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Rapunzel

Da Waxen

Venduta per un cespo d’insalata.

Può succedere, in tempi di crisi, se sei la prima figlia di due lavoratori precari, con un contratto a progetto e poche speranze di ottenere un rinnovo, figuriamoci un’assunzione. Genitori senza una casa di proprietà, senza la possibilità di accendere un mutuo o di uscire indenni da un qualunque altro tipo di finanziamento rateizzato. Gente che vive di tre mesi in tre mesi, con mesi di tre settimane. Soltanto tre, effettive, ed una quarta in avanzo.

Raperonzolo fu venduta ed in cambio le fu lasciato in dote un sogno, un obiettivo da raggiungere, un’opportunità: diventare famosa, trasformarsi in una piccola reginetta degli schermi, amata dal pubblico e dalla critica, tutta sorrisi, mossette e moine, lontana dai rischi, sempre al sicuro, al riparo, sotto l’ala protettrice di Dama Gothel Endemol, la strega, l’acquirente, la trafficante in pueri.

Una bambina predestinata. A tre anni le prime lezioni di danza, poi il debutto in un cortometraggio per bambini: “Our Gang, Our Bang”.

Notata per il suo viso delizioso e per il suo carattere estroverso (celebre la sua dichiarazione su Adolf Hitler: “Dev’essere dura avere le voglie di un cinquantenne e il pisellino di un bambino di tre anni”), Raperonzolo iniziò a partecipare, con ruoli sempre più importanti, ad un gran numero di film di cassetta, fino ad ottenere i primi riconoscimenti ufficiali grazie ad una brillante performance in “Shirley Animatrice” (Two Right Eyes), pellicola che rimase celebre per la controversa scena in cui, senza censure, il cagnolino della Coppertone rincorreva la piccola e la denudava del suo costume da bagno.

Gli accattivanti capelli biondi ed il suo dolce sorriso, uniti alle notevoli doti di ballerina di tip-tap, finirono per rendere Raperonzolo una vera e propria star dello spettacolo, permettendole di affiancare divi di altissimo calibro e di puntare, con tranquillità, ad una targa immortale su Sunset Boulevard.

Non tutte le rapide ascese, però, finiscono per sfociare in un successo brillante e duraturo, specie quando, a metterci lo zampino, ci pensano i contratti, gli sponsor e le dinamiche commerciali.

Quando la protetta di Dama Endemol fu costretta a firmare un contratto di esclusiva per diventare la protagonista de “Il Grande Castello” (un reality show sperimentale venduto come format alle TV di tutto il mondo), soltanto in pochi intuirono il rischio di quell’operazione, di quello spettacolo estremo ai limiti delle possibilità umane.

Una torre, alta 18 metri, con un’unica stanza in cima, senza porte, né scale, ampia come un monolocale al centro di Roma. Venti telecamere, cinquanta operatori, riprese in diretta 24 ore su 24, un collegamento speciale, una volta alla settimana, per vagliare il gradimento di un pubblico carico di morbose aspettative e velleità vouyeristiche.
Durata dello show: ad libitum.

Isolamento della protagonista: completo.
Scopo finale del gioco: l’evasione.
Possibilità di interrompere il gioco prima del termine prestabilito: nessuna.
Alcatraz.

Il Grande Castello sarebbe diventato un evento mediatico senza precedenti: uno studio scientifico sulle reazioni umane in situazioni di isolamento completo e condizionato.

Nell’accordo tra le parti era stato previsto ogni minimo dettaglio, nonché una vasta quantità di regole a cui attenersi scrupolosamente. A Raperonzolo fu chiesto di aumentare la taglia del proprio seno fino ad una sesta misura, in modo da apparire più sexy ed intrigante ad un certo target di pubblico. Le fu espressamente richiesto di non pensare, o di farlo ad alta voce, se proprio necessario. Non avrebbe potuto indossare alcun capo d’abbigliamento con marchi o etichette di sponsor concorrenti e, ogni settimana, avrebbe dovuto affrontare una stupida prova di abilità per guadagnarsi l’acqua e il cibo necessari al sostentamento.

Tutto andò liscio per i primi quindici giorni, poi la situazione degenerò.

Al termine del primo mese, Raperonzolo aveva già perso cinque chili ed il suo sorriso smagliante si era pian piano appannato, lasciando trasparire evidenti tracce di disagio emotivo, con costanti riferimenti alla cultura Gothic e a Tiziano Ferro. Le pareti della torre si erano dimostrate troppo dure da scavare ed i primi tentativi di evasione erano miseramente falliti.

Al termine del secondo mese, il pubblico aveva decretato il successo del programma. Le altissime percentuali di share ottenute convinsero Dama Endemol a prolungare ulteriormente il limite del libitum inizialmente prefissato. Fu inoltre inserito un nuovo comma nel regolamento, che prevedeva il termine immediato dei giochi nel caso in cui un cavaliere fosse riuscito a raggiungere e salvare Raperonzolo dalla torre, arrampicandosi fino in cima, grazie ad una treccia realizzata coi suoi stessi capelli. Nessun cavaliere, però, valutando il pericolo dell’impresa, si presentò ai provini per la parte.

Lo show continuò, riservando continue sorprese, di mese in mese.

Terzo mese: Raperonzolo rischia di cadere dalla torre, per la prima volta.

Quarto mese: Raperonzolo viene colta da crisi allucinatorie, crede di incontrare sua madre naturale e cerca di ucciderla colpendola ripetutamente al capo con un cespo di lattuga. Evadere è diventato un obiettivo secondario.

Quinto mese: palesando fenomeni di xenoglossia, Raperonzolo inizia a parlare in cirenaico antico, articolando concetti complessi, con continui riferimenti ad una figura sconosciuta, tale Veronica, della quale richiederà la compagnia, versando copiose lacrime, fino al termine del sesto mese.

Settimo mese: Raperonzolo rischia di cadere dalla torre, per la seconda volta.

Ottavo mese: Raperonzolo, credendosi arbitro di contese internazionali e ambasciatrice ONU, ammonisce le donne di Gerusalemme ed espelle gli uomini di Teheran.

Nono mese: Raperonzolo rischia di cadere dalla torre, per la terza volta, lasciando agli opinionisti televisivi l’arduo compito di decidere se il gesto fosse da intendersi come un tentativo estremo di evasione o come l’ennesima disattenzione di una sognatrice che cerca di toccare il cielo, affacciata alla finestra della sua cella.

Decimo mese: Raperonzolo si priva delle vesti, ricava alcol distillando le muffe che coltiva negli angoli della torre e officia riti auto-orgiastici, per la gioia del pubblico notturno.

Undicesimo mese: Raperonzolo inizia ad infliggersi tagli, graffi ed escoriazioni su braccia e gambe, in modo metodico, dichiarando di non poter più vivere senza le sue saponette Lush.

Dodicesimo mese: Raperonzolo tenta il suicidio infilandosi negli interstizi tra le mattonelle davanti a sé, per poi rimanerne schiacciata. Il tentativo riesce ed Andy Riley ne trae immediata ispirazione per il suo best seller: “The Book of Bunny Suicides: Little Fluffy Rabbits Who Just Don’t Want To Live Any More”.

Tredicesimo mese: Dama Endemol riscuote i proventi dello show televisivo ed apre un conto bancario segreto alle isole Cayman.

Quattordicesimo mese: Raperonzolo resuscita, ma solo temporaneamente, per presenziare alle primarie del PD e puntare alla carica di segretario del partito.

Oggi la diva del castello può vantare un invidiabile stato di decomposizione. Algor mortis, rigor mortis e livor mortis sono nella norma. Il mento risulta essere intatto. Non sono state necessarie iniezioni di formalina per assicurare la conservazione del corpo.

Raperonzolo è stata eletta Donna dell’Anno dall’Associazione Nazionale Necrofili.


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