Titolo: 1984
Autore: George Orwell
Editore: Mondadori
Genere: Romanzo Distopico
ISBN: 978-88-04-50745-1
Anno: 1948
Pagine: 322
Bene amici scrittevoli, pensavate fossi scomparsa?! E invece no, specie perchè l’erba cattiva non muore mai, eccomi qui!
Stavolta però arrivo nettamente dopo lo sparo, in quanto la recensione di codesto capolavoro esiste già. Cercherò comunque di offrirvi un secondo punto di vista che non nuoce mai.
Trama: Big brother is watching you; è questo ciò che legge Winston Smith dai manifesti affissi sopra ogni supporto possibile, in ogni luogo e strada. La scritta è sormontata dall’immagine del Grande Fratello, che in Oceania (dove il protagonista vive) tutto vede, tutto controlla e tutto può.
La Terra nel 1984 è divisa in tre superstati in perenne guerra tra loro; Oceania, Eurasia ed Estasia. Winston è un membro del Partito Esterno e lavora al Ministero della Verità, in neolingua Miniver (lo scopo della neolingua è di ridurre ai minimi termini i vocaboli ed escludere un gran numero di parole in modo da rendere il linguaggio più povero e funzionale al regime. Infatti mirava soprattutto a tagliare vocaboli che potessero esprimere contrarietà al Partito), dove ogni giorno si riscrive la storia passata, al fine di far risultare il Grande Fratello infallibile, correggendo il tiro dove ci siano state previsioni sbagliate ecc. (e togliere ai cittadini la coscienza di ciò che è stato).
Ognuno è controllato costantemente tramite i teleschermi posti ovunque e vive nel terrore rischiando quotidianamente di essere tradito da consorte, figli e amici ed essere spedito al Ministero dell’Amore, dove dopo una serie d’indicibili torture, incontra la morte.
Riassumendo, tutti devono essere fedeli all’Oceania e soprattutto provare sentimenti positivi nei confronti del Grande Fratello, nessuno è libero di pensarla diversamente.
In questo mondo, dove non si possono avere soddisfazioni personali e non si è liberi nemmeno di amare, Winston conoscerà Julia. Il loro amore sfiderà il sistema e loro cercheranno una modalità di evasione, fino ad essere reclutati da O’ Brien nella Confraternita, per difendere il proprio diritto a vivere da esseri umani.
Recensione: Prima di divagare verso lidi inesplorati, vi dirò qualcosa che mi ha lasciata di stucco; il titolo deriva dal semplice fatto che il libro è stato scritto nel 1948. Ora potete anche esclamare “E’ arrivata, ha scoperto l’America!” Ma intanto io non lo sapevo e fino a un mese fa credevo che Orwell avesse quasi voluto improvvisarsi profeta e costruivo castelli in aria cercando di capirne il significato. Credo già che un espediente così sia a dir poco geniale.
Intanto spiego che recensire 1984 non è stata la mia sorprendente trovata per il mese dell’ Utopia, si tratta di una pura coincidenza. Leggerlo per me è sempre stato un invito a nozze, visto che ho fatto la tesina di maturità sulla Banalità del male e ho citato il libro senza aver mai potuto leggerlo. ma forse è meglio così; a saperlo prima sarei stata capace di scriverla tutta in neolingua e sarebbe stato esagerato. Sono rimasta fulminata, o meglio, non mi capacitavo di come la gente il più delle volte sia capace di bersi qualsiasi folle idea se supportata e legittimata in modo corretto e possa riporre la vita in ideali sbagliati. Orwell mi ha dato la risposta; la parolina magica è bipensiero, trasformare qualsiasi bugia in sacrosanta verità.
Il Partito diceva che l’Oceania non era mai stata alleata dell’Eurasia. Lui, Winston Smith, sapeva che appena quattro anni prima l’Oceania era stata alleata dell’ Eurasia. Ma questa conoscenza, dove si trovava? Solo all’interno della sua coscienza, che in ogni caso sarebbe stata presto annientata. E se tutti quanti accettavano la menzogna imposta dal Partito, se tutti i documenti raccontavano la stessa favola, ecco che la menzogna diventava un fatto storico, quindi vera. “Chi controlla il passato” diceva lo slogan del Partito “controlla il futuro. Chi controlla il presente controlla il passato”. E però il passato, sebbene fosse per sua stessa natura modificabile, non era mai stato modificato. Quel che era vero adesso, lo era da sempre e per sempre. Era semplicissimo, bastava conseguire una serie infinita di vittorie sulla propria memoria.
Lo chiamavano “controllo della realtà”. La parola in neolingua era “bipensiero”.
E’ in questo che consiste la subdola manovra di controllo; un individuo deve essere capace, se necessario, di sostenere due tesi opposte credendo realmente in entrambe. Come essere pronti a credere che 2+2 fa 5, per pura imposizione.
D’altronde lo slogan del Partito è
LA GUERRA E’ PACE
LA LIBERTA’ E’ SCHIAVITU’
L’IGNORANZA E’ FORZA
Da qui e da molti altri estratti, i più dicono che è ciò che accade al giorno d’oggi e aggiungono che Orwell abbia visto molto avanti nel futuro, angosciandosi e riempiendosi di paura. In un certo senso… la verità è che gli è bastato guardare indietro. E’ nella natura dell’uomo che vuole il potere come strumento di affermazione personale, il manipolare, controllare, imbrogliare, riscrivere il passato e si guarda al presente e al futuro perchè si scarseggia di memoria storica. In fondo ci si prova da sempre. Orwell resta geniale, ma non ha fatto altro che esasperare una storia ciclica, in cui cambiano gli strumenti e i personaggi, ma non la sostanza. Basta pensare a quanti dittatori avrebbero voluto attuare un qualcosa di simile ma gli mancava la tecnologia. Orwell è profetico solo in quanto è, e resta continuamente attuale.
La sua originalità a parer mio si spinge oltre; nel suo stile, ciò che più mi affascina è la sensibilità, la profonda empatia. E’ straordinaria la sua capacità d’infondere negli altri la paura a partire dalle viscere. In certi passi il senso di morte, l’odore di orrore che c’è, trasuda persino dalle pareti e fa raggelare il sangue nelle vene e ti pietrifica su una sedia, t’irrigidisce lo stomaco.
Era curioso come quell’orrore prestabilito entrasse e uscisse dalla coscienza. Se ne stava lì, ben fissato nel futuro, e sicuramente veniva prima della morte, come sicuramente novantanove viene prima di cento. Se evitarlo era impossibile, si poteva almeno procrastinarlo: eppure di tanto in tanto, per un atto consapevole della volontà, gli uomini scelgono di accorciare l’intervallo che ne precede la venuta.
La fine era contenuta nel principio. E tuttavia tutto ciò lo atterriva: per essere più precisi, era come un assaggio di morte, come essere un po’ meno vivi. Perfino mentre parlava con O’ Brien e il significato delle sue parole gli si conficcava nella mente, aveva sentito un tremito freddo attraversargli il corpo. Era come entrare in una tomba. L’umidità gli penetrava nelle ossa, e non serviva ad alleviare il suo malessere la consapevolezza che quella tomba era sempre stata lì ad aspettarlo.
Percepisco sulla pelle, il panico, i brividi, il freddo e il trovarsi senza via di scampo, vivere in una trappola, la claustrofobia.
Trovo anche un senso d’incomunicabilità, quando Winston si trova con Julia, come se le loro differenze gli impedissero di comprendersi realmente e lui fosse troppo introspettivo e intelligente rispetto a lei e soffrisse di alcune incomprensioni, o forse così è parso a me, non si sa mai. Ciò non esclude che sia palese, addirittura graffiante, la sua solitudine in senso più ampio, come quasi fosse un profeta inascoltato, anzi deriso, perché vede il mondo così com’è, con la sincerità ingenua di un bambino.
Forse, a ben pensarci, un pazzo non era che una minoranza formata da una sola persona.
Credo che non potrei trascrivervi tutte le frasi del libro, finirei per rendermi pesante e leggerlo non vi servirebbe più. Questo capolavoro lo consiglio a gente che ha voglia di pensare e che non smonta la testa e la posa sul comodino quando si sveglia la mattina, per andare in giro senza. Come tutte le cose più appassionanti va letto, sentito, gustato e capito.
e se fosse possibile ne aggiungerei una sesta… e per oggi è tutto, alla prossima!