Quando a Pietrasanta vedo Raffaele Troisi, anima di Traerte – Vadiaperti, non posso mancare l’appuntamento e approfittarne per conoscerlo di persona, oltre che attraverso le sue etichette, già scoperte durante alcuni assaggi alla scoperta dei vini campani.
Raffaele ci racconta con anima e passione i suoi vini, palesando un particolare amore per la Coda di Volpe, vitigno autoctono irpino in cui ha creduto dal principio, quando all’inizio della sua avventura puntò tanto su queste uve, credendoci e preservandole, andandosi a cercare le poche vigne vecchie sopravvissute agli espianti in favore dei vitigni imposti dalla moda degli anni 80 e 90, e tutt’oggi ancora traino dell’enologia locale, come Fiano e Greco.
La Coda di Volpe deve il suo nome alle fattezze del suo grappolo, generoso e allungato, tale da ricordare appunto l’appendice dell’animale, anche per l’invaiatura carica di colore, dai toni capaci di arrivare all’arancio. Un’uva che pochi hanno mantenuto perchè più sensibile e meno rustica rispetto a Fiano e Greco, dotata di minori acidità e spesso usata in taglio per ingentilire e dare rotondità e profumi. Ma Troisi la vuole esaltare nelle sue peculiarità, proponendola in purezza nel Coda di Volpe 2014, dai toni paglierino tenui e dai sentori di erbe fresche e frutti bianchi maturi. Arriva al palato con giovanile verve acida cui corrisponde una struttura piena e avvolgente, equilibrata e dal buon finale di pera e mandorla verde. Bello trovare un vino così, non omologabile o rassomigliabile ad altri.
La cantina Traerte ha sede a Montefredane, in piena terra di Fiano, che non può mancare con il Fiano di Avellino 2013, coltivato su terreni ricchi in argille e sabbie vulcaniche. I profumi sono nitidi e variopinti, mutevoli, con sensazioni di gelatina di pere e ananas, poi agrume di limone e sprazzi di pesca, nocciola e terra. Al palato conferma tutta la sua briosa gioventù, con la freschezza a sostenere una massa ricca e oggi ancora austera, dal finale sapido e dal ricordo fine di terra e clorofilla, che a Raffaele piace associare al ricordo dei giochi infantili quando ci si sporcava di erba e terra nel campetto, inseguendo un pallone.
A completare il trittico della linea “base” il Greco di Tufo 2013, tutto erbe, pietra e agrume, teso, ossuto e sgomitante in bocca, ricco di un’energia tagliente dal finale di pompelmo e roccia, che promette grande tenuta nel tempo e pulizia di bocca. Ideale su piatti di pesce anche grassi, e non tentennerei a berlo su una cruditè di crostacei.
Raffaele ci presenta poi con un certo orgoglio le sue selezioni, sulle quali può esprimersi in massima libertà alla ricerca delle migliori espressioni del connubio tra vitigno e territorio. E torniamo quindi alla Coda di Volpe, col Torama 2013, da vecchie vigne radicate a Pietradefusi, dove i terreni di calcare e arenaria assicurano un rapido drenaggio e le viti si autoregolano offrendo uve sane e piene di sostanza, cui bisogna prestare attenzione e cura, operando con vendemmie leggermente anticipate per preservare quella freschezza che il vitigno non concede in gran quantità. Mi affascina subito nei profumi con ricordi vivi di ginestra e fiori di cappero, e convince anche al palato distendendosi lungo ed equilibrato con sapore ed eleganza, regalando cenni di avulana fresca nel finale di bocca.
Segue l’Aipierti 2013, Fiano di Avellino dalle vigne storiche, che mutua il nome dal toponimo originario della contrada Vadiaperti. Il suo profilo è sempre sulla linea dell’eleganza, dove mentuccia, nocciola e pesca si intrecciano, tornando a lungo e in armonia al palato, dove scorre aggraziato e succoso.Chiudiamo con il Greco di Tufo, dalle vigne più alte del comune di Montefusco, a 700 metri di altitudine, dove nasce il Tornante 2013, dal profilo affilato e serio, con richiami di anice, erbe aromatiche e ciottoli. Arriva al palato come una lama e lo lascia pulito, terso da un’acidità che lascia spazio a un lungo ritorno di sapore e ricordi di agrume giallo. Profondo e dai lontani orizzonti evolutivi, ennesimo esempio del manico e della precisione di questo produttore, che continua a delineare i suoi vini con perizia e passione, regalandoci gioielli che sapranno dare soddisfazioni anche a chi, per caso, curiosità o fortuna, riusciranno a “dimenticarne” qualche bottiglia in cantina per qualche anno.
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