La gestione della cosa pubblica post-uragano Sandy mi ha persuaso ulteriormente sul ruolo che uno Stato dovrebbe avere nei riguardi dei suoi cittadini e quale sia la ricetta piu’ adatta a garantire risposte rapide e incisive in tali drammatici frangenti. La ricetta giusta e’ proprio quella di Mitt Romney. Premesso che, non ostante alcune inevitabili lentezze dovute a fatti contingenti come i danni subiti al sistema di trasporto pubblico metropolitano, la situazione sta tornando piuttosto velocemente alla normalita’ (fosse accaduta a Roma una cosa simile, staremo ancora tutti a piedi!), vanno segnalate comunque diverse lentezze burocratiche nelle contee del New Jersey e a Staten Island, dove migliaia di famiglie sono rimaste troppo a lungo senza corrente elettrica, ne’ acqua, ne’ cibo, ne’ vestiti, acluni hanno perso tutto. Niente mi impedisce oggi di pensare che quel chiodo fisso di Romney per uno Stato piu’ snello sia una delle ricette vincenti in ogni situazione. Vi spiego il perche’.
Prendiamo appunto il caso di Sandy. Un uragano come questo ha rallentato, dove non letteralmente paralizzato, la vita sociale ed economica di ben due Stati, New York e New Jersey, per una settimana. Il sindaco di Staten Island, che e’ un popoloso quartiere di NYCity, il repubblicano James Molinaro, ha fatto eco alla disperazione dei residenti che lamentano la estrema lentezza della risposta statale nel prestare soccorsi. Il sindaco stizzito e’ giunto al punto di chiedere ai concittadini di non donare neanche un dollaro alla FEMA, cioe’ alla protezione civile, che e’ una agenzia federale, a gestione non statale bensi’ governativa. Anche Bloomberg e’ stato criticato per non essersi curato dei residenti del quartiere e cosi’ anche i media, che hanno concentrato l’attenzione solo su Manhattan e Long Island ;
There’s no Red Cross,” on resident exclaimed. Multiple residents vented their frustrations at the camera “Where is FEMA?” “Who do we go to for help?” “We need help!” (NBC)
They are still pulling out bodies,” one resident said. Many residents who claimed they had lost everything have said that they haven’t received any help from FEMA or the Red Cross. (NBC)
Bloomberg is more concerned with eating steak dinners and endorsing presidential candidates than with getting help to those who need it most. (NYP)
The media talk about Sandy’s effects on Long Island and Manhattan. We need more exposure for Staten Island. It is the forgotten borough. (NYP)
La gestione dei soccorsi post Sandy si sta rivelando una terreno di scontro acceso fra democratici e repubblicani. Per entrambi gli sfidanti si tratta di un ottimo esempio pratico per capire gli effetti concreti che le due opposte concezioni politiche dello Stato hanno nel quotidiano.
Nel tentativo di salvare la presidenza Obama e fargli riguadagnare voti, i media allineati con l’attuale amministrazione hanno rispolverato per l’occasione una affermazione rilasciata da Romney nel 2011 in cui avrebbe detto che:
Every time you have an occasion to take something from the federal government and send it back to the states, that’s the right direction,” Romney offered. “And if you can go even further, and send it back to the private sector, that’s even better. Instead of thinking, in the federal budget, what we should cut, we should ask the opposite question, what should we keep?” (USA TODAY)
Questa affermazione e’ stata intenzionalmente male interpretata per indurre gli elettori a credere che lo sfidante repubblicano voglia ‘abolire’ il finanziamento alla protezione civile per lasciarli senza assistenza, secondo il falso mito che vorrebbe i repubblicani, ‘ricchi’, nemici giurati dei meno abbienti e della societa’, generando ovviamente irritazione e sdegno. Un altro colpo basso ben riuscito.
Al contrario, Romney propone un metodo ottimo per garantire un’assistenza piu’ veloce ed effettiva in situazioni come queste: 1) ridimensionare il ruolo di alcune agenzie federali come la FEMA, la cui gestione centralizzata, governativa, e’ costosa perche’ consta di un apparato burocratico vasto e rallenta gli interventi perche’ necessita di una coordinazione ‘a distanza’ 2) re-indirizzare fondi e competenze agli stati, sul territorio, ai sindaci. Proseguendo col ragionamento, Romney aggiunge: “And if you can go even further, and send it back to the private sector, that’s even better“; cioe’ anche in casi estremi come questi e’ possibile ridare impulso all’economia locale lasciando coordinare la gestione delle emergenze ai sindaci anche tramite le imprese locali private!
In casi di disastri ambientali come questi, non sarebbe meglio ingaggiare prontamente con soldi statali gli esercizi privati che si trovano nelle immediate vicinanze (ferramenta, idraulici, imprese di pulizia…) anziche’ aspettare che il governo faccia un’assessment, decida quanti soldi stanziare, dove e come agire e infine mandi i suoi addetti sul luogo?
Chi meglio di un governatore o di un sindaco puo’ fare un veloce assessment dei danni subiti sul suo territorio e sapere come e dove intervenire e soprattutto chi chiamare prontamente? Nessuno meglio di lui. Allora, invece di pregare il governo di mandare aiuti, rischiando anche di subire ricatti elettorali alimentando quella vischiosa corruzione, malagestione e sperperi che caratterizzano ogni societa’ in cui lo stato onnipresente pretende di gestire ogni aspetto della vita sociale, non sarebbe meglio che gli enti locali fossero messi in grado di agire velocemente e per il bene esclusivo della gente?
Non sarebbe questo un metodo piu’ democratico per gestire la cosa pubblica? Tutti sono responsabili per tutti, non ci si mette con le mani in mano ad aspettare la manna dal cielo dallo Stato, criticandolo poi per la malagestione, ma si lavora individualmente secondo le proprie capacita’ e possiblita’, sebbene tutti insieme, per raggiungere uno scopo comune.
La ricetta di Romney, che si applica alla FEMA ma anche a tante altre agenzie federali, si propone esattamente questo, ridimensionare il ruolo dello stato nella cosa pubblica al fine di ridurre: 1) lo sperpero di denaro pubblico e il conseguente indebitamento pubblico, 2) l’assunzione di personale incompetente (come capita anche in Italia, ci possono essere pletore di raccomandati che ottengono il posto di lavoro per questioni di scambi di voto), 3) le lentezze nella risposta alle emergenze, 4) per limitare una risposta inefficace che non tiene conto delle reali necessita’ del territorio, 5) per evitare che l’intervento dello Stato soffochi le economie locali.
Il candidato repubblicano insiste moltissimo su qusto punto; non vuole favorire le grandi corporazioni come ha fatto Obama salvando banche e case automobilistiche o finanziando imprese private per tornaconti personali (vedi il caso Solyndra), e’ contrario alla filosofia socialista Obamiana del ‘big government’ e dell’interventismo dello Stato in economia, e’ contrario al capitalismo di Stato. Il modello che propone e’ quello che ha reso grande questo paese e piu’ ci si allontana da esso, piu’ si somiglia all’Europa: una realta’ sociale sempre piu’ caratterizzata dalla disoccupazione, dall’immobilismo, dal ‘baronismo’ delle caste, dall’incomptetenza, dalla corruzione, dall’infelicita’… Questa parabola discendente e’ iniziata tanti anni fa e sta portandoci sempre piu’ in basso; io spero di cuore che Romney vinca queste elezioni e che dia seguito alle sue promesse. Non c’e’ altro modo per uscire fuori da questo pantano.