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Fa perciò bene Napolitano a ricordare come sia necessario sgombrare “il terreno da sovrapposizioni improprie, come quella tra vicende giudiziarie dell'on. Berlusconi e prospettive di vita dell'attuale governo. Dovrebbe riconoscersi che è interesse comune affidarsi con rispetto - senza pressioni né in un senso né nell'altro - alle decisioni della Corte di Cassazione, e affidarsi correttamente - chi ha da difendersi - all'esercizio dei diritti e delle ragioni della difesa”. Tutto giusto, per carità, formalmente ineccepibile, se non fosse che l’inquilino di Arcore da un ventennio ha mostrato chiaramente il suo autentico intento: difendersi dal processo e non nel processo, una distinzione che non rappresenta una quisquilia e che non può essere relegata nel campo delle sottigliezze. E a testimonianza di ciò vi è una vasta letteratura normativa che può essere menzionata e consultata, dal decreto Biondi alla legge Maccanico, dall’abolizione del falso in bilancio alla Cirami, dall’indulto al lodo Alfano.Ora, più che stemperare le poche voci d’opposizione rimaste, Napolitano dovrebbe essere il garante fedele della Costituzione e, sulla base di essa, dovrebbe difendere i diritti di ogni cittadino che si ostina a vivere in questa sciagurata Repubblica. Così, ancora una volta, di fronte alla “inaudita storia della precipitosa espulsione dall'Italia della madre kazaka e della sua bambina”, il Quirinale non dovrebbe rivendicare meriti dell’Esecutivo. Invece lo fa, con sorprendente sprezzo del ridicolo: “Il governo ha opportunamente deciso - partendo da una prima ricostruzione della vicenda - innanzitutto di sanzionare comportamenti di funzionari titolari di delicati ruoli in materia di sicurezza, che hanno assunto decisioni non sottoposte al necessario vaglio dell'autorità politica e non fondate su verifiche e valutazioni rigorose. Ancor più importante è che il governo intervenga - come ha annunciato di voler fare - su norme di condotta e catene di gestione burocratiche che possono mettere in simili casi, e di fatto in questo caso concreto hanno messo, in serie difficoltà l'esecutivo. Alla Presidente Sardoni dico peraltro che, anche per dei ministri (ma non solo per loro), è assai delicato e azzardato evocare responsabilità ‘oggettive’, ovvero (per usare la sua espressione) ‘consustanziali alla carica che si ricopre’ ”.Sarà probabilmente un azzardo, quello della Sardoni, ma è un azzardo costituzionalmente lecito: l’articolo 95 della Carta sancisce come “Il Presidente del Consiglio dei ministri dirige la politica generale del Governo e ne è responsabile. Mantiene l'unità di indirizzo politico ed amministrativo, promuovendo e coordinando l'attività dei ministri. I ministri sono responsabili collegialmente degli atti del Consiglio dei ministri, e individualmente degli atti dei loro dicasteri”. Non viene ammessa, nel testo, nessuna eccezione, nessuna deroga circa le eventuali inadempienze burocratiche. Il ministro risponde per i suoi sottoposti ed il presidente del Consiglio è responsabile degli indirizzi politici dell’Esecutivo. Ne consegue che se Alfano realmente non sapeva, ipotesi assurda ma legittima, deve dimettersi per incompetenza. Se invece era conscio dell’operazione, deve ugualmente dimettersi, ma per responsabilità aggravata. Analogo discorso vale per la Bonino, evidentemente garante a targhe alterne dei diritti delle minoranze. A questo punto aggiungo con una vena critica: se il ministro degli Esteri e quello degli Interni si rivelano, nella migliore delle ipotesi, degli incapaci, degli ingenui fanfaroni, sarà mica il caso di discutere sul ruolo di chi li ha scelti e selezionati? Sarà mica il caso di porre in discussione anche la figura di Letta?Questo imporrebbe il buon senso. Ma Napolitano, si sa, preferisce anteporre la realpolitik, declinata secondo la logica migliorista di Botteghe Oscure. Il problema, pertanto, non è la funzionalità o meno del Gabinetto nell’ambito della risoluzione dei problemi nazionali, bensì quali alternative possibili vi siano. Il Colle lo ha espresso a chiare lettere: è “del tutto evidente che a questo proposito da parte di forze politiche di opposizione si tenda in questo momento a far franare un equilibrio politico e di governo che si giudica spurio prima ancora che inadeguato. Per spingere il paese, le sue istituzioni rappresentative, verso quale sbocco?”. E’ in questa frase insito il lento declino della centralità del Parlamento in funzione di una deriva presidenzialistica ormai evidente. Altrimenti dovremmo chiederci: può il Presidente della Repubblica indirizzare la politica del paese verso taluna o talaltra direzione? Non sarà che il virus berlusconiano ha contaminato definitivamente le stanze dei Grandi Palazzi del potere?