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Ho risposto che se non altro tornerò presto a trovarlo, e mi auguro sia così, anche se per la pista di atletica della Farnesina adesso provo una specie di amore-odio, a seconda delle circostanze: amore, perché mi ricorda i bei momenti passati sopra quel tartan rosso, le scariche di adrenalina, ed amore anche per i momenti più difficili: ripetute, esercizi complicati, serie non terminate, tutto ciò che comunque mi faceva sentire vivo e spingere il mio corpo verso il massimo sforzo. Odio, per la voglia che mi viene di correre quando adesso vedo il campo e gli altri miei amici e compagni allenarsi: voglia che si tramuta presto in rabbia, per una stupida e idiota caduta a pallavolo avvenuta a scuola due anni fa, dalla quale non sono mai guarito definitivamente, ma per la quale non ho ancora perso la speranza...
Quando Giorgio mi ha chiesto come andasse l'università, gli ho risposto che procedeva tutto abbastanza liscio, anche perché del resto ho più tempo per studiare, adesso che non corro. Lui mi ha risposto dicendo che, giustamente, il tempo che non possiamo impiegare in un modo, va utilizzato in un altro: a maggior ragione, come capirà chiunque abbia fatto atletica e continua ad amarla, non è data l'idea di poter "sprecare" del tempo, intendendo con spreco non tempo "libero", ma tempo passato senza fare nulla di socialmente o individualmente utile. Massimizzazione del profitto, direbbe qualche simpatico economista.
Purtroppo è proprio all'università - se non si è già iniziato a prendere coscienza del fatto alle superiori - che impari ad apprezzare il valore del tempo che passa. E' all'università che ti ritrovi oberato di libri da studiare e compiti da eseguire, un carico di studio molto più pesante rispetto alle superiori, e inizi a capire che il metodo che hai utilizzato fino a quel momento non va più bene: ci vuole organizzazione, bisogna sfruttare utilmente ogni minimo lasso di tempo - sempre per quanto possano consentirlo le proprie energie, ovvio. Io per esempio ci metto circa un'ora e un quarto per arrivare all'università prendendo i mezzi pubblici, una parte del viaggio in cui sono seduto in treno almeno all'andata provo a leggere qualche materia - magari non magari troppo impegnativa, in modo di non arrivare all'uni già col mal di testa in corso e con un nuovo bisogno impellente di caffé.
L'atletica mi "rubava" mediamente due ore e mezza o tre al giorno, per cinque o sei volte a settimana. Quelle ore, però, filavano via come fossero minuti. Adesso ho molte più ore per studiare, ma ne sento molto di più la pesantezza. Tornato da atletica mi sentivo "realizzato", come se avessi dato un senso a quella giornata; e dopo quella "realizzazione" tornavo a casa e studiavo (o studiavo prima) soddisfatto da ciò che avevo compiuto; anche studiare a volte mi risultava meno pesante (nei limiti del possibile). Adesso, oltre a studiare, devo recuperare dall'infortunio; faccio fisioterapia discontinua da un bel po', e diciamo che in me si alternano momenti di demoralizzazione profonda a momenti della serie "se ci credi puoi farcela!" Be' io voglio ancora crederci. Partirò poi a settembre per l'Erasmus e voglio provare a correre anche lì in Germania, per quanto sia complicato, ma se parto senza esser guarito sarà molto meno probabile continuare a coltivare questa passione.
Dunque, dal momento che considero questo blog una valvola di sfogo e uno specchio che sicuramente riflette i miei pensieri in modo più chiaro, lucido e razionale rispetto a come essi nascono nella mia testa, l'impegno che mi assumo d'ora in avanti è di non buttare via nemmeno un minuto del mio tempo, ma di fare tanto, quanto è in mio potere, per ottenere ciò che voglio e quello che penso sia meglio per me.
C'è solo un modo di dimenticare il tempo: impiegarlo. (Charles Baudelaire)
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