambiente, un ecosistema sociale, e considerarlo un media in termini classici è un errore. Il basso livello di efficacia della comunicazione pubblicitaria on line ne è la più vivida testimonianza.

Sempre all’interno della precitata presentazione, di grande interesse, a mio avviso, sono i dati relativi all’ARPU, ai ricavi medi per utente. Se certamente, ancora una volta, sono dati che vanno presi con le pinze poichè non tutte le persone sono uguali nè hanno lo stesso valore sotto il profilo pubblicitario, il grafico evidenzia l’enorme distanza tra il valore dei quotidiani e quello di alcuni dei principali attori, delle più grandi imprese in Rete.

Mutuando la celebre frase di Ogilvy, uno dei padri dell’advertising, che diceva: “il consumatore non è uno sciocco, il consumatore è tua moglie”, credo che neppure le imprese e gli imprenditori, gli investitori pubblicitari siano degli sciocchi.

La tanto annunciata morte dei giornali è rimandata a data da destinarsi, nel frattempo meglio fare qualche riflessione, e lavorare, sul valore dell’advertising online non solo sotto il profilo quantitativo.

Questione di ARPU


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