Innocenza?
di Massimo Parizzi
C’è qualcuno che, davvero, si sente innocente? Io no.
Questo “davvero”, o “in verità”, manifesta una diffidenza. E la diffidenza è incompatibile con l’innocenza. Chi si sente innocente non può essere interrogato, solo confermato o contestato. Non esistono vie di mezzo. Qualunque domanda sul suo senso di innocenza è una contestazione radicale. Lo distrugge. (continua qui)
E’ uscito il n. 23 della rivista Qui. Appunti dal presente. Propongo il sommario e una presentazione.
SOMMARIO
2-4 luglio 2010: un autobus dato alle fiamme a San Salvador; una serata fra ragazzi in Israele. E una domanda, Innocenza? (Massimo Parizzi), che percorre gran parte del numero. 4-12 luglio: un prigioniero politico a Cuba; il bisogno di “rivivere dentro di sé la propria storia arricchita da quella dell’altro”; una mattina in piscina a Roma; le strolaghe vicino ad Arctic Bay, penisola di Baffin, Canada; “quale marciume occorre spazzare via per scoprire un mondo abitabile” (Joan Miró); Arctic Bay coperta di polvere; una seduta di yoga a Kabul; un’incursione dei muttawa, “campioni della moralità saudita”, in un centro commerciale di Riyadh. E una poesia di Roberto Juarroz, argentino, Vivere è infrangere. 12-20 luglio: di nuovo a Kabul, un rapimento per sbaglio e gli smalti per unghie al supermercato; una ragazza che si fa due piercing ad Atlanta, Georgia, Stati Uniti; due donne che in palestra, a San Salvador, parlano del matrimonio: è un “rinunciare a me”; la fine dell’estate ad Arctic Bay; Kabul nel caos della Conferenza internazionale e “il bambino o il cane dentro di voi, quella parte innocente che sa ancora riconoscere la differenza”. Una pagina di Elsa Morante sulla “innocenza” degli animali. 21 luglio-2 agosto: un venditore ambulante di giornali a San Salvador; i pensieri che “mette in testa” la tv a una ragazza nigeriana negli Stati Uniti; le autorità saudite informano un marito che una sua “dipendente”, sua moglie, è partita per l’estero; scontri fra genitori e figli all’Avana; cerimonie sciite a Baghdad viste da una giovane non sciita; mettere via i libri sulla gravidanza insieme alla speranza di avere un altro figlio; una conversazione fra due donne espatriate a Shanghai su una bambina adottata. e una poesia di Sylvia Plath, Bambino. 2-23 agosto: “l’innocenza verrà divorata boccone per boccone”; una bambina che addestrava formiche; un luogo in cui “la presenza dell’uomo è inosservata e la sua assenza non compianta”; un incontro facendo jogging nella campagna attorno a Bologna; una “azienda agricola con certificazione biologica” a Gaza; il ferragosto a Roma; una fiction televisiva, in Arabia Saudita, in cui “una donna sposa quattro uomini”; un picnic in Iraq; un tramonto ad Arctic Bay. E un saggio su Il rossore perduto (Alfredo Tamisari), quello provocato dal pudore e quello provocato dalla meraviglia. 25 agosto-5 settembre: due genitori vanno a trovare il figlio nella sua base militare in Israele; una lettera di una donna israeliana al presidente palestinese Mahmoud Abbas e al primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu; come gli studenti delle scuole medie superiori, a Cuba, devono vestire e portare i capelli; un incontro a un autolavaggio, a Bologna, con una famiglia rom; una coda in banca a San Salvador. E una poesia di Robinson Quintero, colombiano, su Lo straordinario. 9-28 settembre: i festeggiamenti dell’Eid a Gaza; la ripresa dopo il ritorno dalle vacanze a Roma; Fidel Castro e il sistema cubano che “non funziona neanche per noi”; libri bruciati in Iran; la morte di Chucho all’Avana; la fatica di studiare medicina ad Atlanta; una ragazza nigeriana negli Stati Uniti che non parla mai di razza “perché, francamente, non mi interessa”; l’arrivo della stagione buia ad Arctic Bay; razzismo su un autobus all’Avana.
Cosa è Qui. Appunti dal presente?
Questa rivista è nata nel 1999 per raccogliere testimonianze, descrizioni, osservazioni, riflessioni sul tempo privato-pubblico che viviamo in qualunque forma la scrittura consenta: appunti, poesie, racconti, lettere, saggi, pagine di diario ecc. Dal numero uscito nel febbraio 2005 è divenuta, privilegiando una delle forme che aveva sempre praticato, un diario. Viene pubblicata anche in un’edizione in inglese e i suoi collaboratori sono persone che vivono in diversi paesi del mondo; sia persone per le quali scrivere è un’attività quotidiana, a volte professionale, sia persone per le quali è un’attività soltanto occasionale o rara (intellettuali e non, insomma). Perché un diario? Per farci insieme, su queste pagine, “testimoni” del tempo che insieme viviamo, per leggerlo e commentarlo offrendo periodicamente al lettore la possibilità di ripercorrere, attraverso un “coro” di voci diverse, un passato recente che egli stesso ha vissuto in prima persona. Inoltre, un diario è un esercizio d’attenzione. E può essere anche un contenitore di pensieri, osservazioni, interrogativi sparsi: quelli che non giungono a farsi “compiuti”, e che soprattutto in questi anni, in cui si tratta di ripensare tutto, possono essere un aiuto prezioso. Infine, il diario è un genere di scrittura “personale” per eccellenza, e questa rivista ha sempre voluto essere una rivista di singole persone che parlano a e con singole persone.
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