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RASSEGNA STAMPA/ “Ausmerzen” di Marco Paolini

Creato il 28 gennaio 2011 da Iltelevisionario

RASSEGNA STAMPA/ “Ausmerzen” di Marco Paolini

Rassegna stampa dedicata allo straordinario monologo di Marco Paolini Ausmerzen – Vite indegne di essere vissute trasmesso alla vigilia del Giorno della Memoria in prima serata su La7. La serata è stata seguita da 1 milione 700mila telespettatori e verrà replicata su La7 sabato sera, sempre in prima serata, compreso il dibattito annesso condotto da Gad Lerner.

Marco Paolini e l’orgoglio italiano

(Cose di tele di Alessandra ComazziLa Stampa) Su La7 si è dipanata una delle straordinarie serate di Marco Paolini, questa volta dedicata agli esperimenti di eugenetica (scienza nata ai tempi della Belle Epoque, futuro progresso bellezza) che i nazisti condussero su malati psichici e portatori di handicap fra il 1934 e il ’45. «Ausmerzen» era il titolo dello spettacolo, presentato in occasione della giornata della memoria. E «ausmarzen» è un verbo tedesco che si potrebbe tradurre con sradicare, sradicare «vite indegne di essere vissute». La narrazione, scabra e densa e tosta e in bianco e nero, con il solo contrappunto di una voce femminile tedesca, si è svolta nell’ex ospedale psichiatrico Paolo Pini di Milano, Paolini inquadra sempre i suoi racconti in luoghi che trasudano lo spirito del luogo, il «genius loci». Dopo lo spettacolo, Gad Lerner è tornato a percorrere la platea, come ai tempi di «Milano, Italia», e traspariva la partecipazione di un giornalista che ne ha viste tante (persino Berlusconi che telefona all’«Infedele» insultando, e non fa ascolti) ma può ancora emozionarsi. Orgoglio televisivo, perché la serata ha fatto onore alla tv italiana. Orgoglio italiano, rivendicato: perché siamo l’unico paese in Europa che ha abbandonato le classi differenziali e ha puntato sull’inserimento di chi ha problemi. Cerchiamo di non tornare indietro, almeno qui.

 

Per seguire Paolini serve devozione

(A fil di rete di Aldo GrassoCorriere della Sera) Marco Paolini ci pone sempre di fronte a scelte radicali, estreme, quasi proponesse una cerimonia iniziatica. Le sue orazioni civili (che hanno fatto scuola, basti pensare agli interventi di Roberto Saviano) presuppongono però una condivisione rituale, un’immersione devota, speso in contrasto con i canoni televisivi (La7, mercoledì, ore 21.15). In diretta, dall’ospedale psichiatrico Paolo Pini (un tempo, il manicomio di Milano), Paolini ha dato vita a «Ausmerzen. Vite indegne di essere vissute», una rappresentazione dedicata alle teorie naziste sulla selezione della razza, meglio agli esperimenti di eugenetica condotti sulla pelle di malati psichici e portatori di handicap fra il 1934 e il 1945. «Ausmerzen», dice Paolini, significa «sradicare», «sopprimere» e ha una sua origine contadina: nel mese di marzo i pastori sopprimevano tutte quelle bestie, le più gracili le più inferme, che non sarebbero state in grado di sopportare la transumanza.

Così il nazismo. Nel nome dell’eugenetica, Hitler decise di «ripulire il sangue» della nazione (una sorta di emotrasfusione sociale), di purificarlo, sopprimendo i più deboli per rafforzare la razza (come a Sparta, sul monte Taigeto, dove venivano abbandonati i bambini nati deformi, destinati a soccombere alle intemperie e alle fiere). Dopo i deboli, toccherà agli ebrei scomparire perché anche le loro vite saranno ritenute indegne di essere vissute.

L’unica maniera che Marco Paolini ha per imporre il suo modello teatrale dentro gli schemi televisivi è di trasformare il monologo in un evento di grande intensità emotiva (niente pubblicità, rottura del palinsesto, creazione di un’atmosfera eccezionale); operazione tutt’altro che facile perché dev’essere in grado di trasformare lo spettatore in un adepto (come succede nei teatri veri), di «sradicarlo» dalla sua condizione abituale. Nel racconto, la tensione rimane sempre alta; nel commento (cui Paolini col passare del tempo indulge sempre di più) viene meno.

 

Paolini fa dimenticare tanta brutta tv

(La Teledipendente di Stefania CariniEuropa) La memoria Paolini per rievocare, e insieme dimenticare. Ricordare quello che è stato, e dimenticare tutte le brutture televisive di queste settimane. Nel giro di pochi giorni, il piccolo schermo è riuscito a produrre bassezze mai viste e una delle migliori orazioni degli ultimi anni. È proprio vero, allora, che mai periodo fu più ricco, più vario, con abissi e vette. Per il giorno della memoria, dall’ex ospedale psichiatrico Paolo Pini, va in scena in diretta su La7 Ausmerzen, ricostruzione dello sterminio dei malati di mente durante il nazismo. Paolini cerca di spiegare il perché profondo di tale aberrazione. Si interroga sulla natura del male: è mera genetica, un parametro che allora si usava per le vittime e oggi usiamo per i carnefici? O è anche società, frutto di un pensiero dominante, anche scientifico, unito alla perfetta macchina burocratica?

Il senso delle parole È nelle parti narrative che però Paolini dà il suo meglio. Quando le testimonianze dei singoli, vittime o carnefici, emergono dal passato e smettono di essere numeri, semplici numeri di un’atrocità giustificata da altri numeri, quelli risparmiati dallo stato che cessava di sobbarcarsi le spese degli inutili. Il momento più alto è tutto per un bambino, Ernest Lossa. Resiste alle “cure”, resiste alla fame. Ruba mele, e le distribuisce agli altri. È così popolare e simpatico, che gli infermieri del reparto non riescono a fargli la “puntura”. Devono chiamare un’esterna. Ausmerzen ha un suono dolce, evoca il mese di marzo, quando i contadini sopprimevano il bestiame che rallentava il passo. Parola dolce nasconde senso atroce. I manicomi speciali sono la fase precedente ai campi di sterminio: «Da qualche parte bisognerà pure imparare». Ai familiari basta mandare un medico di famiglia, e spiegare che i malati verranno sottoposti a un trattamento curativo. Un “trattamento” in realtà definitivo. Talvolta è abbinato a una «dieta povera di grassi». Il nostro sogno, dice Paolini. Come cambia il senso delle parole.

Teatro televisivo Paolini fa teatro televisivo nel senso più profondo. Punta su certi aspetti della costruzione drammaturgia che il piccolo schermo può intensificare, come il primo piano. Ma punta soprattutto sulla parola, componente essenziale del teatro e della tv. È parola che dischiude, apre, tocca. Paolini interpreta i documenti del passato (lettere ufficiali, testimonianze, numeri) rendendoli testi da decifrare di continuo, da sviscerare nel loro senso più profondo. E li rende anche monumenti, pietre poste a futura memoria. Il suo stesso spettacolo è un documento ricco di numeri e parole, un testo da interpretare, un monumento per non dimenticare. Per questo dopo ci vuole solo il silenzio, e ogni posteriore talk appare superfluo.



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