Qualche giorno fa stavo leggendo la trascrizione di un’intervista molto interessante fatta a Claudio Ranieri (l’attuale allenatore dell’Inter) su Inter Channel. Durante un passaggio in cui ha fatto riferimento ai risultati di Mourinho, l’allenatore nero azzurro si è soffermato sulla figura del Mental Coach all’interno dello staff.
Dice Ranieri: “A mio parere, noi in Italia siamo ancoraun pochino indietro su questo ruolo e su questo argomento, ovvero la psicologia del calcio, anche perché molte persone vogliono solo farsi pubblicità attraverso lo sport più popolare”. Condivido!
Poi continua: “Nella realtà è l’allenatore che fa un po’ tutto questo” ed è questo motivo di stima nei confronti di Mourinho. “Lui riusciva a entrare nella mente di tutti i giocatori”, afferma il tecnico, “Io non ho mai sentito uno di loro parlare male di lui, significa che lui era bravo negli undici, ma anche nei trenta della rosa e la nostra forza deve essere questa: cercare di coinvolgere e far sentire importanti tutti perché il giocatore riconosce una persona, se c’è il mental coach non riconosce l’allenatore o viceversa”.
Prendo un pezzo alla volta: “Nella realtà è l’allenatore che fa un po’ tutto questo”. Sì, se la realtà in questione è il Real Panocchia (come si commentava vicino al mio paese natio :-) ). È come se dicessimo che nella realtà è l’allenatore che fa la preparazione fisica. È evidente che ne deve capire i meccanismi, ma poi nello staff ha un professionista che, in accordo e in sinergia con lui e con gli obiettivi della società, si occupa di questa parte della prestazione (ovviamente parlo di squadre professionistiche che possono permettersi diverse figure).
“… e la nostra forza deve essere questa: cercare di coinvolgere e far sentire importanti tutti”. Super d’accordo e ottima idea! Non semplice da attuare, ma ottimo obiettivo.
Dico che non è semplice perché lavorando con allenatori e team ho visto spesso che il “coinvolgere e far sentire importanti tutti” viene perseguito cercando di non scontentare nessuno: ad esempio non dicendo le cose come stanno per evitare di creare malumori, buttando un po’ di fumo negli occhi per fare bella figura oppure facendo illudere l’atleta con la speranza del “abbi pazienza, se continui così vedrai che si creeranno le circostanze giuste e un domani…”
“… perché il giocatore riconosce una persona, se c’è il mental coach non riconosce l’allenatore o viceversa!”. Purtroppo ancora molti allenatori hanno questa convinzione… e mi permetto di dissentire e dire che è invece estremamente lontana dalla mia realtà.
Il mental coach (per come lo concepisco e per come mi comporto) deve essere un braccio armato dell’allenatore. È il professionista dell’allenamento mentale. Così come il preparatore atletico (riutilizzando l’esempio di prima) si occupa della performance fisica degli atleti, il mental coach lavora a diversi livelli sugli aspetti mentali, comunicativi, di gestione dello stress, di lavoro efficace di squadra, ecc.
A “diversi livelli” significa che possiamo lavorare con la società, con lo staff, con l’allenatore e con gli atleti: con uno solo, più di uno o con tutti questi protagonisti del team!
Con gli allenatori con cui ho lavorato, la leadership non è mai stata messa in discussione e i ruoli di tutti sono sempre statiestremamente chiari a tutti (o li sono diventati dopo il nostro intervento).
Forse è la parola “motivatore” (con cui spesso veniamoetichettati) che crea qualche incomprensione… in questo caso sì, sono d’accordo con Ranieri, è compito dell’allenatore motivare i propri giocatori.
E infatti il mental coach (sempre come lo intendo io) non è un motivatore! Per intenderci non fa discorsi alla Al Pacino in Ogni Maledetta Domenica (quelli li lascia appunto all’allenatore… che, attenzione, deve essere capace di farli!).
Ho ascoltato con le mie orecchie discorsi che volevano essere “motivazionali” e che hanno fatto accapponare la pelle ai presenti, autogol clamorosi in 3 minuti di parole che hanno fatto cadere le p@££e ai presenti… scusa, ma così come un bravo allenatore prepara minuziosamente la partita tatticamente e tecnicamente, non capisco perché improvvisi invece un aspetto così importante come quello mentale (soprattutto nel pre-gara).
Adesso ne scrivo una forte: per quanto riguarda l’aspetto mentale e motivazionale, l’allenatore ha il primo grande compito di “non fare danni” (come direbbe il mio amico Roby ;-))! Se solo riuscisse a raggiungere questo obiettivo sarebbe un grande successo!
Le parole sono importanti!!! E anche come le diciamo!
Allargando il discorso mi fanno ridere quelle persone (di solito fanno parte della dirigenza) che, nel 2012, ancora dichiarano“non crediamo in questa figura”… e poi li vedi gestire magistralmente il team congelando gli stipendi, togliendo le giornate di riposo già programmate, oppure dichiarando alla stampa delle informazioni prima di informare i diretti interessati (per citarne alcune a cui ho assistito). Non è questione di credere o meno in una figura, è rendersi conto che la parte mentale condiziona la prestazione… e non si inventa, ci si deve preparare!
Ranieri conclude, sorridendo, con una battuta: “Forse quello che ci vorrebbe è un mental coach per l’allenatore…” Claudio, quando vuoi, qui trovi la mia mail ;-)
Scherzi a parte, se sei un allenatore o un dirigente, informati e formati anche su questi aspetti di fondamentale importanza. In pochi nascono con queste capacità innate, imparale!
Ancora tanti auguri per un fantastico 2012 e ti lascio con un piccolo spezzone di questo cult movie… per ripartire con l’umore giusto :-)
Di Alessandro Mora