Re Giorgio il Giusto

Creato il 18 luglio 2013 da Giuseppe Lombardo @giuslom
Il quesito centrale, l’interrogativo più importante su cui dovrebbe riflettere l’opinione pubblica, è stato espresso con soave semplicità da Oliviero Beha, in un breve articolo volto a rievocare le lezioni della buon’anima di Monicelli: «Non la butto sulla legalità, così spesso violata e invece ovviamente imprescindibile(…), legalità necessaria ma non sufficiente. E neppure sull’etica né tantomeno sulla morale, sostantivi terrosi e ormai senza radici. Mi domando dal punto di vista pratico, fattuale, se valeva la pena di una simile realpolitik all’amatriciana, questi mesi, questo governo, questa serie di nefandezze insopprimibili e “rischiose per la sopravvivenza della maggioranza”». Ecco, questo è il nodo centrale: vale davvero la pena di gettare sangue e sudore per avere simili larghe intese? In nome di una stabilità stagnante e improduttiva che fa precipitare il paese nel guado, quanto siamo disposti a sopportare?Oggi, durante la cerimonia del Ventaglio, Napolitano ha fatto sentire ancora una volta la sua voce stentorea e con la sua perentorietà ha tentato di coprire i disastri realizzati dal miglior governo Berlusconi di sempre. Il lettore non si sorprenda di questa definizione: negli esecutivi targati centro-destra il Cavaliere, giocoforza, si è sempre trovato in una posizione centrale, costretto a far vivere il Governo tramite una politica di moderazione fra opposti estremismi. Tra Casini e Bossi si collocava la vecchia Forza Italia,  cui spettava –  naturalmente di diritto – la sedia principale di Palazzo Chigi: Berlusconi era così moralmente obbligato a salvare capre e cavoli, pur di mantenere fermo il timone e di permettere alla sua creatura di governare il paese seguendo il mandato elettorale. Oggi la cartina geografica in Transatlantico è mutata ed il leader del Pdl è sciolto da particolari vincoli. Lungi dall’essere protagonista ufficiale di questa discutibile avventura, è piuttosto partner e regista occulto dell’operazione. Occulto sì, ma fino a un certo punto, fintantoché la sopravvivenza dell’Esecutivo viene legata a doppio filo alla sua personale posizione giudiziaria. Un dato di fatto difficilmente negabile.

Qui l'articolo sul Quotidiano

Fa perciò bene Napolitano a ricordare come sia necessario sgombrare “il terreno da sovrapposizioni improprie, come quella tra vicende giudiziarie dell'on. Berlusconi e prospettive di vita dell'attuale governo. Dovrebbe riconoscersi che è interesse comune affidarsi con rispetto - senza pressioni né in un senso né nell'altro - alle decisioni della Corte di Cassazione, e affidarsi correttamente - chi ha da difendersi - all'esercizio dei diritti e delle ragioni della difesa”. Tutto giusto, per carità, formalmente ineccepibile, se non fosse che l’inquilino di Arcore da un ventennio ha mostrato chiaramente il suo autentico intento: difendersi dal processo e non nel processo, una distinzione che non rappresenta una quisquilia e che non può essere relegata nel campo delle sottigliezze. E a testimonianza di ciò vi è una vasta letteratura normativa che può essere menzionata e consultata, dal decreto Biondi alla legge Maccanico, dall’abolizione del falso in bilancio alla Cirami, dall’indulto al lodo Alfano.Ora, più che stemperare le poche voci d’opposizione rimaste, Napolitano dovrebbe essere il garante fedele della Costituzione e, sulla base di essa, dovrebbe difendere i diritti di ogni cittadino che si ostina a vivere in questa sciagurata Repubblica. Così, ancora una volta, di fronte alla “inaudita storia della precipitosa espulsione dall'Italia della madre kazaka e della sua bambina”, il Quirinale non dovrebbe rivendicare meriti dell’Esecutivo. Invece lo fa, con sorprendente sprezzo del ridicolo: “Il governo ha opportunamente deciso - partendo da una prima ricostruzione della vicenda - innanzitutto di sanzionare comportamenti di funzionari titolari di delicati ruoli in materia di sicurezza, che hanno assunto decisioni non sottoposte al necessario vaglio dell'autorità politica e non fondate su verifiche e valutazioni rigorose. Ancor più importante è che il governo intervenga - come ha annunciato di voler fare - su norme di condotta e catene di gestione burocratiche che possono mettere in simili casi, e di fatto in questo caso concreto hanno messo, in serie difficoltà l'esecutivo. Alla Presidente Sardoni dico peraltro che, anche per dei ministri (ma non solo per loro), è assai delicato e azzardato evocare responsabilità ‘oggettive’, ovvero (per usare la sua espressione) ‘consustanziali alla carica che si ricopre’ ”.Sarà probabilmente un azzardo, quello della Sardoni, ma è un azzardo costituzionalmente lecito: l’articolo 95 della Carta sancisce come “Il Presidente del Consiglio dei ministri dirige la politica generale del Governo e ne è responsabile. Mantiene l'unità di indirizzo politico ed amministrativo, promuovendo e coordinando l'attività dei ministri. I ministri sono responsabili collegialmente degli atti del Consiglio dei ministri, e individualmente degli atti dei loro dicasteri”. Non viene ammessa, nel testo, nessuna eccezione, nessuna deroga circa le eventuali inadempienze burocratiche. Il ministro risponde per i suoi sottoposti ed il presidente del Consiglio è responsabile degli indirizzi politici dell’Esecutivo. Ne consegue che se Alfano realmente non sapeva, ipotesi assurda ma legittima, deve dimettersi per incompetenza. Se invece era conscio dell’operazione, deve ugualmente dimettersi, ma per responsabilità aggravata. Analogo discorso vale per la Bonino, evidentemente garante a targhe alterne dei diritti delle minoranze. A questo punto aggiungo con una vena critica: se il ministro degli Esteri e quello degli Interni si rivelano, nella migliore delle ipotesi, degli incapaci, degli ingenui fanfaroni, sarà mica il caso di discutere sul ruolo di chi li ha scelti e selezionati? Sarà mica il caso di porre in discussione anche la figura di Letta?
Questo imporrebbe il buon senso. Ma Napolitano, si sa, preferisce anteporre la realpolitik, declinata secondo la logica migliorista di Botteghe Oscure. Il problema, pertanto, non è la funzionalità o meno del Gabinetto nell’ambito della risoluzione dei problemi nazionali, bensì quali alternative possibili vi siano. Il Colle lo ha espresso a chiare lettere: è “del tutto evidente che a questo proposito da parte di forze politiche di opposizione si tenda in questo momento a far franare un equilibrio politico e di governo che si giudica spurio prima ancora che inadeguato. Per spingere il paese, le sue istituzioni rappresentative, verso quale sbocco?”. E’ in questa frase insito il lento declino della centralità del Parlamento in funzione di una deriva presidenzialistica ormai evidente. Altrimenti dovremmo chiederci: può il Presidente della Repubblica indirizzare la politica del paese verso taluna o talaltra direzione? Non sarà che il virus berlusconiano ha contaminato definitivamente le stanze dei Grandi Palazzi del potere? 

Potrebbero interessarti anche :

Possono interessarti anche questi articoli :