Il passaggio dal teatro al grande schermo non è stato però semplice. La storia di Roman (interpretato dallo stesso Gassman), romeno immigrato in Italia da trent’anni che vive spacciando e che sogna di crescere nel modo migliore il figlio Nicu (Giovanni Anzaldo), ormai preadolescente che ha tirato su senza madre, sul palco vedeva solo sette personaggi in scena e si svolgeva in un unico ambiente, la casa del protagonista. Nel film, Gassman e Vittorio Moroni, autori dello script, hanno deciso di aumentare il numero di personaggi a quaranta e hanno allargato gli orizzonti del racconto, che pur rimanendo incentrato sul rapporto padre-figlio esplora in tutti i suoi aspetti i margini della società contemporanea. Per questa tragedia cinematografica che ci consegna il medesimo tocco crudo, sensibile e intelligente della messa in scena teatrale, Gassman ha scelto gli stessi attori che lo hanno accompagnato nei tre anni di tournée (Anzaldo, Manrico Giammarota, Sergio Meogrossi, Matteo Taranto), ai quali ha affiancato per i ruoli secondari interpreti del calibro di Michele Placido, Madalina Ghenea e Nadia Rinaldi.
Accompagnato dalla colonna sonora di Pivio e Aldo e De Scalzi e da una canzone originale a firma di Francesco Renga, Razzabastarda è un film che nel suo racconto della periferia ricorda molto le atmosfere pasoliniane: «questo paragone mi fa onore, sottolinea il regista, ma in realtà avevo altri punti di riferimento quando giravo, L’odio di Mathieu Kassovitz e i film di Larry Clark. Ma a parte le fonti di ispirazione, devo dire che vedere il mio film finito e trovarlo molto simile al risultato che mi ero prospettato è il godimento più grande della mia carriera, e credo che mio padre l’avrebbe amato».
Dal 18 aprile al cinema.
di Antonio Valerio Spera