Rassegna stampa dedicata al ritorno in Rai del direttore de Il Foglio Giuliano Ferrara con la rubrica Radio Londra, nella collocazione storica de Il Fatto di Enzo Biagi, dopo l’edizione serale del Tg1. Immancabili le polemiche.
Ferrara torna in Rai con Radio Londra: lotta ai puritani
(di Maria Teresa Meli – Corriere della Sera) Giuliano Ferrara guarda lo schermo del computer e ridacchia. Il direttore del Foglio è nella sua stanza, al giornale, e si sta divertendo come un matto immaginando ciò che accadrà dal 7 marzo, quando prenderà il via la sua trasmissione su Rai i. L`altro ieri ha visto Mauro Masi che gli ha proposto di riprendere il suo «vecchio» format, Radio Londra, rubrica di attualità sociale e politica che fece il suo debutto su Canale 5 nel 1989.
A Ferrara sono bastati sette minuti per accettare l`offerta: due in più della durata della trasmissione, che andrà in onda dal lunedì al venerdì dopo il Tg1. Ora vorrebbe rispolverare la stessa scenografia della rubrica di un tempo. Ed è già pronto a ricevere critiche e attacchi: anzi, se la gode al solo pensarci. Spiega così perché ha deciso di tornare in tv:«Come diceva Arbasino: si nasce brillante promessa, poi si diventa il solito stronzo, e si finisce venerato maestro. Io che ormai sono sulla soglia dei 6o non vorrei regredire nel solito stronzo, ma nemmeno diventare un venerato maestro. Non farò una cosa faziosa: essendo amico di Berlusconi, per cui ho avuto un ritorno di fiamma, farò quello che fanno gli amici: dirò con chiarezza quello che penso, come faccio sul Foglio». Solo questo? Sembra difficile: «Vista la mia esperienza giornalistica e politica, esprimerò il mio giudizio sul modo disgustoso scelto per combattere Berlusconi». Ma a chi si riferisce Ferrara? «A quelli che dicono di voler andare oltre Berlusconi (Bersani; ndr), a chi sta tentando un golpe giudiziario, a tutti quelli che vogliono trasformare l`Italia in una nazione puritana». Il direttore del Foglio, però, assicura, che non ci saranno «eccessi» nella sua trasmissione. In compenso ci saranno le tante polemiche che ha già messo nel conto: «Do per scontato che la mia trasmissione sarà derubricata a “stretta berlusconiana sulla Rai”». Previsione azzeccatissima: Marco Travaglio, Pd e Usigrai sostengono proprio questo. Ma a Ferrara non sembra importare più di tanto. E infatti non ha intenzione di cambiare stile: «Io ho la massima stima e il massimo rispetto per Ettore Bernabei ma non penso come lui che la tv debba mandare gli italiani a letto tranquilli». E per chiarire ulteriormente qual è il suo modo di fare televisione, il direttore del Foglio spiega: «Michele Serra sostiene che questa è l`epoca dei Saviano, dei Vecchioni, di personaggi che emozionano il pubblico. Ebbene a costo di metter su uno strepitoso insuccesso io non darò l`emozione che chiede Serra».
Radio Londra versione 2011 viene paragonata al Fatto di Enzo Biagi. Ma Ferrara non è d`accordo: «Innanzitutto Radio Londra è venuta prima del Fatto, e poi il suo giornalismo era l`esatto contrario del mio». E il direttore del Foglio è conscio del fatto che l`opposizione starà con l`occhio fisso sullo share della sua trasmissione, come fa adesso con Minzolini? Anche questo non lo spaventa: «Non sono uno che vive appresso a queste cose, sono uno che ha il gusto di far capire la complessità della politica». E alle volte anche quello di far capire la complessità della gastronomia. Rivela su Facebook Chantal Jannuzzi, figlia di Lino, amicissimo di Ferrara, riferendosi a Radio Londra prima versione: «Una sera, a Pasqua, era a corto di argomenti, così lesse la ricetta della pastiera napoletana di mia zia Franca. Fu record di ascolti».
Rai, torna Ferrara e scoppia la polemica
(di Leandro Palestini – La Repubblica) È polemica per il ritorno di Giuliano Ferrara in tv. Con un blitz, Mauro Masi, direttore generale Rai, ha affidato al più ascoltato “consigliere” di Berlusconi un programma quotidiano sulla rete ammiraglia: dal lunedì al venerdì, alle 20.30, a fine Tg1, nello spazio che fu di Enzo Biagi. Probabile titolo, L´elefantino: dal marchio del direttore del Foglio quotidiano. «La Rai mi ha proposto di rifare la mia rubrica Radio Londra e ho accettato», conferma Ferrara, che scalpita per andare in onda, mentre Rai1 frena: per allestire un´adeguata scenografia il debutto slitterà al 14 marzo. Ferrara, che scrive editoriali su il Giornale, giura al Tg3 che farà commenti soft, «dai 3 ai 5 minuti» sui temi del giorno, ma non sarà «né un programma facinoroso né fazioso: ne ho fatti, ma non voglio più farne, ora sono vecchio, maturo». Il suo arrivo intanto rende «strafelice» il direttore del Tg1 Augusto Minzolini: «Mi sentirò meno solo».
Ferrara in Rai è come L´elefante in cristalleria (il primo titolo di lavoro), perché il giornalista è schierato e Masi, dg Rai in uscita, ha fatto tutto di nascosto, senza comunicare nulla al Cda Rai. Il consigliere Rizzo Nervo, nota «una strana coincidenza: prima è uscita un´intervista di Masi sul Foglio, e subito dopo si apprende che Ferrara tornerà in Rai. Non credo che Masi lo abbia sognato ieri notte e la visione di Giuliano gli abbia fatto venire l´idea… Ferrara è ridiventato l´intelligente e colto consigliere del principe. Ancora una volta Masi si limiterebbe quindi ad attuare gli ordini del capo». Concorda Giorgio Van Straten, altro consigliere di opposizione: «Masi fa credere spesso che certe idee siano sue, dalle nomine ai palinsesti, invece sembrano frutto di volontà esterne. Questa trasmissione salta fuori nel momento in cui Ferrara torna ad essere il consigliere di Berlusconi». Entrambi chiedono che del nuovo programma si discuta nel prossimo Cda. Ricordando il «boicottaggio» della trasmissione della Annunziata che pur essendo in palinsesto «subisce la solita tattica dilatoria». Carlo Verna, segretario nazionale Usigrai, avverte: «Masi parla al Foglio e cerca di rilanciare la sua immagine. Ferrara, palesatosi consigliere del principe, prenota uno spazio di massima visibilità in Rai: siamo alla propaganda scandalo coi soldi di tutti».
Centrosinistra in allarme. Giorgio Merlo, Pd, vice presidente in Vigilanza dice: «Se Ferrara avrà uno spazio di approfondimento, verificheremo se sarà un comizio quotidiano o una rubrica di confronto pluralista ed imparziale. Una terza via non esiste». Pancho Pardi, copogruppo dell´IdV in Vigilanza chiede che Ferrara lavori per «una tv pubblica impeccabile, sia sotto il profilo del pluralismo che della prevenzione ferrea di ogni manifestazione di conflitti di interesse». Roberto Rao Udc auspica che la fascia di Rai 1 non si trasformi in «un monologo che alimenta faziosità. È una grande responsabilità di cui risponderanno i vertici aziendali». Per il portavoce di Articolo 21 Giuseppe Giulietti e per il senatore Pd Vincenzo Vita, Berlusconi «alla vigilia di delicatissimi appuntamenti politici» avrebbe deciso di «usare le armate mediatiche a suo supporto». E fanno riferimento pure allo «shopping nel settore dell´editoria».
Svolta, Rai meno “rossa”: Giuliano Ferrara ritorna in televisione
(di Gian Maria De Francesco – Il Giornale) Tra qualche settimana l’informazione Rai sarà un po’ meno «sinistra »e un po’ più equilibrata.Il direttore del Foglio , Giuliano Ferrara, avrà un proprio spazio per affrontare in pochi minuti argomenti di attualità. «Ho avuto l’offerta di rifare la mia vecchia rubrica Radio Londra e l’ho accettata»,ha dichiarato aggiungendo che il programma, che si chiamerà proprio Radio Londra , «andrà in onda su Rai1 tra il Tg1 delle 20 e Affari Tuoi ». La trasmissione potrebbe partire lunedì 7 marzo. Saranno «dai 3 ai 5 minuti di commento», ha detto Ferrara precisando che «non sarà né un programma facinoroso né fazioso: ne ho fatti ma non voglio più farne, ora sono vecchio, maturo». Interpellato dal Tg3 sulla «linea» che intenderà seguire, visto che ha organizzato la manifestazione contro la campagna antipremier, ha rilevato come «il modo che si è scelto per combattere Berlusconi è disgustoso perché di difetti ne ha, ma è il contrario dell’immagine demoniaca che si sta costruendo di lui». Il consiglio di amministrazione di Viale Mazzini si esprimerà nella riunione di giovedì prossimo, ma ad avere l’ultima parola sarà colui che ha la competenza sul palinsesto: il direttore generale Mauro Masi. Che con il direttore di Raiuno Mauro Mazza ha condotto la trattativa per riportare sul piccolo schermo l’ideatore di Linea rovente , L’istruttoria e Otto e mezzo . L’opera di parziale riequilibrio nei confronti dello strapotere del santoro-travaglismo e dei format di Annunziata, Floris, Fazio e Gabanelli è solo all’inizio. Entro aprile dovrebbe partire anche il nuovo programma di Vittorio Sgarbi, entusiasta del «rafforzamento di un fronte diverso da quello del pensiero unico, di chi ha un solo nemico». L’apertura a voci non schierate aprioristicamente con l’antiberlusconismo e l’impossibilità di frapporre veti hanno scatenato la solita ridda di indignazioni a orologeria anche perché a Ferrara sarà riservata la striscia di prime time che era il sancta sanctorum del Fatto di Enzo Biagi. E non è un caso che uno dei primi commenti sia stato quello di Marco Travaglio, «grillo parlante» di Annozero . «A Raiuno si sentiva proprio la mancanza di una voce vicina al presidente del Consiglio. È una rete piena di comunisti…», ha ironizzato colpendo due bersagli con un colpo solo: il direttore del Foglio e quello del Tg1 Minzolini. Il dipietrista Pancho Pardi ha messo da parte il bon ton . «Non vorrei dovermi trovare nella condizione di riciclare la battuta del premier dicendo che quello spazio dopo il Tg “ieri era purosangue e oggi si trasforma in ippopotamo”», ha chiosato auspicando «una tv pubblica impeccabile sia sotto il profilo del pluralismo che della prevenzione ferrea dei conflitti di interessi». Il metro della sinistra è questo: se parla Santoro va in onda la libertà, altrimenti c’è il regime. L’equazione l’ha spiegata il consigliere Rai in quota Pd Nino Rizzo Nervo. «Ancora una volta Masi si limiterebbe ad attuare gli ordini del capo, mentre nel caso della Annunziata il direttore generale non ha apposto la firma definitiva al programma», ha rilevato ricordando che il nuovo programma della anchorwoman non ha ancora ricevuto il placet definitivo. La patente di giornalista libero e indipendente è una questione di cognomi e di sponsor tant’è vero che Rizzo Nervo ha ammesso di aver proposto Ferrara per una conduzione l’anno scorso. L’Usigrai, il sindacato giornalisti Rai, è già sulle barricate. «Il consigliere del principe prenota uno spazio di massima visibilità in Rai, siamo alla propaganda scandalo coi soldi di tutti: tutti in piazza a difendere la Costituzione », ha dichiarato il segretario Carlo Verna. Quelli che si lamentano sono quelli del «pluralismo della domenica» che «hanno in mente di continuare sulla strada dello status quo », ha tagliato corto il consigliere Rai in quota Pdl Antonio Verro confidando di aver realizzato con Ferrara e Sgarbi «il sogno di un pluralismo per addizione e non per sottrazione ». E «strafelice » è pure il direttore del Tg1 Augusto Minzolini: «In un’azienda in cui ci sono Tg pseudo-istituzionali, vecchi naviganti partitocratici e faziosità mi sentirò meno solo ». Assieme a lui saranno meno soli i telespettatori non assuefatti all’indignazione a senso unico.
Da “Linea rovente” a “Otto e mezzo”: venticinque anni di anticonformismo
(di Maurizio Caverzan – Il Giornale) Pom pom pom poom… Pom pom pom poom… Era il settembre 1988 e, su Canale 5, lo studio in radica ruotava su se stesso prima di mostrare il volto pacioso, chioma e barba fluenti, e lo sguardo acuminato di un Giuliano Ferrara già Cicciopotamo e non ancora Elefantino. Il Muro di Berlino non era crollato e Radio Londra si accingeva a diventare un appuntamento fisso della serata televisiva perché il suo conduttore le cantava chiare senza indulgere al politichese. «Ci sono molti modi di parlare di un fatto di cronaca, di politica, di attualità: uno è quello di girargli intorno», diceva Ferrara nel promo ruotando l’indice, «un altro è quello di cercare di arrivare al centro della questione. Noi abbiamo scelto la via più breve». Durò un paio di stagioni e aprì la strada a una lunga serie di imitazioni che mai si avvicinarono all’originale, del resto inavvicinabile per anticonformismo e gusto della provocazione.
Quando un paio di mesi fa Ferrara scrisse che aveva ricevuto «delle offerte professionali generose e chissà che non mi torni la voglia (…) di travestirmi (…) in qualche figura di nuovo telepredicatore», a molti venne in mente quella fortunata rubrica di ventidue anni fa. Eppure, senza mai appiattirsi a personaggio del video o farsi ricattare dall’audience, con i suoi programmi Ferrara ha segnato le svolte dell’ultimo ventennio. Aveva lasciato da qualche anno il partito comunista e sul Corriere della Sera firmava una rubrica intitolata «Bretelle rosse», look con il quale compariva come notista politico nel Tg2 di Alberto La Volpe. Da conduttore esordì nel 1987 su Raitre al timone di Linea rovente, il primo, cupo, talk show giudiziario ideato da Lio Beghin, l’inventore della tv realtà, nel quale si «processava» un personaggio controverso fino al verdetto finale espresso dai telespettatori.
Nella stagione successiva Ferrara ricomparve sugli schermi di Mediaset allora Fininvest e, dopo l’esperienza di Radio Londra, con il solito spirito guascone si tuffò dentro il bidone della spazzatura dell’Istruttoria, dal quale fuoriusciva brandendo una lisca di pesce e un osso spolpato: «Bambini, a letto: è tornato il mostro della tv spazzatura». Era l’autunno del ’91 e il bersaglio divennero i magistrati duri e puri di Mani Pulite, le inchieste che stavano per rivoltare come un calzino la prima Repubblica, trasformando Bettino Craxi in un latitante. Con la sua mole falstaffiana, Ferrara occupava lo schermo, accendeva polemiche roventi, divenne la risposta a Santoro. «Io sono in tv quello che sono nella vita – disse a Claudio Sabelli Fioretti – Non riesco a indossare l’altra maschera, quella perbene e pensosa delle sorti del Paese. Non so corrugare la fronte». La corrugò, invece, l’Italia perbenista e un po’ bacchettona che lo costrinse ad arrendersi nel 1992 quando, insieme con la moglie Anselma Dell’Olio, propose sulla Italia 1 di Carlo Freccero le sue Lezioni d’amore.
Scelse di staccare la spina e spegnere le telecamere. Per dedicarsi alla politica in prima persona e fondare Il Foglio. Fino a riaccenderle su La7 nel 2001 con Otto e mezzo, il più asettico dei suoi programmi, a doppia conduzione, dal quale si congedò nel 2007. Ora il ritorno su Raiuno, che Freccero saluta con favore: «Ferrara è una voce in più che può essere un lasciapassare per evitare altre, possibili, censure. Per esempio, io vorrei portare Luttazzi su Rai4. Inoltre, con la sua intelligenza e le sue polemiche, può creare la rottura di moduli, riti e format un po’ logori». Non lo sarà il nuovo Radio Londra, la formula giusta per uno che ha corpo e anima grandi, ma il cervello agile da slalomista del pensiero. Niente talk show con giri d’opinione al termine dei quali il vincitore è sempre il banco, come al casinò. Meglio un corsivo per andare «dritti al centro della questione». A Ferrara è tornata la voglia di farlo. Quando il gioco si fa duro…
Ferrara torna in tv. Su Raiuno dopo il tg
(di Massimiliano Lenzi - Il Tempo) «Ho avuto l’offerta di rifare la mia vecchia rubrica Radio Londra e l’ho accettata». Così ieri mattina Giuliano Ferrara, direttore del Foglio, chiosava le domande su un suo possibile ritorno in Rai (si parlerebbe della fine di marzo) dopo che l’agenzia AdnKronos aveva battuto la notizia: «Allo studio – scriveva l’agenzia – ci sarebbe uno spazio quotidiano in access prime time su Rai1. Si starebbe pensando per l’ex conduttore di “Otto e mezzo” a un programma che andrebbe in onda dopo il Tg1 delle 20, nella collocazione che anni fa era di “Il Fatto”, la trasmissione di Enzo Biagi».
Oggi, che «Il Fatto» è il nome del giornale quotidiano di Marco Travaglio & C., lasciamo da parte Enzo Biagi ed andiamo su Radio Londra: il riferimento di Ferrara, infatti, è chiaro: rifare la vecchia rubrica Radio Londra. Per capire come sarà la trasmissione del direttore del Foglio, dunque, non resta che andarsi a riguardare quel suo vecchio programma realizzato per le reti Fininvest, prima su Canale 5 e poi su Italia 1. Era il febbraio del 1989 – nove mesi prima della caduta del Muro di Berlino – quando su Canale 5 andava in onda, per la prima volta, Radio Londra, un programma di attualità in cui Ferrara, seduto su una scrivania sistemata sopra una pedana girevole, affrontava in 7 minuti il tema del giorno sviscerando il proprio punto di vista. Una trasmissione schietta dove il protagonista giocava su due elementi del suo fare giornalismo tv: l’essere colto e l’essere schierato. Sarà per questo ma la notizia del ritorno di Ferrara in Rai, ieri, ha scatenato le critiche e le reazioni del centrosinistra. Prima ha parlato Giorgio Merlo, vicepresidente Commissione parlamentare di vigilanza Rai: «Se Giuliano Ferrara avrà uno spazio di approfondimento dopo il Tg1 delle 20 verificheremo se sarà un comizio quotidiano o una rubrica di confronto pluralista ed imparziale». Poi è stata la volta del consigliere Rai Nino Rizzo Nervo: «Giuliano Ferrara – ha detto a Klaus Davi nel programma Klauscondicio – viene a fare Radio Zorro (ndr, Radio Londra ma che c’entra Zorro) dopo il Tg1 delle 20? Non ne so nulla. Premesso che con Ferrara ho lavorato benissimo a La7, mi fa sorridere una strana coincidenza: oggi (ndr, ieri) esce un’intervista di Masi sul Foglio e subito dopo si apprende che Ferrara tornerà in Rai. Non credo che Masi lo abbia sognato ieri notte e la visione di Giuliano gli abbia fatto venire l’idea. Tutti sanno che Ferrara è ridiventato l’intelligente e colto consigliere del principe. Ancora una volta quindi Masi si limiterebbe ad attuare gli ordini del Capo. Se ne parlerà in consiglio la prossima settimana? Lo ringrazio ma gli ricordo che il Cda ha già approvato i palinsesti di primavera e i piani di produzione e, quindi, una determinazione del consiglio è in ogni caso necessaria». Infine, a dire la sua, è stato Marco Travaglio: «Ferrara al posto di Biagi? Benissimo, finalmente! A Raiuno si sentiva proprio la mancanza di una voce vicina al presidente del Consiglio. È una rete piena di comunisti…».
Due cose, giusto per evitare la retorica: la prima riguarda le critiche a Ferrara arrivate dal centrosinistra, tutte ex ante e non ex post, come converrebbe a delle critiche sulle parole e non alle persone. La seconda a Travaglio: Marco, non è che se nel 2011 Rai Uno mette in palinsesto un programma nella stessa fascia oraria in cui andava in onda Enzo Biagi, lo mette al posto di Biagi. Anche perché, a proposito di programmi, tra Radio Londra ed Il fatto è nata prima Radio Londra.