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RASSEGNA STAMPA/ L’amore ai tempi del divorzio nella fiction “Questo nostro amore”

Creato il 01 novembre 2012 da Iltelevisionario

RASSEGNA STAMPA/ L’amore ai tempi del divorzio nella fiction “Questo nostro amore”Rassegna stampa dedicata alla nuova serie di Rai1 in sei puntate Questo nostro amore con Neri Marcorè e Anna Valle. La fiction è realizzata da Rai Fiction e Paypermoon Italia Srl, già produttrice di Raccontami. La prima puntata è stata seguita da 4 milioni 830 mila telespettatori (18.95% di share), saliti a 5 milioni 347 mila (19.52%) nella seconda.

Il pensiero debole di Marcorè e Valle

(A fil di rete – Aldo Grasso) Ma a chi, per primo, è venuta l’idea di usare i testi della canzoni per trovare un titolo ai film o alle fiction? Va bene una volta, va bene due, ma ora siamo all’inflazione. Ci voleva Rita Pavone con “Questo nostro amore” per scatenare l’effetto nostalgia, quella sorta di ricatto sentimentale con cui Rai1 di solito inchioda il suo pubblico più agée: la fine degli anni Sessanta, la Torino operaia che sta per conoscere le lotte di fabbrica e le occupazioni di Palazzo Campana, la difficile integrazione fra Nord e Sud, un amore, quello fra Vittorio (Neri Marcorè) e Anna (Anna Valle), che cerca di vincere i pregiudizi. I due stanno insieme, hanno fatto figli ma non sono sposati. Anzi, Vittorio è già sposato, in attesa di divorzio, quindi vive nella condizione di concubinato, una situazione che, nel Piemonte di quegli anni, pare suscitasse grande scandalo. Almeno secondo gli sceneggiatori. Che sono: Stefano Bises, Elena Bucaccio, Francesco Cioce, Fidel Signorile. “Questo nostro amore” è la classica fiction confezionata nell’ormai stucchevole stile Piemonte Film Commission: una volta trovata la location (e ce ne sono tante) si gira, incuranti dei dettagli, come se le rievocazione del passato fossero affidate solo al trovarobato. Per non parlare dei dialoghi: una figlia che, piena di rabbia e di voglia di emancipazione, si rivolge al padre chiamandolo “matusa” esiste solo nella testa degli sceneggiatori. La vita dei “Costa-Ferraris”, dai cognomi di lui e lei, è tutto un fuggire le prevenzioni (anche se Vittorio è pieno di prevenzioni), un cambiare casa e città, un guardarsi dal ritorno inaspettato della prima moglie. Giusto per dimostrare che l’amore vince ogni cosa e permette persino l’integrazione con una famiglia di immigrati siciliani malvisti da un portiere impiccione. Diretta da Luca Ribuoli, la serie in sei puntate non ha piglio, non ha carattere, non ha personalità e Neri Marcorè è molto più bravo in altri ruoli e in altre funzioni.

Tutti pazzi per l’amore fuori dal matrimonio

(Canal grande di Antonio Dipollina – La Repubblica) Tutti pazzi per il concubinaggio. Nella Torino del 1967 arriva la coppia irregolare Neri Marcorè-Anna Valle (in realtà iper-regolarizzata attraverso figlie e vita in comune, ma fuorilegge per il resto del mondo). Si poteva mettere insieme il dramma socio-famigliare facendolo pesare nel contesto storico etc etc. Ma il gruppo di lavoro e ideazione – guidato da Stefano Bises – è davvero quello di Tutti pazzi per amore: ne viene fuori una mezza farsa con le musiche buffe e il grottesco che sottolinea incongruenze e conduce a tifare per i buoni, ovvero i moderni verso il divorsio e il futuro (per non parlare della bimba progressista e studiosa che si impone a scuola ai trinariciuti figli di comunisti, che forse si mangiano da soli, e agli eredi di altri bigottismi). Quasi insostenibile, ma in realtà Questo nostro amore – Raiuno domenica e martedì – ha gioco facile nel piacere a buona parte del pubblico tv e nel risultare insolita nel panorama fiction che passa il convento. 

Fiction divorzista sotto il sorriso

(L’indice di Mirella Poggialini – L’Avvenire) Facendo eco a storie in cui gli affetti familiari sono il fondamento e l’attrazione, Questo nostro amore, fiction di Raiuno in sei puntate di cui si sono viste domenica e martedì le prime due, appare come polemica difesa del divorzio, quarantadue anni dopo la sua legittimazione, considerato come liberazione necessaria da vincoli oppressivi, quelli del matrimonio e dei suoi impegni. Perché il caso limite dei due protagonisti – ben resi da Anna Valle e Neri Marcorè – conviventi con tre figlie, fa da filo conduttore per una schiera di luoghi comuni, anche contrastanti fra loro, con i quali dal 1967 in poi la contestazione riuscì a frantumare principi saldi e tradizioni millenarie in cui si rispecchiavano la cultura del Paese e la sua convinzione religiosa. L’ostracismo per le “coppie di fatto”, che si traduceva a volte in isolamento e condanna esplicita, appare più crudele che mai nella storia di Anna e Vittorio, e la vicenda, nelle prime due puntate, rende l’immagine di una lunga convivenza, che solo il divorzio di Vittorio, si intuisce renderà libera e felice. Sceneggiatura abile, con il contorno di personaggi che sembrano eredi della Famiglia Benvenuti e di Raccontami, fiction sulla famiglia che hanno segnato la storia della televisione. Ma qui la famiglia è la non-famiglia, la convivenza si giustifica, il vincolo matrimoniale appare come dura imposizione. Specchio di una erosione che ha facilitato l’indebolimento sempre più diffuso del concetto di matrimonio-famiglia. La piacevolezza del racconto, introduzione alla glorificazione della coppia aperta e della famiglia allargata, si snoda attraverso abili tocchi, con giovanissimi e bambini a catturare simpatie: sullo sfondo delle trasformazioni nate dal ’68 di cui oggi vediamo molti esiti infelici, fautori di insicurezze. Con insinuante facilità narrativa, la fiction ribadisce slogan e tesi sopravvissuti al loro tempo, come per riproporre le antiche tensioni facendole attuali.

Raiuno e la fiction insapore

(La Teledipendente di Stefania Carini – Europa Quotidiano) Sarebbe la fiction di qualità. Sarebbe. Su Raiuno va in onda Questo nostro amore, regia di Luca Ribuoli, sceneggiatura di Stefano Bises, Elena Bucaccio, Francesco Cioce, Fidel Signorile. È il tentativo di darsi un tono da parte della fiction di Raiuno. È il tentativo di andare al di là delle solite miniserie storiche e di cercare di superare il modello Don Matteo. Ma solo un tentativo, appunto. È pur vero che Questo nostro amore vuole essere altro rispetto alla solita minestra, ma in realtà è molto molto insapore. La storia? Più che altro, un’eterna situazione iniziale senza alcuna trama. Italia anni ’50. Marcorè è sposato con la Caprioglio, ma quella è sparita in gioventù e lui si è consolato con la Valle, con cui ha generato tre figlie. Concubini, devono girare di città in città perché, una volta scoperti, vengono additati in malo modo. Adesso, è il 1967, sono tornati a Torino, nascondendo come possono la situazione. La suocera odia Marcorè, ma per ragioni finanziare si installa a casa loro, e via di stereotipi suocera-genero. Nello stabile arriva famiglia terrona, e via di stereotipi Nord-Sud. L’insipida figlia più grande scopre minigonna e capelli cotonati, e pure un giovanotto capellone comunista figlio di papà. Ma c’è pure l’operaio terrone che le smuove l’ormone. Marcorè è concubino ma padrepadrone, fa ramanzine alla figlia scostumata e alla moglie che vuole andare a lavorare come insegnante. Poi c’è la figlia di mezzo, saputellona che prevede lo sbarco sulla Luna. Tutto va avanti così, ripetendosi all’infinito. Non ci sono vere svolte narrative, casi da affrontare nella singola puntata, contrasti reali tra i personaggi. Tutto scorre identico, tra drammini, risatine, problemini, senza scegliere mai un tono preciso. Tutto è macchiettistico e prevedibile. I dialoghi soprattutto, tra un «tu matusa» e un «tu capellone». I temi dell’epoca poi sono trattati in maniera superficiale, non riuscendo a diventare spunto drammatico o comico. Si cerca la commedia di costume, ma si tocca il surreale. Come quando, di fronte a I promessi sposi in tv, Marcorè inveisce contro i bravi e parteggia per Renzo, perché anche lui ha un matrimonio «che non s’ha da fare». O come quando l’adolescente ribelle, già in stupidera amorosa e succube del capellone, urla al padre che il suicidio di Tenco è tutta colpa di quelli come lui che fanno vincere la Berti. Ecco lo spirito del ’68! Allora abbiamo capito: oggi i giovani non fanno la rivoluzione perché possono votare i loro beniamini via sms.

Questo nostro amore: ancora gli anni ’60

(di Marida Caterini – maridacaterini.it) Neri Marcorè è il protagonista maschile della nuova fiction di Rai1 Questo nostro amore, in onda da domenica 28 ottobre in prima puntata. Accanto a lui, nel ruolo della compagna che però non può sposare, c’è Anna Valle. L’ex moglie, andata via subito dopo il matrimonio e poi ricomparsa all’improvviso nella vita del marito. è interpretata da Debora Caprioglio. Tre protagonisti intorno ai quali ruota una vicenda di concubinaggio targata fine anni ’60. Siamo infatti nel 1967, quando, per le coppie non sposate e scoperte a convivere con altro partner era previsto addirittura l’arresto. Nel caso specifico i concubini sono Anna Valle e Neri Marcorè che, intanto, hanno messo al mondo tre figlie, tutte con il cognome della madre. A completare lo scenario, ecco una famiglia di siciliani, vicini di casa con tutti i loro problemi di immigrati a Torino, dove si svolge la vicenda. Diciamo subito che la sceneggiatura ha il suo punto di forza nella sottile ironia che caratterizza Vittorio Costa, il personaggio interpretato da Marcorè, alle prese con problemi più grandi di lui. Anna Valle lo affianca rimediando con larghi sorrisi ad una recitazione non certo eccelsa. La statuaria fisicità dell’ex Miss Italia fa passare in secondo piano le imperfezioni dell’interpretazione. Mentre, invece, più credibile appare Marcorè che, in questo periodo, passa con disinvoltura dalla fiction, al cinema, alla comicità fiino alla pubblicità. La storia è una commedia sentimentale anche abbastanza scorrevole, appesantita, però, da atmosfere anni sessanta troppo sfruttate sul piccolo schermo. Un nome per tutti: la serie Raccontami. Ma Questo nostro amore vuole porsi a metà strada tra la storia e i problemi dell’epoca e la leggerezza nell’affrontarli che evoca prodotti come Tutti pazzi per amore. Stride, però, l’antichità dei problemi. Ad esempio, il concubinaggio è vecchio e superato. Il regista e gli sceneggiatori cercano di convincere il pubblico che quelle problematiche possono essere sostituite dalle attuali. Significa che le coppie clandestine di ieri potrebbero essere quelle di fatto di oggi alla ricerca dei loro diritti. Ma allora perchè non affrontarli direttamente, piuttosto che tornare al passato in questo modo? Se è vero che la tv generalista è oramai aperta alle argomentazioni della nuova società, come avrebbero dimostrato serie nazional-popolari come Il padre delle spose e Mio figlio, interpretate rispettivamente da Lino Banfi e Lando Buzzanca, non sarebbe stato meglio restare ancorati alla realtà odierna e magari affrontare problematiche più attuali? Rifugiarsi nel passato con la consapevolezza che gli argomenti scottanti dell’epoca sono stati poi risolti grazie agli eventi successivi, consente alla Rai di non esporsi e di mostare grande apertura verso problemi lontani e superati. Ciò detto, Questo nostro amore ha tutti gli ingredienti di una commediola dei sentimenti con personaggi selezionati con cura. I bambini della serie, tre figlie femmine della famiglia Costa e quattro maschi della famiglia siciliana, rispettano i consueti clichè televisivi. Tra di loro c’è anche la bambina secchiona ma simpatica dall’aspetto di una moderna Pippi Calzelunghe che passa i compiti ai compagni di classe ma in cambio vuol essere il capo del gruppo. Stereotipi che fanno anche sorridere, ma appartengono a quella fiction di casa nostra che ha paura delle novità.


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