Quinto: onora il padrone, perché egli ti ha dato la vita

Da Olineg

Qualcuno potrà trovare quello che dico esagerato e pretestuoso, forse è vero, e forse è vero anche che per qualcosa del genere, aParigi, alla fine del settecento, hanno tagliato la testa a qualcuno. Mi riferisco alle parole di Marchionne sull’accordo per Pomigliano: “Ci stiamo giocando la vita di 5.000 persone”, non è il termine “giocare” che ho trovato irrispettoso, ma “vita”. Molto probabilmente è vero; è in ballo la vita di cinque mila e più persone, ma Marchionne non ha il diritto di dirlo, perché la vita di una persona non è il suo lavoro o la sua busta paga, la vita di una persona non è saldare carrozzerie o mille e duecento euro a fine mese. Se lo avesse detto un sindacalista non ci sarebbe stato nulla di male, ma Marchionne non può dirlo; il padrone non può dirlo. Deve rispettare la sacralità del lavoro, ma non la deve confondere con la sacralità della vita. Sono solo parole, e in quelle di Marchionne non c’erano cattive intenzioni, ma è con le parole che gli uomini costruiscono i concetti, come quello di società, e non ci si può permettere che in tale concetto, uno che intraprende un’attività per ricavarne profitto, sia scambiato per uno che elargisce la vita. Il lavoro non è una grazia divina, non è una generosa concessione della politica, non è il favore di un boss locale, il lavoro è un diritto e un dovere per chiunque viva in una comunità, è l’essenza stessa di una comunità. Ma la vita è strana, e i ruoli si capovolgono, non spessisimo ma a volte succede; i figli di quei cinque mila diventeranno disoccupati, operai, impiegati, avvocati e medici, e magari uno dei dirigenti dell’attuale Fiat un giorno farà un incidente in auto, sarà trasportato d’urgenza nell’ospedale più vicino, un piccolo ospedale di provincia, e ad operarlo ci sarà un giovane specializzando, figlio di un operaio di Pomigliano, non ha mai operato da solo ma è notte fonda, il primario è all’estero per un congresso e gli altri medici di ruolo sono irreperibili, l’uomo è in fin di vita e deve essere operato urgentemente, non c’è tempo per chiamare l’eliambulanza, e mentre il giovane medico scosso dalla tachicardia, applicherà all’uomo una tracheotomia, forse penserà dentro di sé “Mi sto giocando la vita di una persona”.



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