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Ravenna Nightmare: “El desierto” di Christoph Behl

Creato il 07 novembre 2013 da Taxi Drivers @TaxiDriversRoma

Ravenna Nightmare: “El desierto” di Christoph Behl

L’argentino El desierto è stato presentato quasi in contemporanea al Ravenna Nightmare e al triestino S+F, riuscendo in entrambi i festival ad alimentare variopinte discussioni. Perché è uno di quei film che con il loro approccio radicale tendono a piacere o non piacere con egual forza. Il giudizio che proporremo, per puro spirito di contraddizione, ed anche per voler essere in qualche modo incoerenti rispetto a quanto si è appena affermato, andrà invece a collocarsi in una posizione intermedia.

Quello diretto da Christoph Behl, tedesco di nascita ma attivo da tempo in Argentina, è un lungometraggio che potrebbe anche essere definito uno “zombi movie atipico”, pur rappresentando probabilmente qualcosa di più. Scherzosamente ci siamo persino spinti a ribattezzarlo uno Jules e Jim con contorno di morti viventi. Il motivo è lampante: dopo che viene definita la situazione di partenza, raffigurante tre giovani asserragliati nel loro improvvisato fortino coi morti viventi che hanno preso possesso delle strade circostanti, l’attenzione non si focalizza tanto sul resistere dei sopravvissuti alla forza bruta che li stringe d’assedio, ma alle contorte dinamiche psicologiche che vanno affermandosi tra di loro. Più un kammerspiel apocalittico che un autentico survivor movie, insomma. Con sentimenti sempre più estremi, che si sviluppano da una situazione a sua volta estrema.

L’idea di fondo è di sicuro originale, centrata. E si avvale di personaggi con una caratterizzazione forte, ben resi sullo schermo dai due interpreti maschili e dalla bellissima Victoria Almeida, che a Ravenna ha anche vinto l’anello d’argento come Migliore Attrice. Convince di meno il tocco lezioso che a tratti viene impresso alla narrazione: stucchevole appare ad esempio il far confessare ai personaggi i propri pensieri, anche quelli più intimi, di fronte a un registratore, in quello spazio della casa che ricorda un po’ il confessionale del Grande Fratello. L’approccio maggiormente esistenzialista che El desierto propone, rispetto ai canoni del genere, è quindi una interessante novità, ma certe forzature di matrice psicologista e autoriale possono appiattire troppo, indebolendolo, il contesto filmico cui l’opera bene o male appartiene.

Stefano Coccia      


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